Augusto Frassineti: differenze tra le versioni
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Augusto Frassineti nasce da una famiglia del ceto medio. La prima parte della sua vita è simile all'[[infanzia]] e all'[[adolescenza]] di tanti giovani italiani di quegli anni, condizionata cioè da una rigida educazione tesa a un rigoroso controllo morale e a un severo indottrinamento [[religione|religioso]].
Negli [[anni 1930|anni
[[Laurea]]tosi, ottiene i primi incarichi di scuola. Nel [[1940]] sposa Enrichetta Giorgi, che resterà la compagna di tutta la sua vita.
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La [[seconda guerra mondiale]] rappresenta il tragico spartiacque della vita di Frassineti, come fu del resto per l'intera sua generazione. L'esperienza bellica segnerà in modo decisivo le sue scelte future: fatto prigioniero nel [[1943]] in [[Sicilia]], viene portato nei [[campo di concentramento|campi di concentramento]] degli [[alleati]] prima in [[Algeria]], poi in [[Tunisia]] e infine in [[Marocco]]. È costretto a patire umilianti privazioni fisiche e morali, e a [[Casablanca]] si ammala di una grave infiltrazione polmonare, i cui postumi lo segneranno per il resto della vita. Queste dolorose esperienze si ritrovano, quasi sempre deformate in chiave [[umorismo|umoristica]], in alcune delle più vivide pagine di ''[[Misteri dei Ministeri]]'', la sua opera maggiore.
È quindi trasferito in [[Francia]], dove le sue condizioni migliorano al punto che, sul finire della guerra, partecipa attivamente alla [[Resistenza italiana|Resistenza]], collaborando con le truppe degli Alleati. In virtù dell'attività svolta in questo periodo, nell'immediato [[secondo dopoguerra|dopoguerra]] il Ministro [[Emilio Lussu|Lussu]] gli affida la direzione del Servizio Reduci dell'appena costituito Ministero dell'Assistenza Postbellica. Si stabilisce dunque a [[Roma]], del tutto ignaro del nuovo terremoto che gli si prepara nella capitale. Sorgono presto, infatti, conflitti di competenza fra il Ministero in cui andava a ricoprire un ruolo dirigenziale e la pontificia opera di assistenza; conflitti che culminano di lì a breve nella soppressione del neonato organo istituzionale. Nonostante la legge vieti espressamente il declassamento, egli si ritrova trasferito in un altro Ministero, retrocesso al grado infimo della gerarchia burocratica: l'avventiziato. Questo fatto, con il drammatico corollario di disordini economici e morali che porta nella sua vita, costituisce il trauma definitivo, e al contempo la consacrazione alla sua "missione" di [[scrittore]] della Ministerialità, tutto votato alla ricerca e allo svelamento dell'[[irrazionalità]] disumana che sottende ai meccanismi della vita [[Stato|statale]].
Gli [[anni 1950|anni
Ma il rapporto col mondo culturale di quegli anni non fu dei più facili, e l'autore si vide progressivamente emarginato, nonostante il plauso e i consensi che la sua opera da sempre suscita presso una limitata cerchia di lettori colti. Gli unici riconoscimenti pubblici gli verranno dalla sua attività di [[traduttore]]. La sua resa di ''[[Gargantua e Pantagruel]]'' di [[François Rabelais]] è unanimemente riconosciuta, negli ambienti specialistici, come la migliore e tutt’ora insuperata, e gli varrà il [[Premio Monselice]] [[1981]].
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Frassineti ci ha lasciato anche due sillogi [[poesia|poetiche]].
*La prima si intitola ''Vita! Vita! Vita!'', e uscì nel [[1966]] per i tipi dell'editrice Alfa di Bologna, con veste grafica a cura dell'artista concettuale [[Gastone Novelli]]. In questa raccolta si apprezzano riprese dal [[futurismo]], soprattutto per quanto riguarda l'impostazione tipografica.
*La seconda, ''Tutto Sommato'', stampata dall'editrice [[Milano|milanese]] All'insegna del pesce d'oro nel [[1985]], anno della morte di Frassineti, raccoglie versi composti dal [[1959]] al [[1983]], una meditazione amara e realistica sulla vita in poesie di impianto tradizionale e di tono [[epigramma
Il rapporto col [[teatro]] è stato molto importante per Frassineti. Egli vi profuse molta energia, non ottenendo sempre i riscontri sperati. Paradossalmente il suo più grande successo teatrale non gli derivò dall'impegno diretto, ma dalla sua narrativa: l'[[11 novembre]] [[1959]], infatti, [[Dario Fo]] e [[Franca Rame]] riportarono un buon risultato, sui [[palcoscenico|palcoscenici]] milanesi, con la pièce ''[[Gli arcangeli non giocano a flipper]]'', ispirata ad alcuni brani di ''Misteri dei Ministeri'' e delle raccolte di novelle.<br />
I suoi primi lavori sono frutto di collaborazioni.
*Con lo scrittore [[Sardegna|sardo]] [[Giuseppe Dessì]] compose nel [[1955]] ''Isabella comica gelosa''.
*Dalla collaborazione con Manganelli nacque, nel [[1966]], il [[dramma]] umoristico ''Teo, o L'acceleratore della storia. Ipotesi fantastiche ma probabili sui fasti e nefasti della cibernetica nella civiltà di massa'', che fu trasmesso in [[Radio (mass media)|radio]] dalla [[RAI Radiotelevisione Italiana|RAI]] il [[18 aprile]] [[1967]].
Il primo testo teatrale scritto totalmente di suo pugno è ''Il tubo e il cubo'' del 1967.<br />
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