Barlaam e Iosafat: differenze tra le versioni
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'''Barlaam e Iosafat''' (o '''Josaphat'''), anticamente venerati come [[santo|santi]] cristiani, sono i protagonisti di un romanzo [[agiografia|agiografico]], popolarissimo in [[età medievale]], ispirato alla vicenda della conversione del [[Gautama Buddha|Buddha]]. La leggenda del Buddha venne conosciuta dai [[cristiani]] nell'[[Iran]] orientale e nell'[[Asia centrale]] dove i cristiani vivevano a contatto con i [[Buddhismo|buddisti]], con i [[mazdeismo|mazdeisti]] e i [[manicheismo|manichei]], grazie anche alla diffusione di qualche testo scritto come il ''[[Lalitavistara Sutra|Lalitavistara]]''. Gli stessi nomi dei santi titolari ricalcano il [[sanscrito]]: il termine ''[[Bodhisattva]]'' si trasformò in ''Budasaf'' e poi in ''Iosafat''; dal nome dell'eremita ''Balahuar'', epiteto del Buddha stesso, ha origine il nome di ''Barlaam''.
La prima redazione del testo, risalente presumibilmente al [[VI secolo]], fu scritta nell'iranica [[lingua pahlavi]], quindi venne tradotto in [[lingua siriaca|siriaco]] e in [[lingua araba|arabo]] e da queste derivarono molte altre traduzioni, a partire dal [[lingua greca|greco]]. La successiva traduzione in [[lingua latina|latino]] aprì le porte alla diffusione in tutta l'[[Europa]] del testo, convertito a sua volta anche in lingue volgari.<ref>"Le muse", De Agostini, Novara, 1964, Vol.II, pag.55-56</ref> Il più antico [[manoscritto]] che ce la tramanda è del [[1021]] ed è conservato a [[Kiev]]; il suo parente più stretto è
Il racconto, giunto in Occidente nell'[[XI secolo]] ed attribuito a [[Giovanni Damasceno]], conobbe una rapida diffusione e venne ritenuto storico, tanto che i nomi di Barlaam e di Iosafat vennero inseriti nel [[Martirologio Romano]] al [[27 novembre]].<ref>Silvia Ronchey: '' La Cattedrale sommersa. Alla ricerca del sacro perduto'', Collana Saggi italiani, Rizzoli, Milano, 2017, pag. 244; isbn=978-88-17-09465-8</ref>. Fu incluso da [[Jacopo da Varagine]] nella sua ''[[Legenda Aurea]]'' e ispirò opere di [[Bernardo Pulci]] e di [[Lope de Vega]], oltre a numerose opere scultoree, come quella nel [[Battistero di Parma]] di [[Benedetto Antelami]], miniature e vetrate, nonché alcune immagini sul [[mosaico di Otranto]] (precisamente i due elefanti indiani alla base dell'[[albero della vita]])<ref>Silvia Ronchey, ''Il Buddha bizantino'', in ''Storia di Barlaam e Iosafat. La vita bizantina del Buddha'', a cura di S. Ronchey e P. Cesaretti, Einaudi, Torino 2012, pp. vii-cvii.</ref>.
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