C. S. Lewis: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
ho cambiato da "de" a "e"
Recupero di 1 fonte/i e segnalazione di 0 link interrotto/i.) #IABot (v2.0.9.5
Riga 173:
 
==== Il mito come strumento di conoscenza del reale ====
Lewis è convinto che il mito non sia solo un mezzo artistico, ma che esso sia in grado di rivelare nuove dimensioni della realtà che altrimenti rimarrebbero inaccessibili alla ragione. L'origine del mito è per Lewis nella dimensione sacra della realtà e i miti sono spontanee istintive testimonianze del sacro, che egli come cristiano identifica in Dio. Citando direttamente Lewis, il mito si colloca a cavallo tra la verità astratta e l'esperienza concreta<ref>[{{Cita web |url=http://www.ildomenicale.it/eradigitale_articolo.asp?id_articolo=48 |titolo=Il Domenicale<!-- Titolo generato automaticamente -->] |accesso=20 luglio 2006 |dataarchivio=28 maggio 2006 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20060528071001/http://www.ildomenicale.it/eradigitale_articolo.asp?id_articolo=48 |urlmorto=sì }}</ref>:
{{Citazione|L'intelletto umano è incurabilmente astratto. È quello puramente matematico il tipo di pensiero vincente. Eppure le sole realtà di cui facciamo esperienza sono concrete: questo dolore, questo piacere, questo cane, questo uomo. Quando concretamente amiamo l'uomo, sopportiamo il dolore, godiamo un piacere, non apprendiamo intellettualmente il Piacere, il Dolore o l'Individualità. D'altro canto, quando incominciamo a farlo, le realtà concrete decadono a meri campioni o esempi: non trattiamo più di esse, ma di ciò che esse esemplificano. È questo il nostro dilemma: o gustare senza conoscere, o conoscere senza gustare. O – per essere più rigorosi – mancare di un aspetto della conoscenza perché si è immersi nell'esperienza, o mancare di un altro perché se ne è fuori. Pensando, siamo tagliati fuori da ciò che pensiamo; gustando, toccando, volendo, amando e odiando, non comprendiamo con chiarezza. Più lucidamente pensiamo, più siamo tagliati fuori: più profondamente entriamo nella realtà, meno possiamo pensare. Nel contemplare un mito grandioso si giunge quanto più vicino possibile al fare esperienza concreta di ciò che altrimenti può essere compreso solo come astrazione. Ciò che invece fluisce in noi dal mito non è la verità ma la realtà (la verità riguarda sempre qualcosa, mentre la realtà è quel qualcosa che la verità riguarda) e dunque, sul piano dell'astrazione, ogni mito diviene padre d'innumerevoli verità. Ossia il mito è la montagna da cui sgorgano tutti i diversi fiumi che quaggiù a valle diventano verità; in hac valle abstractionis. O, se si preferisce, il mito è l'istmo che collega il mondo peninsulare del pensiero al vasto continente a cui davvero apparteniamo. Non è, come la verità, astratto; né è, come l'esperienza diretta, vincolato al particolare.}}
<!--