Qin Shi Huang: differenze tra le versioni
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Secondo una nota tradizione, nella sua vecchiaia l'imperatore divenne ossessionato dall'idea di ottenere l'immortalità; visitò tre volte l'isola di [[Zhifu]], sulla quale si diceva esistesse una montagna dell'immortalità (la sua presenza sull'isola è confermata da due iscrizioni), e inviò uno degli isolani, [[Xu Fu]], a cercare la leggendaria terra di [[Monte Penglai|Penglai]], dove vivrebbero gli immortali; secondo la leggenda costui, avendo fallito nella sua missione, non tornò mai dall'imperatore, per timore della sua furia, e si stabilì invece in [[Giappone]]<ref>Liu Hong (2006), ''The Chinese Overseas'', Routledge Library of Modern China, ISBN 0-415-33859-X.</ref>.
Nel [[210 a.C.]], durante uno dei suoi numerosi viaggi per ispezionare l'efficienza dell'amministrazione imperiale, morì nel suo palazzo di [[Shaqiu]]. Secondo la leggenda, i suoi dottori avevano confezionato delle pillole che avrebbero dovuto renderlo finalmente immortale ma ironicamente queste contenevano [[mercurio (elemento chimico)|mercurio]] e lo [[avvelenamento da elisir alchemico cinese|avvelenarono]].<ref>{{Cita libro|autore=Wright, David Curtis |anno=2001 |titolo=The History of China |editore=Greenwood Publishing Group |p=49 |isbn=0-313-30940-X}}</ref><ref>{{Cita libro|titolo=The First Emperor |url=https://archive.org/details/firstemperorsele00qian |editore=
[[File:QinShiHuang19century.jpg|miniatura|Qin Shi Huangdi al culmine del suo regno in un ritratto del [[XIX secolo]], con colophon coreani, in un album che ritrae personaggi storici famosi. È una copia di un ritratto cinese del 1609.]]
Sempre secondo la leggenda, la morte dell'imperatore fu tenuta nascosta anche alla corte per volontà di Li Si, che aspettò di tornare nella capitale [[Xianyang]] prima di divulgare la notizia. Poiché l'imperatore non aveva nominato un erede, nei due mesi che impiegarono per arrivare a Xianyang coloro che erano al corrente della sua morte, cioè il suo primo ministro Li Si, il capo eunuco [[Zhao Gao]] e suo figlio [[Qin Er Shi|Huhai]], si accordarono per falsificare un testamento imperiale, mettendo Huhai sul trono (egli assunse poi il titolo di Er Shi Huangdi) e accusando ingiustamente il suo fratello maggiore e pretendente al trono, [[Fusu]], che si suicidò.
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I caratteri di scrittura in uso nello Stato di Qin furono modificati e imposti a tutto l'impero unificando per la prima volta la scrittura cinese; lo stile è oggi detto del "piccolo sigillo" ({{cinese|小篆|xiǎozhuàn}}), nome coniato durante la [[dinastia Han]] quando ormai veniva usato solo per fini decorativi, per distinguerlo dal "grande sigillo" ({{cinese|t=大篆|dàzhuàn}}), nome che accomuna tutte le varianti regionali in uso sotto la [[dinastia Zhou]]: collettivamente sono noti come "scrittura del sigillo" ({{cinese|t=篆文|zhuànwén}}). Nel nuovo stile furono scritti editti e documenti ufficiali, anche al fine di portare il popolo a conoscenza dei nuovi caratteri: in particolare i famosi editti del [[monte Taishan]], per annunciare al Cielo l'unificazione della Terra sotto un solo imperatore. I caratteri erano però difficili da scrivere, e si affermò popolarmente una variante informale che costituisce l'antenato dei caratteri degli Han (''[[hanzi]]'').
Nel [[213 a.C.]], su consiglio di Li Si, allo scopo di eliminare ogni traccia della tradizione che potesse costituire una minaccia al suo mandato imperiale, attuò il ''[[rogo dei libri]] e sepoltura degli eruditi'' ([[Lingua cinese|cinese]]: 焚書坑儒; semplificato: 焚书坑儒; trascrizione pinyin: ''Fénshū Kēngrú''), politica che durò fino al [[206 a.C.]]; furono bruciati tutti gli antichi testi, fatta eccezione per quelli di argomento tecnico o scientifico e per gli annali dello Stato di Qin; questi ultimi furono però bruciati insieme all'archivio imperiale durante una delle numerose rivolte contro il suo successore [[Qin Er Shi]]. Al rogo dei libri si accompagnò poi una violenta persecuzione contro gli intellettuali, soprattutto di matrice [[confucianesimo|confuciana]], 460 dei quali furono sepolti vivi. Gli studiosi moderni paragonano il rogo dei libri alla [[Rivoluzione Culturale]] di [[Mao Zedong]], dato anche un comune odio verso gli intellettuali dei due grandi personaggi della storia cinese. Il fatto è citato nel romanzo ''[[Auto da fé (romanzo)|Auto da fé]]'' di [[Elias Canetti]] ove il [[sinologo]] Kien tiene un discorso a libri della sua biblioteca.<ref>{{Cita libro|titolo = Auto da fé|autore = [[Elias Canetti]]|traduttore = Luciano e Bianca Zagari|editore =
== Storiografia ==
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