Guerra civile romana (49-45 a.C.): differenze tra le versioni
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{{citazione|Fino a quando i tre uomini rimarranno solidali non ci sarà né legge né fazione né individuo capace di opporsi al loro volere.|{{cita|Carcopino 1981|p. 222}}.}}
Nel [[59 a.C.]], l'anno del suo
Cesare poté così programmare la fondazione di nuove colonie in Italia e per tutelare i provinciali riformò le leggi sui reati di [[concussione]] (''[[lex Iulia de repetundis]]''),<ref>''[[Digesto]]'', XLVIII,11.</ref> facendo approvare allo stesso tempo delle leggi che favorissero l{{'}}''ordo equestris'': con la ''[[Leges Iuliae#Lex Iulia de publicanis (59 a.C.)|lex de publicanis]]'' egli ridusse di un terzo la somma di denaro che i cavalieri dovevano pagare allo stato, favorendo così le loro attività. Fece infine promulgare una legge che imponeva al senato di stilare le relazioni di ogni seduta (gli ''acta senatus'').<ref>{{cita|Svetonio|''Cesare'', 20.1}}.</ref> In questo modo Cesare si assicurava l'appoggio di tutta la popolazione romana, ponendo le basi per il suo futuro successo.<ref name="Consolato"/>
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Terminato il consolato, grazie all'appoggio dei [[Primo triumvirato|triumviri]], Cesare ottenne con la ''[[Lex Vatinia]]'' del 1º marzo<ref>Proposta dal [[tribuno della plebe]] [[Publio Vatinio]], che poi fu [[legatus|legato]] di Cesare in [[Gallia]].</ref> il [[proconsole|proconsolato]] delle [[provincia romana|province]] della [[Gallia cisalpina]] e dell'[[Illirico romano|Illirico]] per cinque anni, con un [[esercito romano|esercito]] composto da tre [[legione romana|legioni]].<ref>{{cita|Carcopino 1981|p. 231}}.</ref> Poco dopo un [[senatoconsulto]] gli affidò anche la vicina provincia della [[Gallia Narbonense|Narbonense]],<ref>Provincia costituita nel [[121 a.C.]] che comprendeva tutta la fascia costiera e la valle del [[Rodano]], nelle attuali [[Provenza]] e [[Linguadoca-Rossiglione|Linguadoca]].</ref> il cui proconsole, [[Quinto Cecilio Metello Celere]], era morto all'improvviso,<ref>{{cita|Carcopino 1981|p. 232}}.</ref> e una quarta legione.<ref>{{cita|Keppie 1998|pp. 80-81}} ritiene che la ''[[legio X (Cesare)|legio X]]'' fosse posizionata nella capitale della [[Gallia Narbonense]], [[Narbona]].</ref>
Il patto triumvirale venne rinnovato nell'aprile del [[56 a.C.]] in un incontro
{{citazione|[Cesare] stipulò un accordo con Crasso e Pompeo sulle seguenti basi: essi si sarebbero candidati al consolato, Cesare li avrebbe appoggiati mandando a votare un gran numero di soldati. Una volta eletti, i due si sarebbero fatti attribuire province ed eserciti ed avrebbero ottenuto per Cesare la conferma di quelle province che già governava (Gallia cisalpina, Narbonense e Illirico) per altri cinque anni.|{{cita|Plutarco|''Pompeo'', 51}}.}}
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{{vedi anche|Primo triumvirato}}
Dopo gli scontri avvenuti tra le bande di [[Tito Annio Milone]] e [[Publio Clodio Pulcro]], che portarono alla morte di quest'ultimo (18 gennaio del 52 a.C.), Cesare e Pompeo si accordarono segretamente per agire contro Milone. Le azioni che ne seguirono portarono il senato a nominare Pompeo, su proposta di [[Marco Calpurnio Bibulo|Bibulo]] e con l'approvazione di [[Marco Porcio Catone Uticense|Catone]], ''consul sine collega'' per il [[52 a.C.]]
Da questo momento in poi fino al 49 a.C., quando scoppiò la guerra civile, i ''Patres'' e Pompeo tentarono di avvolgere Cesare in una rete di [[senatoconsulto|senatoconsulti]] e [[plebiscito|plebisciti]] che, al termine della pacificazione della Gallia, lo avrebbero costretto ad abbandonare esercito e province prima di Pompeo.<ref>{{cita|Carcopino 1981|p. 364}}; {{cita|Sheppard 2010|p. 11}}.</ref>
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[[File:PompeoMagno.jpg|thumb|upright=1.0|Statua di [[Gneo Pompeo Magno]] conservata a [[Villa Arconati]] ([[Castellazzo di Bollate]]). Si tramanda che Cesare fu ucciso ai piedi di questa statua.]]
Vi è da aggiungere che secondo la ''[[lex Licinia Pompeia]]'' il comando di Cesare era stato equiparato a quello degli altri due triumviri, Crasso e Pompeo, con scadenza al 1º marzo del [[50 a.C.]].<ref>{{cita|Carcopino 1981|p. 364}}; {{cita|Cicerone, ''Epistulae ad familiares''|VIII, 8.9}}; {{cita|Cesare, ''De bello gallico''|VIII, 39}}; {{cita|Cassio Dione|XXXIX, 33.3; XLIV, 43.2}}.</ref> Di fatto la sostituzione proconsolare di ciascun triumviro, in base alle leggi di Gaio Gracco e Silla, prolungava ancora di due anni la durata della carica, che scadeva pertanto il 1 gennaio del [[48 a.C.]]
La vera aspirazione di Cesare era quella di prolungare il proconsolato, finché non avesse assunto la carica di console, passando quindi da proconsole a console, senza quindi doversi presentare a Roma come privato cittadino. Per far ciò avrebbe dovuto candidarsi al consolato "in absentia", procedura ritenuta illegale.<ref>{{cita|Gagliardi 2011|pp. 20–21}}.</ref>
Dopo la morte di Crasso, Pompeo tentò di modificare la situazione a suo vantaggio, abolendo l'obbligo dell'intervallo decennale tra un consolato e l'altro secondo una legge di Silla. È evidente che egli fu enormemente felice di poter riassumere il consolato per la terza volta (nel 52 a.C.), a soli tre anni di distanza dal suo secondo. Cesare non protestò e non pose alcun veto attraverso i "suoi" tribuni della plebe. Qualche storico sostiene che ciò fu dovuto al fatto che la [[Battaglia di Alesia|rivolta di Vercingetorige]] non gli concesse il tempo per protestare. Fu così che quando il proconsole della Gallia capì che la pacificazione di quei territori comportava ancora molto tempo, rinunciò alla seconda candidatura al consolato e chiese che il comando provinciale gli fosse prolungato fino al 31 dicembre del 49 a.C., considerando che a Pompeo era stato prorogato il comando in Spagna fino al 1º gennaio del [[45 a.C.]]<ref>{{cita|Appiano|''Le guerre civili'', II, 24 e 92}}; {{cita|Cassio Dione|XL, 56.2}}; {{cita|Plutarco|''Pompeo'', 55.5; ''Cesare'', 38.3}}; {{cita|Sheppard 2010|p. 12}}.</ref> L'entrata in carica dei nuovi consoli (inizio del 51 a.C.), [[Servio Sulpicio Rufo]] e [[Marco Claudio Marcello (console 51 a.C.)|Marco Claudio Marcello]], vide la proposta di quest'ultimo per sostituire Cesare nelle Gallie dal 1º marzo del 50 a.C., ma i tempi non erano ancora maturi per farlo e la cosa decadde. Allora Marcello nel giugno del 51 a.C. fece fustigare un cittadino di ''[[Como|Novum Comum]]'', un municipio di diritto latino che Cesare aveva elevato a colonia romana, irridendo il proconsole delle Gallie.<ref>{{cita|Carcopino 1981|pp. 365-369}}.</ref>
Fu a questo punto che avvenne la frattura. L'anno seguente (50 a.C.), divenuti consoli [[Gaio Claudio Marcello (minore)|Gaio Claudio Marcello]] (cugino di Marco Claudio Marcello) e [[Lucio Emilio Lepido Paolo]], se da una parte il tribuno della plebe [[Gaio Scribonio Curione]] propose inutilmente che sia Cesare che Pompeo congedassero entrambi i loro eserciti,<ref>{{cita|Cesare, ''De bello gallico''|VIII, 52.4-5}}; {{cita|Livio, ''Periochae''|109}}; {{cita|Appiano|''Le guerre civili'', II, 27}}; {{cita|Cassio Dione|XL, 62}}.</ref> dall'altro il nuovo console Marcello fece inserire nell'ordine del giorno (aprile del 50 a.C.) che il proconsolato di Cesare terminasse, e che si provvedesse a inviare un successore designato per il 13 novembre successivo. Poi, sempre per indebolirlo, il senato per proteggere la [[Siria (provincia romana)|Siria]] contro i Parti decretò che fossero aggiunte due legioni alla provincia orientale, da prelevarsi dai due proconsoli in Occidente. Pompeo si affrettò ad ubbidire, mettendo a disposizione del senato le legioni che nel 53 a.C. aveva prestato a Cesare. Fu così che quest'ultimo dovette inchinarsi al volere del senato e cedere due delle sue legioni (''[[legio I (Pompeo)|legio I]]'' e ''[[legio XV (Cesare)|XV]]''), che furono subito inviate a [[Capua (città antica)|Capua]].<ref>{{cita|Carcopino 1981|pp. 370-372}}; {{cita|Sheppard 2010|p. 12}}.</ref> Cesare aveva ormai capito che il conflitto armato era inevitabile. Dopo avere quindi diviso le truppe nei quartieri invernali, si recò nella Cisalpina a Ravenna in compagnia della ''[[legio XIII (Cesare)|legio XIII]]'', dove fu salutato ''[[imperator]]''. Contemporaneamente diede ordine alle ''[[legio VIII (Cesare)|legio VIII]]'' e ''[[legio XII (Cesare)|XII]]'', che erano accampate a ''[[Matisco]]'', di raggiungerlo.<ref>{{cita|Cesare, ''De bello gallico''|VIII, 55.1}}; {{cita|Cesare, ''De bello civile''|I, 5.6}}; {{cita|Svetonio|''Cesare'', 30}}; {{cita|Appiano|''Le guerre civili'', II, 32.124}}; {{cita|Carcopino 1981|p. 374}}.</ref>
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