Lodo Rete 4: differenze tra le versioni

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Rete 4 e TELE+ Nero persero così il diritto di trasmettere, così come [[Rete Mia]] e [[Rete A]]. L'assegnazione dell'ottava concessione fu sospesa per il ricorso di un concorrente. Infatti l'imprenditore [[Francesco Di Stefano]], titolare di Centro Europa 7 (proprietaria dei marchi Europa 7 e 7 Plus) che aveva chiesto due concessioni, per [[Europa 7]] e 7 Plus, vincendone una per Europa 7, presentò ricorso al [[Consiglio di Stato]], il quale, accogliendo la sua istanza, ordinò al ministero di assegnargli una seconda concessione. La sentenza però non poté essere immediatamente applicata: al contrario dei vincitori di concessione che già trasmettevano (come Canale 5 e Italia 1)<!--, e che in base alle norme potevano continuare a impiegare le loro attuali frequenze e considerare quelle come assegnate dalla concessione-->, Europa 7 era un soggetto nuovo, e quindi doveva attendere il Piano di assegnazione delle frequenze per poter iniziare le trasmissioni sulle bande che gli sarebbero state assegnate. Il ministero stesso, in una nota del 22 dicembre [[1999]], si impegnò con Centro Europa 7 affinché in breve tempo si arrivasse "''di concerto con l'Autorità, alla definizione del programma di adeguamento al piano d'assegnazione delle frequenze''". In ogni caso Europa 7 non riuscì a trasmettere e il Ministero, contravvenendo al risultato della gara pubblica, non concesse le frequenze. Anzi, con un'autorizzazione ministeriale del 1999, consentì la prosecuzione delle trasmissioni analogiche a Rete 4 che, in base alla gara pubblica, non ne aveva diritto. Cominciò da parte della società Europa 7 una serie di ricorsi al [[Tribunale Amministrativo Regionale]] (TAR) del [[Lazio]] e al [[Consiglio di Stato]]. Con la sentenza del 12 giugno [[2001]], il Consiglio di Stato assegnò definitivamente l'ottava concessione a 7 Plus<ref>{{Cita web|url=http://archivio.agi.it/articolo/2b52b4c2b82924e8450b0ff1f7df3415_20010629_tv-europa-7-da-consiglio-di-stato-via-a-2-concessione/|titolo=Tv: europa 7, da consiglio Di stato via a 2* concessione|sito=[[Agenzia Giornalistica Italia|AGI]]|data=29 giugno 2001|accesso=18 marzo 2022|urlarchivio=https://archive.todayis/20160504210403/http://archivio.agi.it/articolo/2b52b4c2b82924e8450b0ff1f7df3415_20010629_tv-europa-7-da-consiglio-di-stato-via-a-2-concessione/|dataarchivio=4 maggio 2016}}</ref>.
 
Nel novembre [[2002]] fu investita della questione la [[Corte costituzionale]], cui fu chiesto di valutare la costituzionalità dell'articolo 3, comma 6 e 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (cioè la legge Maccanico)<ref name="legge1997" />, che permette a chi ha un numero di reti superiore alle due massime previste dalla norma di prorogare le trasmissioni in analogico, a patto che a queste si inizino ad affiancare le trasmissioni in digitale, fino ad un termine che doveva essere deciso dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM). La Corte, con la sentenza [[Sentenza della Corte costituzionale della Repubblica Italiana del 20 novembre 2002, n. 466|466/2002]]<ref name="ReferenceB">{{cita pronuncia costituzionale|tipo=sentenza|numero=466|anno=2002}}</ref>, confermò - come già affermato nel [[1994]]<ref name="ReferenceA" /> - che nessun privato può possedere più di due frequenze televisive e che le reti eccedenti (in questo caso Rete 4 e TELE+ Nero), avrebbero dovuto cessare la trasmissione in via analogica terrestre. La Corte specificò anche che un accentramento di reti nel 2002 era anche ben più grave che nel 1994, essendoci state allora 12 frequenze nazionali disponibili in chiaro, mentre nel 2002 (quando fu emessa la sentenza) ve n'erano solo 11 disponibili, alcune delle quali peraltro assegnate a emittenti che trasmettono in forma criptata. La Corte, tuttavia, ritenne non incostituzionale l'art. 3 comma 6 (che ammette le proroghe), ma incostituzionale l'art. 3 comma 7 (per cui la fissazione della proroga al poter usare le frequenze terrestri prima del trasferimento obbligatorio alle trasmissioni digitali non era fissato dalla legge e la sua decisione era demandata all'Autorità per le comunicazioni) e fissò un limite improrogabile entro il 31 dicembre [[2003]] per il passaggio esclusivo al satellite e/o al cavo (basandosi su una valutazione dell'AGCOM che riteneva quella data sufficiente per trasferire tutte le trasmissioni di Rete 4 e TELE+ Nero su altre piattaforme tecnologiche), senza ovviamente entrare nello specifico del caso della ricorrente Europa 7 (che aveva chiesto di considerare incostituzionali entrambi i commi, in quanto "''l'attuale normativa di settore''", ovvero le proroghe per le reti eccedenti regolate dai due commi, "''le impedirebbe di utilizzare concretamente le frequenze che le sono state assegnate nella fase di pianificazione''"), che per le precedenti decisioni (il decreto ministeriale del luglio 1999) rimaneva comunque l'assegnataria delle frequenze che così si fossero liberate.<br />