Biennio rosso in Italia: differenze tra le versioni
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|Casus = Crisi economica ed elevata povertà causate dalla [[prima guerra mondiale]]
|Esito = Fine pacifica o soppressione violenta delle rivolte
|Schieramento1 = [[File:Red_flag.svg|20px|
|Schieramento2 = {{bandiera|ITA 1861-1946}} Forze dell'ordine<br />Militanti di [[Destra (politica)|destra]]
}}
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=== La crisi economica ===
[[File:I mutilati chiedono il pane al Governo.jpg|
L'economia italiana si trovava in una situazione di grave crisi, iniziata già durante la guerra e che si protrasse a lungo; infatti, nel biennio 1917-1918 il reddito nazionale netto era sceso drasticamente, e rimase, fino a tutto il 1923, ben al di sotto del livello d'anteguerra<ref name="Cande">{{Cita|Candeloro|p. 229}}.</ref>, mentre il tenore di vita delle classi popolari era, durante la guerra, nettamente peggiorato; secondo una statistica, fatto pari a 100 il livello medio dei salari reali nel 1913, questo indice era sceso a 64,6 nel 1918<ref>{{Cita|Candeloro|p. 236}}.</ref>. Nell'immediato dopoguerra si verificarono inoltre un ingentissimo aumento del debito pubblico<ref>{{Cita|Candeloro|p. 225}}.</ref>, un forte aggravio del deficit della bilancia dei pagamenti<ref name="Candeloro">{{Cita|Candeloro|p. 281}}.</ref>, il crollo del valore della [[Lira italiana|lira]]<ref name="Cande" /> e un [[Inflazione|processo inflattivo]] che portò con sé la repentina diminuzione dei salari reali<ref name="Candeloro"/>. Il peggioramento delle condizioni di vita delle classi popolari (già duramente provate dalla guerra) fu la causa immediata dell'ondata di scioperi e di agitazioni, iniziata nella primavera del 1919, alla quale non rimase estranea nessuna categoria di lavoratori, sia nelle città sia nelle campagne, compresi i pubblici dipendenti, cosicché l'anno 1919 totalizzò complessivamente in Italia oltre 1 800 scioperi economici e più di {{formatnum:1500000}} scioperanti<ref name="Candeloro"/>.
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=== I riflessi della rivoluzione russa ===
[[File:Giacinto Menotti Serrati — candidato socialista al iii collegio.png|
La [[Rivoluzione russa]] che nel marzo 1917 aveva portato alla costituzione del [[Governo provvisorio russo|Governo Provvisorio Russo]] sotto la guida di [[Aleksandr Fëdorovič Kerenskij|Aleksandr Kerenskij]] aveva subito ottenuto il sostegno morale dei [[Partito Socialista Italiano|socialisti italiani]] e dell{{'}}''[[Avanti!]]'' che in essa intuivano già gli ulteriori sviluppi<ref>«I socialisti italiani e la classe operaia videro oltre, e quasi anticiparono quello che poi fu realmente lo sviluppo della rivoluzione di marzo, compresero che la lezione della Russia era qualcosa di nuovo.» {{Cita|Vivarelli, I|p. 106}}.</ref>. L{{'}}''Avanti!'' il 19 marzo scrisse: «la bandiera rossa issata dal proletariato di Pietrogrado ha ben altro significato che un'adesione delle masse della Russia lavoratrice alla presente situazione creata dagli imperialismi di tutti i paesi»<ref>{{Cita|Vivarelli, I|p. 106}}.</ref>. La notizia degli avvenimenti russi giunse in Italia in un momento particolarmente difficile, sia sul fronte militare sia nel settore economico e già alla fine di aprile in parte ispirarono disordini soprattutto a [[Milano]] causati dalla carenza del riso<ref>{{Cita|Vivarelli, I|p. 107}}.</ref>. I socialisti accentuarono la richiesta di arrivare alla pace ma aggiungendo anche espliciti inviti alla ribellione<ref name="Mulino 2012">{{Cita|Vivarelli, I|p. 108}}.</ref>. Ad agosto a [[Torino]], in occasione della visita di una delegazione russa in Italia, vi furono manifestazioni di operai che accolsero i delegati al grido di "''Viva Lenin''"<ref name="Mulino 2012"/> e che in poche settimane raggiunsero il culmine con la più violenta sommossa registrata in Italia durante la guerra<ref>{{Cita|Vivarelli, I|pp. 108-109}}.</ref>. I moti ebbero luogo fra il 22 e il 27 agosto e si chiusero con un bilancio di circa cinquanta morti fra i rivoltosi, circa dieci fra le forze dell'ordine e circa duecento feriti; vi furono un migliaio di arrestati; di essi, varie centinaia furono condannati alla reclusione in carcere<ref>{{Cita|Candeloro|p. 172}}.</ref>. La [[Moti di Torino (1917)|sommossa di Torino]], indubbiamente spontanea in quanto causata dalla contingente mancanza di pane, era comunque frutto della intensa propaganda socialista<ref>{{Cita|Vivarelli, I|pp.113-114 }}.</ref> e della sconfitta del [[Regio Esercito]] nella [[battaglia di Caporetto]] aprì scenari che avrebbero favorito una rivoluzione in Italia<ref>{{Cita|Vivarelli, I|p. 116}}.</ref>.
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=== La reazione antisocialista ===
{{Vedi anche|Squadrismo}}[[File:L'Ardito copia dell' aprile 1919.jpg|
La radicalizzazione delle posizioni politiche socialiste polemiche con la guerra appena conclusa giocava inoltre a favore delle organizzazioni nazionaliste che si ersero a difesa della [[Armistizio di Villa Giusti|vittoria]] e a custodi dell'ordine<ref>{{Cita|Vivarelli, I|p. 357}}.</ref>. L'antisocialismo dei nazionalisti, ribattezzato [[anticomunismo|antibolscevismo]], che seppur avesse radici più lontane, trovò nuova linfa nell'ostilità dimostrata dai socialisti nei confronti della "Vittoria" di una Patria definita come un'"inganno borghese"<ref name="ReferenceA">{{Cita|Vivarelli, I|p. 358}}.</ref> rendendo presso i nazionalisti il concetto di patriottismo indissolubilmente legato a quello di antisocialismo<ref name="ReferenceA"/>.
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{{Citazione|La propaganda fatta da parecchi mesi dagli elementi estremisti aveva creato la speranza del prossimissimo fatto rivoluzionario che doveva dare il potere alla dittatura del proletariato. Questo stato d'animo era diffusissimo nelle folle, e poiché a queste non si può attribuire una capacità di valutare in tutta la complessità loro i fatti storici avvenuti o che avvengono, si comprende facilmente il perché l'annuncio dello sciopero di protesta apparve-anche perché da taluno così venne chiamato- lo sciopero "''espropriatore''". Il non avvenuto fatto rivoluzionario portò non diciamo uno scoramento, ma una violenta correzione alle speranze degli operai e, contemporaneamente, rialzò la debole volontà industriale di lanciarsi in una lotta che stroncasse la potenza del sindacato operaio.|[[Ludovico D'Aragona]] segretario della [[Confederazione Generale del Lavoro]]<ref>{{Cita|Vivarelli, I|p. 482n}}.</ref>}}
[[File:Nicola Bombacci 3 (cropped).jpg|
Da molte parti si sperava, o all'opposto si temeva, una rivoluzione socialista simile a quella avvenuta in [[Russia]] nel 1917. In particolare, le aspettative si rivolgevano all'opera di [[Nicola Bombacci]]<ref>V. Daniele Dell'Orco, ''Nicola Bombacci. Tra Lenin e Mussolini'', Historica, Roma 2012. ISBN 978-8896656570</ref>, {{cn|che era ritenuto stretto seguace nonché probabile emulatore di [[Lenin]] e che fu segretario del PSI tra il 1919 e il 1920. Come tale, si recò a [[Mosca (Russia)|Mosca]], dove fu ricevuto in separata sede da Lenin}}. Infatti, in Bombacci troviamo la più radicata convinzione del comunismo come agente che permette l’edificazione del sistema partito-stato che darà origine a un nuovo ordine sociale, morale e politico basato sulla rivoluzione di stampo proletario<ref>Matteo Tomasoni, «Steven Forti, El peso de la nación. Nicola Bombacci, Paul Marion y Oscar Pérez Solís en la Europa de Entreguerras», Diacronie [Online], N° 22, 2 | 2015, documento 24, online dal 01 juin 2015, consultato il 16 janvier 2024. URL: http://journals.openedition.org/diacronie/2130; DOI: https://doi.org/10.4000/diacronie.2130</ref>.
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Le manifestazioni e le azioni repressive si moltiplicarono anche nel resto del Paese. Il 7 marzo, durante una manifestazione presso la Casa del Popolo di [[Siena]], i carabinieri spararono e uccisero il ferroviere socialista Enrico Lachi. Il 3 aprile a [[San Costanzo]] ([[Provincia di Pesaro|PS]]) un socialista fu ucciso da un militante popolare. Il 5 aprile una manifestazione sindacale a [[San Matteo della Decima|Decima]] di [[Persiceto]] venne repressa nel sangue dai carabinieri. Nell'[[eccidio di Decima]] si contano otto morti e oltre trenta feriti. Il 7 aprile a [[Modena]], durante lo sciopero generale per i morti di Decima, una manifestazione venne nuovamente repressa brutalmente dai carabinieri: cinque morti. Il 9 aprile [[Nardò]] fu teatro di un'insurrezione contadina scoppiata alla notizia del massacro di Decima. Il giorno seguente reparti dell'esercito e delle forze dell'ordine giunsero in paese per reprimere i tumulti. Tre manifestanti e un poliziotto rimasero uccisi.
Il 18 aprile scoppiarono disordini anche a [[Raiano]] contro l'aumento del costo dell'acqua. Si verificarono scontri tra la folla, che voleva invadere il municipio, e le forze dell'ordine poste a difesa dell'edificio. Morirono un commissario di pubblica sicurezza e tre dimostranti. Il 28 aprile a Roma, al termine di una manifestazione socialista pro [[Unione Sovietica]], le forze dell'ordine caricarono la folla. Davanti al [[Colosseo]] la guardia regia Umberto Basciani venne disarcionata e pugnalata a morte da un dimostrante<ref>[https://www.cadutipoliziadistato.it/caduti/basciani-umberto/ Caduti Polizia di Stato - ''Basciani Umberto'']</ref>. Rimasero feriti anche un poliziotto e una passante. A [[Fiume (Croazia)|Fiume]], il 20 aprile gli autonomisti di [[Riccardo Zanella]], ostili ai [[Impresa di Fiume|legionari dannunziani]], con l'appoggio dei socialisti, proclamarono lo sciopero generale.<ref>{{Cita|Franzinelli e Cavassini|p. 218}}.</ref>.[[File:Napoli il corteo del 1° maggio 1920 è disperso dalle guardie regie.jpg|
Il 1º maggio, in occasione della [[festa dei lavoratori]], furono indetti cortei nelle principali città che in alcuni casi furono dispersi dalla polizia come a Torino e a Napoli. Un nuovo sciopero indetto contro l'aumento del prezzo del pane indebolì il [[Governo Nitti II|secondo governo Nitti]], che si dimise il 9 giugno 1920 per lasciare il posto all'ottantenne [[Giovanni Giolitti]] che formò il suo [[Governo Giolitti V|quinto esecutivo]]. Manifestazioni e cortei proseguirono ininterrotti per lungo tempo con vittime sia tra i militari che tra i manifestanti. Il 1º maggio in [[piazza Statuto]] a Torino la Pubblica Sicurezza caricò i manifestanti, uccidendone due. Un commissario venne ucciso da una bomba. A [[Pola]] i bersaglieri uccisero quattro manifestanti e ne ferirono una trentina. Un morto a [[Vicenza]]. A [[Brendola]] negli scontri con i popolari i socialisti lamentarono un morto. Un morto tra i popolari a [[Paola (Italia)|Paola]] (CS) durante degli incidenti con i socialisti.
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Il 10 maggio le forze dell'ordine spararono e uccisero tre contadini che avevano preso parte all'occupazione di alcune terre a [[Magione (Italia)|Magione]]. L'11 maggio i carabinieri spararono contro dei minatori in sciopero ad [[Iglesias (Italia)|Iglesias]] uccidendone sei e ferendone una quarantina. Il 13 giugno un gruppo di socialisti milanesi giunto a [[Rho]] (MI) aggredì un gruppo di fedeli davanti al [[Santuario dell'Addolorata (Rho)|Santuario dell'Addolorata]]. Rimase ucciso da un colpo di pistola il cattolico Angelo Minotti<ref>[http://www.santiebeati.it/dettaglio/95505 Santi e Beati - ''Angelo Minotti'']</ref>. Il 22 giugno 1920, dopo un comizio indetto alla Camera del Lavoro all'Arena, gli anarchici si scontrarono duramente con la polizia che uccise sei manifestanti. Il giorno seguente, gli operai e i tranvieri scesero in sciopero. A metà mattinata un gruppo di manifestanti bloccò i mezzi pubblici in transito in piazzale Loreto. Il vicebrigadiere dei Carabinieri, in servizio presso la legione Milano, [[Giuseppe Ugolini (militare)|Giuseppe Ugolini]], mentre si trovava a bordo di un tram in corso Buenos Aires, venne intercettato da circa duecento manifestanti anarchici. Circondato dalla folla, rifiutatosi di consegnare il fucile, aprì il fuoco uccidendo l'operaio Alfredo Cappelli e l'ex guardia di finanza Francesco Bonini e ferendo tre persone. Subito dopo venne linciato dai manifestanti<ref>Mimmo Franzinelli, ''Squadristi'', Milano, Oscar Mondadori, 2009, p. 291</ref>. Poche ore dopo venne lanciata una bomba contro le vetrate di un ristorante al cui interno si trovavano alcuni militari. Rimase ferito mortalmente un capitano dell'esercito.
Il 23 giugno a [[Parabita]] i contadini locali in sciopero furono caricati dai carabinieri che spararono e uccisero quattro manifestanti. Lo stesso giorno a [[Mammola (Italia)|Mammola]] i contadini locali che chiedevano lavori pubblici contro la disoccupazione che attanagliava il territorio occuparono il municipio issando la bandiera rossa. Dopo alcuni arresti effettuati dalla forza pubblica i dimostranti organizzarono un corteo di protesta sciolto a fucilate dai carabinieri con il saldo di un morto.
Il 26 giugno a [[Piombino]] scoppiò una rivolta contro il migliaio di licenziamenti annunciato dalla direzione dell'[[Stabilimento siderurgico di Piombino|ILVA]]. Vennero attaccate le proprietà della borghesia e dei ceti più benestanti della cittadina scatenando la durissima reazione delle forze dell'ordine: tre morti, decine di feriti e una ventina di arresti. Il 27 giugno a [[Sarezzo]] un gruppo di socialisti e di anarchici cercò di interrompere una manifestazione sindacale indetta dalle leghe cattoliche. Negli incidenti che ne seguirono rimase ucciso da un colpo di pistola un carabiniere. I commilitoni del caduto aprirono allora il fuoco sui dimostranti uccidendo quattro socialisti<ref>[https://www.valtrompiastorica.it/index.php/avvenimenti-storici/il-novecentpo Val Trompia Storica - ''La prima metà del Novecento'']</ref>.
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=== La rivolta dei Bersaglieri ===
{{vedi anche|Rivolta dei Bersaglieri}}
[[File:Estensione della Rivolta dei Bersaglieri - giugno 1920.jpg|
Nel frattempo, allo scopo di sedare le rivolte nel [[protettorato italiano dell'Albania]], il [[Governo Giolitti V|governo Giolitti]] decise di inviare nuovi reparti militari a supporto del governo locale. L'11 giugno 1920 a [[Storia di Trieste|Trieste]], un gruppo di [[arditi]] di un reggimento d'assalto in attesa di imbarcarsi per l'Albania usò le armi contro gli ufficiali, causando due morti e diversi feriti<ref>Angelo Visintin, ''Una città in grigioverde'', in ''Storia e Dossier'', p. 16, ottobre 1992.</ref>.
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===L'inizio della vertenza===
[[File:1920 fabbriche occupate HQ.png|
Il 18 giugno 1920 la [[Federazione Impiegati Operai Metallurgici|FIOM]] presentò alla Federazione degli industriali meccanici e metallurgici un memorandum di richieste, che fu seguito da analoghi memoriali da parte degli altri sindacati operai. Tutti i memoriali concordavano nella richiesta di significativi incrementi salariali volti a compensare l'aumentato costo della vita<ref>{{Cita|Spriano, 1973|pp. 35-37}}.</ref>. L'atteggiamento degli industriali di fronte a tali richieste fu di assoluta e totale chiusura<ref>{{Cita|Spriano, 1973|p. 37-38}}.</ref><ref>{{Cita|Tasca|p. 124}}.</ref><ref>{{Cita|Candeloro|p. 325}}.</ref>; a detta degli imprenditori, il costo derivante dagli aumenti salariali sarebbe stato insostenibile per un settore produttivo che versava già in stato di crisi<ref>{{Cita|Spriano, 1973|p. 38}}.</ref>. A ciò i sindacalisti della FIOM risposero ricordando gli ingentissimi profitti accumulati durante la guerra dalle industrie meccaniche e metallurgiche grazie alle commesse belliche<ref>Secondo i dati riportati da Spriano, ad esempio, il capitale dell'Ilva era decuplicato fra il 1916 e il 1918; il capitale della FIAT era passato da lire {{formatnum:17000000}} nel 1914 a lire {{formatnum:200000000}} nel 1919; il capitale dell'Ansaldo era aumentato da lire {{formatnum:30000000}} nel 1914 a lire {{formatnum:500000000}} nel 1919. {{Cita|Spriano, 1973|p. 38, 40-41}}.</ref>.
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===Le fabbriche occupate===
[[File:Giolitti2.jpg|
Ovunque, la serrata fu puntualmente seguita dall'occupazione degli stabilimenti da parte degli operai. Fra l'1 e il 4 settembre 1920 quasi tutte le fabbriche metallurgiche in Italia furono occupate. Gli operai coinvolti furono più di {{formatnum:400000}} e salirono poi a circa {{formatnum:500000}} quando l'occupazione si estese ad alcuni stabilimenti non metallurgici<ref>{{Cita|Spriano, 1973|p. 63}}.</ref>.
Riga 171:
===La conclusione della vertenza===
[[File:Togliatti giovane.jpg|
Benché nato come vertenza sindacale, il movimento di occupazione delle fabbriche ebbe fin dall'inizio una tale estensione e una tale risonanza da fare sorgere l'esigenza di una sua soluzione politica<ref name="Candeloro4"/>. Mentre gli industriali ponevano lo sgombero degli stabilimenti come pregiudiziale per una ripresa delle trattative con gli operai<ref>{{Cita|Spriano, 1973|p. 92}}.</ref>, gli organismi dirigenti di questi ultimi decisero sul da farsi in una serie di tese e drammatiche riunioni che ebbero luogo a Milano fra il 9 e l'11 settembre 1920.
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{{Citazione|Ho voluto che gli operai facessero da sé la loro esperienza, perché comprendessero che è un puro sogno voler far funzionare le officine senza l'apporto di capitali, senza tecnici e senza crediti bancari. Faranno la prova, vedranno che è un sogno, e ciò li guarirà da pericolose illusioni.|Giovanni Giolitti<ref>{{Cita|Biagi|p. 108}}.</ref>}}
[[File:Gramsci (cropped).png|
Del tutto opposta la valutazione offerta, alcuni anni dopo i fatti, da un altro protagonista della vicenda, Antonio Gramsci, il quale affermò che, nei giorni dell'occupazione, la classe operaia aveva dimostrato la sua capacità di autogovernarsi, aveva saputo mantenere e superare i livelli produttivi del capitalismo, e aveva dato prova di iniziativa e di creatività a tutti i livelli; la sconfitta era stata determinata, secondo l'opinione di Gramsci, non da una presunta incapacità degli operai, bensì da quella dei loro dirigenti politici e sindacali:
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