Giovanni Dupré: differenze tra le versioni
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La lavorazione occupò gran parte del 1842 e i due rischiarono addirittura di morire per un incendio causato dalla stufa che Dupré si era procurato. L'intenzione era quella di completare l'opera per l'Esposizione del settembre del medesimo anno: l'obiettivo fu raggiunto grazie all'aiuto economico fornito da insigni artisti quali [[Pietro Benvenuti]], [[Aristodemo Costoli]], [[Giuseppe Sabatelli]] ed [[Emilio Santarelli]]<ref>G. Dupré, ''Pensieri sull'arte e ricordi autobiografici'', in E. Ghidetti (a cura di), ''Toscani dell'Ottocento. Narratori e prosatori'', Firenze, Le Lettere, 1995, pp. 186-188</ref>.
L{{'}}''Abele'' riscosse un grande successo di pubblico e fu lodato da [[Lorenzo Bartolini]] e [[Luigi Pampaloni]], ma altri lo criticarono aspramente, affermando che Dupré aveva fatto un calco dal vero, anziché modellare la statua. Si arrivò persino a spogliare il Petrai per dimostrarlo, ma l'azione rese invece evidente che le dimensioni del modello non coincidevano affatto con quelle del marmo. L'opera fu acquistata dalla zar di Russia Nicola I Romanov e ora si trova all'[[Ermitage]] (una copia in bronzo è alla [[Galleria d'arte moderna di Firenze]]).
Per mettere a tacere i malevoli, il conte Del Benino, ottimo conoscitore d'arte e sincero amico del Dupré, gli suggerì di eseguire una scultura eretta anziché sdraiata, visto che in città si sosteneva che l'autore dell{{'}}''Abele'' fosse capace di riprodurre soltanto figure sdraiate. Fu il conte stesso a finanziare il lavoro<ref>G. Dupré, cit., pp. 191-193</ref>. Un anno dopo eseguì così il ''Caino'', scultura eretta a tutto tondo di impostazione più accademica; anche questa è conservata all'[[Ermitage]].
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