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Ernesto Rossi fu dirigente del nucleo clandestino milanese di "[[Giustizia e Libertà]]". Fu arrestato solo il 30 ottobre 1930.<ref name=":0">{{Cita news|nome2=|autore=Antonio Carioto|titolo=Ada, l’altra metà di Ernesto Rossi Un amore consacrato dalla galera|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=4 febbraio 2016|p=39}}</ref> Gli furono inflitti venti anni di carcere dal [[Tribunale Speciale]], dei quali nove scontati nelle "patrie galere" e quattro al confino<ref>Commissione di Roma, ordinanza del 6.11.1939 contro Ernesto Rossi e altri (“Dirigenti di "Giustizia e Libertà", dopo aver scontata la condanna inflitta loro dal TS, vengono confinati”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, ''L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943'', Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. IV, p. 1437</ref> nell'isola di [[Ventotene (isola)|Ventotene]]. Nell'isola tirrenica, con [[Altiero Spinelli]] ed [[Eugenio Colorni]] si fece portatore delle idee federaliste europee che nel 1941 furono raccolte nel [[Manifesto di Ventotene]]. Entrato nel [[Partito d'Azione]], fu sottosegretario alla Ricostruzione (1945). Fu poi tra i fondatori del [[Partito Radicale (Italia)|Partito Radicale]] ma rifiutando di occupare incarichi di direzione.
Prima dell'evasione da Lipari, insieme a Carlo Rosselli, Emilio Lussu vi stava scontando cinque anni di confino. Giunto a Parigi, partecipò anch'egli alla fondazione di Giustizia e Libertà. Alla morte di Rosselli ne divenne l'uomo politico di riferimento. Rientrato in Italia dopo il [[Caduta del fascismo|25 luglio 1943]] fu fautore della confluenza di GL nel partito d'Azione. Partecipò alla [[Mancata difesa di Roma|difesa di Roma]] del 10 settembre 1943. Fu per breve tempo ministro della Repubblica Italiana. Allo scioglimento del PdAz entrò nel Partito Socialista. Infine prese parte alla scissione socialista che dette vita al [[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (1964)|Partito Socialista di Unità Proletaria]] (1963).
Tito Zaniboni organizzò un fallito attentato a Benito Mussolini il 4 novembre 1925. Arrestato, fu condannato a trent'anni di reclusione. Fu scarcerato l'8 settembre 1943. Nel febbraio 1944, il maresciallo [[Pietro Badoglio]] gli affidò l'incarico di alto commissario "per l'epurazione nazionale dal fascismo". A metà maggio rassegnò le dimissioni. Nel [[Governo Badoglio II|secondo Governo Badoglio]] fu poi nominato alto commissario per i profughi e i reduci.
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