Friedrich Ebert: differenze tra le versioni
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Nell'agosto del [[1914]] Ebert convinse il suo partito a votare a favore del conflitto, motivando la scelta come un gesto patriottico e una misura difensiva contro le minacce rivolte alla Germania. Similmente, molti altri [[Partito comunista|partiti comunisti]] d'Europa erano dell'idea che l'entrata in guerra del loro paese fosse un atto legittimo di autodifesa. Celebre è la frase con cui la SPD argomentò la sua decisione di entrare in guerra il 6 agosto 1914: „Wir lassen das Vaterland in der Stunde der Gefahr nicht im Stich.“ (“Non abbandoneremo la patria nell’ora del pericolo.”)<ref>{{Cita libro|autore=Hajo Holborn|titolo=Deutsche Geschichte in der Neuzeit|edizione=3. Das Zeitalter des Imperialismus (1871-1945)|p=204|ISBN=3-486-43251-6}}</ref>
L'ideale di ''Solidarietà internazionale'', decretato dalla [[Seconda Internazionale|seconda internazionale comunista]] <ref>{{Cita libro|autore=Karl-Heinz Klaer|titolo=Der Zusammenbruch der Zweiten Internationale|anno=1981|città=Francoforte|ISBN=3-593-32925-5
==== Fine dell'unità del partito socialdemocratico ====
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Il 13 febbraio successivo Ebert fu eletto dall'assemblea riunitasi a [[Weimar]] presidente del Reich<ref name="Britannica2" />.
==== Colpo di
Il colpo di
Elementi della compagine del governo richiesero un rimpasto di governo, permesso da Ebert a patto che potesse decidere lui i ministri. Nominà Hermann Muller a cancelliere per una durata di meno di due mesi, fino alle elezioni politiche del 6 giugno 1920.
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La SPD non voleva accettare la decisione di adoperare l'articolo 48 della costituzione, che permetteva al Presidente di ristabilire la pace con poteri quasi illimitati. Questa legge fu poi anche usata da HItler per garantire il potere nelle sue mani. La SPD fece crollare il primo governo Stresemann, però grazie all'intervento di Ebert, la SPD rientrò nella compagine di governo creando il secondo governo Stresemann. <ref>{{Cita web|url=http://www.dircost.unito.it/cs/pdf/19190811_germaniaWeimar_ita.pdf|titolo=Costituzione di Weimar}}</ref>
Negli ultimi mesi di vita, Friedrich Ebert affrontò una grave sconfitta politica. Fu accusato da un giornalista di aver contribuito alla sconfitta della Germania nella Prima Guerra Mondiale. Durante il processo per diffamazione, venne rivelato il suo accordo segreto con il generale Wilhelm Groener e il suo coinvolgimento nello sciopero di gennaio del 1918. Sebbene il giornalista fosse condannato, il tribunale dichiarò che l'accusa di tradimento contro Ebert era giustificata. Questo alimentò l'odio dei nemici della Repubblica. <ref>{{Cita libro|autore=Heinrich August Winkler: Der Schein der Normalität. Arbeiter und Arbeiterbewegung in der Weimarer Republik. 1924 bis 1930.|titolo=Der Schein der Normalität. Arbeiter und Arbeiterbewegung in der Weimarer Republik. 1924 bis 1930.|ISBN=3-8012-0094-9}}</ref>
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=== Eredità politica ===
Friedrich Ebert, fin dal suo incarico come presidente della SPD, fu una figura molto controversa. Da una parte, era ammirato come rappresentante del popolo, capace di elevarsi da umili origini a leader del più grande e progressista partito tedesco. Durante la Rivoluzione di Novembre, mantenne la sua reputazione di "imperatore rosso" che unificava le varie fazioni di sinistra. Tuttavia, dopo aver deciso di usare l'esercito contro i lavoratori rivoluzionari e le "repubbliche dei consigli", fu visto dalla sinistra radicale come un "traditore della classe operaia", un "militarista reazionario" e un "agente della borghesia". A destra, invece, era considerato un "politico della rinuncia", responsabile della capitolazione della Germania e della firma del Trattato di Versailles, etichettato come "criminale di novembre" e "traditore della patria". Questa ostilità si estendeva anche alla Costituzione di Weimar, di cui Ebert era un promotore.
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La sua concezione di socialismo non prevedeva alcun esproprio dei mezzi di produzione. Era favorevole ad un socialismo moderato e riformista, evitando i pericoli di instabilità legati alla rivoluzione comunista.
A causa del suo appoggio all'ingresso della Germania nella grande guerra e di altre posizioni giudicate reazionarie, soprattutto il suo ruolo nella repressione della rivolta spartachista con l'aiuto dei Freikorps, la sua morte fu annunciata da ''[[l'Unità]]'', organo di stampa del [[Partito Comunista d'Italia]], con un articolo dal titolo ''La morte del social-traditore Ebert'', che si conclude con queste parole: «gli operai e i contadini d'Italia, di fronte al passaggio di questo feretro social-democratico, passano oltre. Senza scoprirsi. Perché il morto fu un boia del proletariato»<ref>{{cita news||http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t{{=}}ebook&file{{=}}/archivio/uni_1925_03/19250301_0001.pdf|La morte del social-traditore Ebert|l'Unità|1º marzo 1925}}</ref>.
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