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[[File:Templo Sarco.jpg|min|verticale|Il ''Templo Sarco'' a [[Cochabamba]]]]
 
Il 1º maggio 2006, Morales ha nazionalizzato, per la terza volta nella storia boliviana, gli idrocarburi, creando apprensione in [[Spagna]] e [[Brasile]], principali compratori del [[gas]] boliviano e in [[Argentina]], destinataria del gas della spagnola ''Repsol''. Con questa riforma, circa l'80% dei profitti dell'estrazione del petrolio è rimasta nelle mani dello Stato ed è stata usata in iniziative volte a combattere la povertà e l'analfabetismo. Nello stesso mese, il governo di Morales ha annunciato una nuova riforma agraria, con l'obiettivo ufficiale di redistribuire la terra ai contadini. Si trattò di una proposta controversa e alcuni paventarono la possibilità di conflitti tra i nuovi concessionari di terre, principalmente di origine altipianica, [[Quechua (popolo)|quechua]] e [[aymara]] (come Morales), e gli oltre trenta gruppi indigeni delle terre tropicali amazzoniche e del Chaco, dove erano ubicate le terre da distribuirsi. Inoltre, questa proposta avrebbe potuto aggravare ulteriormente la distruzione di ecosistemi forestali e savane e porre in pericolo aree protette e parchi nazionali.
 
Il 2 luglio del 2006 si sono svolte le elezioni per l'assemblea costituente, come promesso da Morales per accelerare le riforme. Il partito di governo, il MAS, ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi (poco più del 50% dei voti e 137 assembleisti su 255 in totale, oltre ad alcuni eletti con altre sigle). Gli eletti all'assemblea si sono insediati nella città di Sucre il giorno della festa nazionale boliviana, il 6 agosto.
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Secondo l'ultimo censimento del 2001 dell'Istituto Nazionale di Statistica (INE), la popolazione indigena rappresenta circa il 49,95% della popolazione totale. Percentuale che arriva al 73,20% se consideriamo le sole zone rurali.
 
Secondo il [[CIA World Factbook]] 2006, la popolazione boliviana è costituita dai seguenti gruppi etnici: [[Quechua (popolo)|quechua]] 30%, [[aymara]] 25%, meticci 30%, europei 15%.
 
In realtà, in Bolivia esistono attorno a quaranta gruppi etnici, la maggior parte ignorati da questi dati e abitanti originari principalmente nelle pianure tropicali della Bolivia orientale. Inoltre il processo di meticciato è stato continuo dal tempo della conquista spagnola e per questo una chiara e inequivocabile definizione etnica non può esser determinata facilmente. Anche l'ex presidente [[Evo Morales|Morales]] non potrebbe esser considerato esclusivamente di etnia aymara essendo imparentato con ''cholos'', la definizione boliviana del meticcio tra quechua o aymara con europeo.
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[[File:Los Yungas La Paz - Bolivia.jpg|min|Los Yungas, [[La Paz]]]]
 
Si tratta di un fenomeno che interessa la Bolivia principalmente dalla metà degli anni cinquanta, con la rivoluzione nazionalista del 1952 e la successiva riforma agraria del 1953. Per accontentare la richiesta di terre il governo avviò un piano di colonizzazione per i contadini [[Quechua (popolo)|quechua]] e [[aymara]] verso le aree dei bassopiani orientali tropicali: si chiamò questo processo la "marcia verso l'oriente". Uno dei principi di questo fenomeno era che si trattasse di terre inabitate. Quelle terre invece, per quanto non sottomesse ad attività umane intensive, erano abitate da numerosi popoli indigeni. Si ebbe così un fenomeno, poco studiato, di una popolazione indigena maggioritaria, quella andina quechua e aymara, che invade i territori e marginalizza gradualmente i popoli indigeni minoritari amazzonici e del Chaco. Questo processo è tuttora in evoluzione e la colonizzazione agricola del tropico interessa ora tutte le regioni orientali ove si insediano, od occupano terre, contadini provenienti dalla realtà geografica andina con scarse o nulle conoscenze dell'ambiente tropicale e dei suoi metodi agricoli. Tal fenomeno si può constatare osservando come i terreni dei coloni andini siano spesso, per varie ragioni (maggior interrelazione con il mercato, mobilità stagionale, interessi vari e non unicamente agricoli), una ''tabula rasa'' della passata foresta, mentre le popolazioni locali, originarie o meticce, conservano nei loro terreni ampi spazi naturali e, attorno alle case, un vero orto botanico in cui possono incontrarsi più di cinquanta specie vegetali di varia utilità (alimentare, costruzione, medicinale, tessile, cosmetica, rituale, ecc.).
Poco noto è anche il fenomeno dell'impatto ambientale della coltivazione della [[coca]]. Oltre all'inquinamento di fiumi e ruscelli - per l'uso di sostanze chimiche nel primo processo di trasformazione delle foglie di coca in pasta base di [[cocaina]], processo che si svolge quasi esclusivamente nei luoghi di produzione delle foglie - le coltivazioni di coca hanno portato alla distruzione di grandi settori della foresta pluviale del piedimonte andino, una delle foreste a maggiore biodiversità della Terra, inclusa quella del [[Territorio Indigeno e Parco Nazionale Isiboro Secure]] e del [[Parco Nazionale Carrasco]].