Adoro te devote: differenze tra le versioni

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[[File:Francesco Guardi 036.jpg|miniatura|[[Francesco Guardi]], ''Santo adorante l'Eucaristiail santissimo Sacramento'' (1740 ca.); [[olio su tela]], 87x69 cm, Museo Nazionale, [[Trento]]]]
'''''Adoro te devote''''' è uno dei cinque [[Inno (liturgia)|inni]] [[Eucaristia|eucaristici]] attribuiti a [[san Tommaso d'Aquino]] e scritti in occasione dell'introduzione della solennità del [[Corpus Domini]] nel 1264 su commissione di [[papa Urbano IV]]. Le sue prime testimonianze risalgono a non meno di cinquant'anni dalla morte del [[San Tommaso d'Aquino|''Dottore Angelico'']].<ref>{{cita web|url=http://www.zenit.org/article-239?l=italian|titolo=Credo ciò che ha detto il Figlio di Dio: riflessioni sull'Eucaristia|accesso=19 giugno 2008|urlarchivio=https://www.webcitation.org/6HytWfkpC?url=http://www.zenit.org/it/articles/credo-cio-che-ha-detto-il-figlio-di-dio-riflessioni-sull-eucaristia|dataarchivio=9 luglio 2013|urlmorto=sì}}</ref>
 
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A differenza degli inni che furono composti e musicati per la solennità del Corpus Domini del 1264, l{{'}}''Adoro te devote'' non fu scritto per una funzione liturgica e non compare in nessun testo liturgico dell'epoca, al punto che alcuni studiosi ritengono che sia stato scritto dal frate per la messa da recitarsi ad uso privato.<ref>''The Feast of Corpus Christi'', di Barbara R. Walters, Penn State Press, 2007 {{ISBN|0-271-02924-2}} p. 12</ref>
 
L'inno fu inserito nel [[Messale Romano]] del 1570, voluto da [[papa Pio V]]. Le prime due strofe sono citate nel [[Catechismo della Chiesa Cattolica]] ([https://www.vatican.va/archive/catechism_it/p2s2c1a3_it.htm n. 1381]) per spiegare teologicamente e poeticamente il mistero eucaristico. Questo inno eucaristico veniva generalmente cantato [[Genuflessione|genuflessi]] davanti al [[Santissimo Sacramento]], mentre attualmente viene cantato durante la distribuzione dell'[[Eucaristia]]della comunione, la [[Benedizione eucaristica|benedizione delcon il Santissimo Sacramento]], le adorazioni eucaristiche o nelle preghiere di ringraziamento al termine della [[messa]].
 
Dopo la riforma del [[Concilio Vaticano II]], l'inno fu collocato all'inizio della celebrazione eucaristica e fu per la prima volta stabilita una versione critica definitiva del testo. La chiesa cattolica scelse di adottare l'edizione critica di dom André Wilmart, pubblicata nel 1932.<ref name="torrell">[./Jean-Pierre_Torrell Jean-Pierre Torrell], ''Initiation à saint Thomas'', p. 132, 2015 [https://books.google.fr/books?id=Zg-CDwAAQBAJ&pg=PT132]</ref><ref>[./Annibale_Bugnini Annibale Bugnini], ''La réforme de la liturgie (1948 - 1975)'', p. 667, nota n. 1049, 2015 [https://books.google.fr/books?id=r328CgAAQBAJ&pg=PT667]</ref>
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{{citazione|In sette strofe e come in graduale crescendo, i sette movimenti dell'anima assetata di unione con il Dio dell'Eucaristia: adorazione di Dio, adesione a Dio, confessione a Dio, abbandono a Dio, fame di Dio, purificazione da parte di Dio, beatitudine in Dio. Ciò significa che il mistero della fede rimane lo strumento capitale della santità, di ciò che trasforma in Gesù Cristo.<ref>Libro ''Adoro te'', Éditions Desclée de Brouwer 1939</ref>}}
 
Padre [[Raniero Cantalamessa]] osservò che il verso ''visus, tactus, gustus in te fallitur'' rinviava una poesia di [[Jacopone da Todi]] nella quale immaginava un conflitto fra i sensi umani in relazione all'Eucarestiaeucaristia: mentre illa visovista (''visus''), il tatto e il gusto dicono che si tratta di solo pane, l'udito si oppone a questa concezione e assicura che "sotto queste forme visibili è Cristo nascosto". Se questo non basta ad affermare che l'inno èsia di Sansan Tommaso d'Aquino, mostra tuttavia che è più antico di quanto si pensasse e non è incompatibile con un'attribuzione al Dottore Angelico, quanto meno per la datazione. Se Jacopone può farne riferimento come testo noto, doveva essere stato composto almeno vent'anni prima perché potesse godere già di una certa popolarità.<ref>{{cita web|url=https://it.zenit.org/2004/12/17/chiedo-cio-che-chiese-il-ladrone-pentito-riflessioni-sull-eucaristia/|titolo=“Chiedo ciò che chiese il ladrone pentito”: riflessioni sull’Eucaristia|autore=[[Raniero Cantalamessa]]|data=17 dicembre 2004}}</ref>
 
L'immagine del [[pellicano]] nella sesta strofa rimanda a un mito secondo il quale il pellicano si recide il petto per nutrire i piccoli con il proprio sangue.