Vincenzo Monti: differenze tra le versioni

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Nel [[1822]] morì il genero Giulio Perticari, che il poeta considerava come un figlio nonostante un precedente litigio, e a questo dolore si unì la diffamazione cui la figlia Costanza andò incontro, accusata di aver trascurato il marito o addirittura di averlo ucciso. Alcune voci pretesero addirittura l'esistenza di una complicità del padre nel presunto complotto. Addolorata, Costanza tornò a vivere con i genitori.
 
Nel [[1825]] la "tenera amica"<ref>Lettera di V.M. ad [[Antonio Papadopoli]] del 30 agosto 1825</ref> [[Antonietta Costa]], marchesa genovese, chiese a Monti un componimento in occasione delle nozze del figlio Bartolomeo con la marchesa Maria Francesca Durazzo. Da ciò nacque il ''Sermone sulla mitologia'', poemetto in sciolti, feroce invettiva contro le manifestazioni orride e macabre del [[romanticismo]] nordico, colpevole di aver scalzato gli dèi dalla poesia. In particolare depreca la traduzione della ''[[Lenore]]'' di [[Gottfried August Bürger]] fatta da [[Giovanni Berchet]] e il ritorno in auge dei temi [[ossian]]ico-[[Poesia cimiteriale|cimiteriali]] di gusto lugubre [[Preromanticismo|preromantico]]. Evidenti paiono i richiami ad alcune opere critiche di [[Voltaire]]<ref>Così Melchiorre Missirini, in un articolo apparso sulla ''Biblioteca Italiana'' nel 1834, e più recentemente, nel 1905, Bertana, in op.cit.</ref> ma anche all'ode ''Gli Dèi della Grecia'' che [[Friedrich Schiller]] aveva pubblicato nel [[1788]]. Ad avvalorare tale tesi è il poeta stesso, definendoche definì Schiller secondo solo a Shakespeare nella gerarchia delle sue preferenze letterarie.<ref>Lettera a Carlo Tedaldi Fores del 1825</ref> Vanno ravvisati anche rimandi all'inno ''Alla Primavera'' di Leopardi (1824).<ref>Bertoldi, p.125</ref> Monti prende così posizione [[Classicismo (letteratura)|classicista]] nella polemica anti-romanticaantiromantica suscitata da [[Madame de Staël]].
 
Come si può facilmente immaginare, l'opera non lasciò indifferenti, e in parecchi, ritenendo un simile gusto neoclassico ormai fuori dal tempo, scrissero opere polemiche in risposta al ''Sermone'': la più famosa è quella di [[Niccolò Tommaseo]]<ref>Niccolò Tommaseo, ''Della mitologia discorso sopra il sermone del cavalier Monti'', Milano, Rivolta, 1826</ref>.
Può apparire quindi sorprendente che il vecchio Monti si dimostri ancora così chiuso al gusto romantico, dopo certe virate del passato e della stessa senilità, ma intelligentemente [[Cesare Cantù]] dimostrò come fossero qui colpite solo le manifestazioni macabre del Romanticismo (nonostante il montiano ''Aristodemo'' che ricordava direttamente [[Edward Young]]), antitetiche alla concezione "diurna e solare" della poesia montiana.