Marcello Mascherini: differenze tra le versioni

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[[File:Marcello Mascherini.jpeg|thumb|Marcello Mascherini sul Carso]]
== Biografia ==
Nacque da Maria Luigia Mascarin e da padre ignoto, membro di una benestante famiglia pordenonese di orafi ed artisti, tra cui lo scultore [[Antonio Marsure]] (Pordenone, 1807 – 1855). Dopo una permanenza a Fagnigola di Azzano Decimo, nel 1912 si trasferisce a Trieste, importante città dell'Impero Austro-Ungarico, ma nella primavera del 1915 è costretto a fuggire assieme alla madre, in quanto sudditi del Regno d’Italia, per via della [[evacuazione del Trentino e del Litorale austriaco]]<ref name="bio">{{Cita web|url=http://www.marcellomascherini.it/biografia|titolo=Biografia - Marcello Mascherini|lingua=it-IT|accesso=2024-10-11}}</ref>. Stabilitosi ad Isernia, nel Molise, apprende i primi rudimenti artistici frequentando artigiani locali e si diploma alla Regia Scuola d’arte applicata all’industria. Ritorna a Trieste solamente nel 1920 alla conclusione della [[Prima guerra mondiale|Guerra]]. Qui frequenta la Scuola per capi d'arte dell'Istituto industriale "Alessandro Volta", dove si forma con [[Alfonso Canciani]] diplomandosi nel 1924 come scultore ornatista (livello superiore rispetto allo scalpellino). Lavora per un breve periodo nello studio di [[Franco Asco]], dove approfondisce la tecnica scultorea.
 
Il primo a notare le sue capacità è il giornalista e critico d'arte [[Silvio Benco]] nel 1924, a cui segue una prima mostra personale nel 1925 esponendo alcuni gessi al Circolo artistico di Trieste.
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Nel 1940, su segnalazione di Giò Ponti, viene invitato a collaborare al riallestimento della sede del Rettorato dell’Università di Padova, il [[Palazzo del Bo]], assieme ad altri importanti artisti, tra i quali Arturo Martini, [[Massimo Campigli]], [[Filippo de Pisis|Filippo De Pisis]], [[Gino Severini]], [[Bruno Saetti]] e [[Achille Funi]], realizzando i battenti figurati bronzei ''Minerva'' e ''Apollo'' del portale del Senato Accademico e della Basilica, nonché il ''Crocefisso'' per la stanza del Rettore. È l’occasione di conoscere l’artista padovano dello smalto [[Paolo De Poli]], con cui stringerà un lungo sodalizio. La collaborazione con noti architetti prosegue con il Primo Premio del [[Pontificia commissione centrale per l'arte sacra in Italia|Concorso della Pontificia Commissione Centrale per l’Arte Sacra]] nel 1951 per una grande scultura da porre sulla facciata della [[Chiesa di Sant'Antonio Abate (Recoaro Terme)|Chiesa Nuova di S. Antonio Abate]] a Recoaro Terme (Vicenza), innovativo progetto dell’architetto [[Giuseppe Vaccaro (architetto)|Giuseppe Vaccaro]].
[[File:Werner Haberkorn - Vista pontual do Palácio das Nações. Parque do Ibirapuera-SP.jpg|alt=Nuda che ride (1953), esposta alla II Biennale di San Paolo del 1954, Brasile|miniatura|''Nuda che ride'' (1953), esposta alla II Biennale di San Paolo del 1954, Brasile]]
Le sue partecipazioni si spingono oltre i confini nazionali, raggiungendo prestigiosi riconoscimenti dall’estero: nel 1936 riceve il Diploma d’Onore alla [[Esposizione d’Arte Italiana Contemporanea]] a Budapest, il Diploma di Medaglia d’Argento all’[[Esposizione di Parigi (1900)|Esposizione Internazionale di Parigi]] nel 1937 e la Medaglia d’Oro per la Scultura all’[[Esposizione Internazionale di Budapest]] nel 1938, mentre nel 1939 viene invitato all’[[Esposizione Universale di New York]]. ricordandoDecisiva laè decisivala [[Biennale di San Paolo|I Biennale Internazionale di San Paolo del Brasile]] del 1951 (la seconda biennale più longeva dopo quella veneziana), ritornandovi poi alla II edizione del 1953, vincendo il Premio Acquisto per il [[Museo d'Arte Contemporanea dell'Università di San Paolo]]<ref>{{Cita web|url=https://acervo.mac.usp.br/acervo/index.php/Detail/objects/16990|titolo=MAC USP {{!}} Acervo : Obra : Pequeno fauno [1963.3.226]|sito=acervo.mac.usp.br|accesso=2024-10-12}}</ref>. Dal 1953 partecipa ad otto rassegne della [[Biennale di Scultura di Anversa]], facendo conoscere la propria opera in vari musei europei. Nel 1957 il critico e storico dell'arte tedesco [[Bernhard Degenhart]] promuove con forza una sua mostra personale a Monaco di Baviera, che diventerà itinerante toccando le maggiori città tedesche. Espone in innumerevoli mostre di scultura italiana itineranti all’estero, di è da ricordarecome il tour in Giappone, tenendo a Tokyo due mostre personali nel 1968 e 1972. Musei giapponesi conservano sue opere, tra cui ad esempio i grandi bronzi ''Chimera alata'' (1958) e ''Primavera'' (1968), entrambi al [[The Hakone Open Air Museum]] a Yokohama. Risulta poi vincitore del [[Premio Parigi]] 1951 a [[Cortina d'Ampezzo|Cortina d’Ampezzo]] e nel 1953 compie il suo primo viaggio nella capitale francese, dove tiene un’importante personale alla [[Galerie Drouant – David]]. S’inserisce così temporaneamente nell’ambiente artistico parigino, frequentando ed entrando in amicizia con lo scultore cubista russo [[Ossip Zadkine]], lo scrittore musicista jazz [[Boris Vian]] e il regista-attore [[Jean-Louis Barrault|Jean Louis Barrault]], che lo avvicinano al teatro d'avanguardia. Il soggiorno francese si completa con la visita allo studio di [[Constantin Brâncuși|Costantin Brancusi]] e il viaggio a [[Cattedrale di Chartres|Chartres]] per osservare laalla cattedrale gotica, esperienze che offrono ulteriori stimoli preziosi alla sua ricerca plastica, che, pur attraverso la rivisitazione del linguaggio cubista, raggiunge negli anni '50 forme autonome, stilizzate, di ricercata grazia compositiva.
 
Nel 1948 esordisce come scenografo e costumista al [[Teatro Verdi (Trieste)|Teatro Verdi]] di Trieste con ''Cartoni animati'', balletto di [[Mario Bugamelli]]. L'attività spettacolare procede con la fondazione nel 1957 del gruppo teatrale [[La Cantina]] (similmente a quello che accadrà nelle cantine romane degli anni '70) presentando opere d'innovazione, talvolta in prime nazionali come L''’ultimo nastro di Krapp'' di [[Samuel Beckett]] con la regia e recitazione protagonista di un giovane e sconosciuto [[Gian Maria Volonté|Gian Maria Volontè]]. Fino al 1974, le numerose collaborazioni con il Teatro Verdi e il [[Politeama Rossetti|Teatro Stabile di Trieste]] si contano oltre venticinque spettacoli nel ruolo di scenografo, costumista e regista. Due produzioni romane da ricordare sono le scene e i costumi per il balletto contemporaneo ''Tautologos'' di [[Aurel Milloss]] (musiche di [[Luc Ferrari]]) e il ''Don Giovanni di Mozart'' al [[Teatro dell'Opera di Roma|Teatro dell’Opera di Roma]], rispettivamente nel 1969 e nel 1970<ref>{{Cita web|url=https://archiviostorico.operaroma.it/persona/marcello-mascherini/|titolo=Marcello Mascherini {{!}} Archivio Storico del Teatro dell'Opera di Roma|lingua=en-US|accesso=2024-10-13}}</ref>.
 
Conclude la carriera artistica con il periodo dei ''Fiori'', da cui uscirà una preziosa collaborazione con l'editore [[Vanni Scheiwiller]]<ref>{{Cita libro|curatore=Vanni Scheiwiller|curatore2=Alessandro Mozzambani|titolo=I fiori di Marcello Mascherini|collana=Arte Moderna Italiana|anno=1975|editore=All’insegna del pesce d’oro|città=Milano}}</ref>. Nel 1970 riceve a Milano il Premio Nazionale “Umberto Biancamano 1970” per la Scultura (gli altri premiati sono [[Giorgio de Chirico|Giorgio De Chirico]] per le Arti Figurative, [[Eugenio Montale]] per la Cultura, [[Ettore Sottsass]] per il Design, [[Arnoldo Mondadori]] per l’Editoria, [[Riccardo Morandi]] per l’Architettura, [[Aldo Aniasi]] per la Politica). Nello stesso anno tiene una mostra antologica alla [[Internationale Sommerakademie für Bildende Kunst Salzburg|Internationale Sommerakademie fuer Bildende Kunst]] di Salisburgo, dove è invitato a tenere un corso di scultura, che ripeterà l’anno successivo. I due nudi ''Pomona'' e ''Bagnante'' del 1981, rievocanti lo stile raffinato degli anni cinquanta, e i busti di ''James Joyce'' (1981) del Giardino Pubblico di Trieste e di ''Monsignor Antonio Santin'' (1982) del Seminario Vescovile concludono idealmente l’intensa attività dell’artista, che muore a Padova il 19 febbraio 1983<ref>{{Cita web|url=http://www.marcellomascherini.it/biografia|titolo=Biografia « Marcello Mascherini|lingua=it-IT|accesso=2024-10-11}}</ref>.
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[[File:Sala icaro2.jpg|thumb|Scultura per la sala Icaro [[Esposizione aeronautica italiana]] 1934 Milano]]
 
L'opera, soprattutto scultorea, di Mascherini potrebbe essere riassunta in "periodi", tuttavia deve essere considerato come idee e forme per un artista siano confluenti e sotterranee tra di esse anche a distanza di decenni. In principio egli fa riferimento a forme fortemente muscolari ma dialoganti con il gusto [[art déco]] tipico degli anni '20. Il giovane artista raccoglie commissioni più "decorative", come è il caso del [[Cimitero monumentale di Sant'Anna|Cimitero di Sant'Anna]] e altri cantieri edilizi di Trieste. Questo primo periodo strettamente legato all'architettura necessiterebbe tuttavia di ulteriori approfondimenti. Si nota già un interesse nel modellato di alcuni rilevanti protagonisti nazionali come [[Medardo Rosso]]. Nei tardi anni '20 le forme si fanno più abbondanti e rigide, razionaliste. Nei primi anni '30 l'ammirazione per il gusto [[Arturo Martini|martiniano]] è evidente. Il 1931 è un anno di svolta, lo scultore visita infatti il sito romano di [[Villa Giulia]], rimanendo affascinato dalla collezione antica, provocandogli una spinta - di forza istintivamente warburghiana, riguardante una [[Pathosformel|sopravvivenza dell'antico]] - che non lo abbandonerà mai più come si evince sia tematicamente nei numerosi riferimenti ai titoli delle opere (dalla mitologia mediterranea) sia formalmente. Non è da escludere che una certa influenza sull'opera mascheriniana sia dovuta alla [[Statuaria prenuragica e nuragica|scultura nuragica]], ma non è chiaro quando questa influenza si debba far iniziare, ma un sicuro impatto l'hanno avuto i piccoli bronzi etruschi con il loro caratteristico modellato: <blockquote>''Gli scultori etruschi ebbero la forza di piantare un uomo, come loro nascente dalla terra, sprigionante tutta una forza naturale che dava una vita autonoma all’opera. I loro bronzetti sono così attuali che non sembra siano trascorsi tanti secoli. Guardandoli sembra che l’artista stia ancora lavorando, prendendo a modello la stessa umanità. Essi sono simili alle piante che per quanto tempo trascorra sono sempre le stesse. Di fronte a tali impressioni crollò definitivamente nel mio spirito l’assioma proclamato dalle teoriche moderne, secondo le quali era necessario sorgesse un’arte del nostro tempo, perché ormai tutto era stato già fatto. Compresi che come un’alba e un tramonto pur restando sempre eguali differentemente si manifestano, dandoci sempre una nuova emozione d’incantamento, così non nella forma sta il comunicare e l’evolversi delle interpretazioni ma nel comprendere l’essenza più pura del suo contenuto<ref>{{Cita libro|autore=Lina Galli|titolo=Autobiografia ante 1944 raccolta da Lina Galli|anno=agosto-settembre 1988|editore=“Il Momento”|p=13|volume=210}}</ref>.'' (Marcello Mascherini)</blockquote>
Altre influenze rilevanti sono quelle date dalla produzione di [[Aristide Maillol]] già evidente nei primi anni '40 e più tardi dalla scultura di [[Constantin Brâncuși|Brancusi]] e dal cubismo visti i volumi sempre più geometrici, aprendosi quindi alle avanguardie europee più elevate dell'epoca. Testamento scultoreo "mediterraneo" dell'artista è il grandissimo bassorilievo di 12 m di diametro, l'''Anello degli Argonauti'', oggi in due esemplari al [[Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci|Museo della Scienza di Milano]] e nell'Aula Magna dell'[[Università degli Studi di Trieste|Università di Trieste]] (il gesso preparatorio). Le sculture dalle forme abbondanti dei tardi anni '40 incominciano a mutare in una tensione più "acrobatica" come la definisce Alfonso Gatto, concludendosi a singhiozzo all'inizio degli anni '60. Probabilmente questo periodo culmina alla metà degli anni '50, caratterizzato da volumi con articolazioni - soprattutto all'altezza delle mani, piedi e collo - molto affusolate e fragili, ma immerse in un'atmosfera idilliaca ed edenica. Le intersezioni degli arti risultano cubiste, ma elettrizzate da un gusto mediterraneo tutto particolare. Le figure sembrano tutte partecipanti a una danza rituale, abbandonate da ogni sforzo o fatica.
[[File:Marcello Mascherini, Heroïsch torso, 1952.jpg|miniatura|''Torso eroico'' (1952), Middelheim Museum, Anversa in Belgio]]