Adelchi (Manzoni): differenze tra le versioni

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L’'''''Adelchi''''' è una [[tragedia]] di [[Alessandro Manzoni]], pubblicata per la prima volta nel 1822. Narra le vicende di [[Adelchi (principe)|Adelchi]], figlio dell'ultimo [[re dei Longobardi]], [[Desiderio (re)|Desiderio]], che si svolgono tra il [[772]] e il [[774]], anno della caduta del [[regno longobardo]] per opera di [[Carlo Magno]], anch'egli protagonista della tragedia.
 
Manzoni cominciò a scrivere l{{'}}''Adelchi'' il 4 novembre [[1820]], nel periodo in cui Vincenzo Ferrario stampava l'altra tragedia di Manzoni, ''[[Il Conte di Carmagnola]]''. La nuova tragedia venne terminata un anno più tardi, il 21 settembre [[1821]], esclusi i due cori, di poco successivi. Nell'ottobre [[1822]] l'opera fu pubblicata sempre per i tipi del Ferrario.
 
== Trama ==
La principessa Longobarda [[Ermengarda (moglie di Carlo Magno)|Ermengarda]], figlia del re [[Desiderio (re)|Desiderio]] e moglie di Carlo Magno, re dei [[Franchi]], viene ripudiata come sposa da quest'ultimo per ragioni politiche. Infatti re Desiderio, il "nobile di Brescia" si era spinto a minacciare papa Adriano IV. Questi aveva chiesto l'appoggio di Carlo Magno, che aveva risposto spezzando i rapporti con il ripudio. Per vendicarsi, Desiderio decide di far incoronare dal Papa i figli di Carlo Magno, rifugiatisi presso di lui. Carlo Magno manda un ultimatum a Desiderio, il quale rifiuta e gli dichiara guerra. Subito i duchi longobardi, in particolare Svarto, iniziano a tramare per tradire Desiderio. Il diacono Martino mostra all'esercito di Carlo una strada per oltrepassare le Alpi.<br>Grazie al tradimento dei [[Ducati longobardi|duchi longobardi]], che si arrendono a lui, l'esercito di Carlo Magno avanza verso [[Pavia]], capitale del regno Longobardo. Adelchi si confida con l'amico Anfrido: la guerra è contro il suo ideale di giustizia e umanià ma combatte lo stesso perchè è costretto. Ermengarda, che si era rifugiata presso la sorella Ansberga (Anselperga) che era badessa nel [[Monastero di Santa Giulia|monastero di San Salvatore]] a [[Brescia]], viene a conoscenza delle nuove nozze di Carlo Magno e, in preda al delirio, muore. Sempre grazie all'aiuto di traditori, Carlo Magno riesce a conquistare Pavia ed a fare prigioniero Desiderio. La storia si chiude nel campo di Carlo con la morte dell'eroe, Adelchi, che chiede a Dio di accogliere la sua anima stanca.
<br>Grazie al tradimento dei [[Ducati longobardi|duchi longobardi]], l'esercito di Carlo Magno avanza verso [[Pavia]], capitale del regno Longobardo. Ermengarda, che si era rifugiata presso la sorella Ansberga (Anselperga) nel [[Monastero di Santa Giulia|monastero di San Salvatore]] a [[Brescia]], viene a conoscenza delle nuove nozze di Carlo Magno e, in preda al delirio, muore. Sempre grazie all'aiuto di traditori, Carlo Magno riesce a conquistare Pavia ed a fare prigioniero Desiderio.
 
== Commento ==
''Adelchi'' è una tragedia manzoniana che mette in scena la caduta del regno longobardo in Italia ad opera dei Franchi nell'VIII secolo. Il significato profondo della figura di Adelchi e del suo dialogo con il padre è importante e allo stesso tempo innovativo: riflette infatti sul fatto che anche loro, prima di essere stati sconfitti da Carlo e dai Franchi, si erano dovuti imporre su altre popolazioni: in parole povere riflette sulla ciclicità della storia, e da ciò ne consegue un miglioramento sul piano morale del personaggio. In quest'opera Manzoni inizia a sviluppare il tema della [[Divina Provvidenza]] che sarà poi fulcro tematico de ''[[I promessi sposi]]''.
 
Particolare attenzione è riservata alla gente latina, quel "volgo disperso che nome non ha"<ref>{{Cita libro|titolo=Manzoni, Adelchi}}</ref> che osserva la lotta tra Franchi e Longobardi illudendosi di vedere la propria liberazione. Questo volgo rappresenta il popolo italiano all'epoca in cui Manzoni scrive, dopo la delusione dei [[moti austriaci]] del 1820-21.
Qui la storia è contemplata attraverso il dramma interiore dei protagonisti, sublimato in una visione religiosa della vita. Adelchi ed Ermengarda sono spiriti ricchi di contrasti fra ideali e sentimenti (la pace e la gloria per il primo, l'amore ancora vivo del marito per la seconda). Nelle tragedie manzoniane incontriamo due categorie di personaggi. I primi hanno un concreto senso della realtà e sono capaci di agire, restando insensibili alle voci del cuore, i secondi invece vivono per alti e nobili ideali, comprendono le angosce e sofferenze degli altri e trovano solo nella morte la piena realizzazione della loro complessa e travagliata personalità. Le due serie di personaggi rappresentano le due esigenze spirituali che Manzoni non è riuscito ancora a conciliare. La validità superiore degli ideali nei confronti degli egoismi e, insieme, l'incapacità di realizzarli. Nello scrittore è rimasto qualche residuo di [[giansenismo]]: Adelchi, prima di morire, dirà che sulla terra "non resta che far torto o patirlo". Si tratta del tipico pessimismo giansenistico, a cui si può opporre una concezione provvidenziale del dolore (la sofferenza è un dono di Dio poiché prova che non si è fatto il male). Il vero superamento si avrà quando approderà ad un cristianesimo attivo ed eroico mostrando che il bene si può fare pure tra dolori e sacrifici.<ref>Aldo Giudice, Giovanni Bruni, ''Problemi e scrittori della letteratura italiana'', ed. Paravia, vol. 3, tomo primo, 1978, pag. 212 e sgg.</ref>
 
Qui la storia è contemplata attraverso il dramma interiore dei protagonisti, sublimato in una visione religiosa della vita. Adelchi ed Ermengarda sono spiriti ricchi di contrasti fra ideali e sentimenti (la pace e la gloria per il primo, l'amore ancora vivo del marito per la seconda). Adelchi, in particolare, incarna sia il guerriero antico che l'eroe romantico. Nelle tragedie manzoniane incontriamo due categorie di personaggi. I primi hanno un concreto senso della realtà e sono capaci di agire, restando insensibili alle voci del cuore, i secondi invece vivono per alti e nobili ideali, comprendono le angosce e sofferenze degli altri e trovano solo nella morte la piena realizzazione della loro complessa e travagliata personalità. Le due serie di personaggi rappresentano le due esigenze spirituali che Manzoni non è riuscito ancora a conciliare. La validità superiore degli ideali nei confronti degli egoismi e, insieme, l'incapacità di realizzarli. Nello scrittore è rimasto qualche residuo di [[giansenismo]]: Adelchi, prima di morire, dirà che sulla terra "non resta che far torto o patirlo". Si tratta del tipico pessimismo giansenistico, a cui si può opporre una concezione provvidenziale del dolore (la sofferenza è un dono di Dio poiché prova che non si è fatto il male). Il vero superamento si avrà quando approderà ad un cristianesimo attivo ed eroico mostrando che il bene si può fare pure tra dolori e sacrifici.<ref>Aldo Giudice, Giovanni Bruni, ''Problemi e scrittori della letteratura italiana'', ed. Paravia, vol. 3, tomo primo, 1978, pag. 212 e sgg.</ref>
 
[[Luigi Russo]]<ref>''Parere sull'Adelchi'', in "Ritratti e disegni storici", serie IV, Sansoni, Firenze, 1965, pp. 39-41.</ref> parla di una "diffusa tenerezza [[elegia]]ca in tutta la tragedia" , "il momento più acuto del giansenismo teologico, che sparirà nel romanzo, dove rimarrà giansenismo morale, atteggiamento rigoristico e [[satira|satirico]] di confessore d'anime". Il critico aggiunge che questa tragedia è percorsa " da questo sentimento tenero, ineffabile, patetico della Grazia; di quella Grazia che si concede non a tutti, ma solo da alcuni privilegiati".
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Riprendendo un concetto caro alla storiografia di Thierry, infatti, Manzoni arrivava a negare l'integrazione tra popoli conquistatori e conquistati, ponendosi quindi in disaccordo con le idee di [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]], [[Ludovico Antonio Muratori|Muratori]] e [[Pietro Giannone|Giannone]], che avevano notato un avvio di fusione tra Longobardi e Latini, ravvisandovi un principio di unità nazionale italiana. Lo scritto manzoniano compariva anche nella seconda edizione, quella del [[1845]], corredato da due ''Appendici'' e con un titolo leggermente diverso (''Discorso sopra alcuni punti della storia Longobardica in Italia'').<ref>A. Giordano, ''Manzoni'', Milano, Accademia, 1973, pp. 117-120.</ref>
 
L'opera di ricerca storica attuata per l'Adelchi è maggiore di quella attuata per il [[Il Conte di Carmagnola|Carmagnola]]. Anche il periodo storico è più lontano (il [[VIII secolo|VIII]] secolo contro il [[XV secolo|Quattrocento]]). Il rinnovato interesse per la scientificità della ricostruzione storica è quello che lo farà approdare all'esperienza del suo [[I promessi sposi|romanzo]].
 
== Note ==