Apparato paramilitare del PCI: differenze tra le versioni
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Dal suo letto d'ospedale il capo del PCI, allarmato per le possibili conseguenze sociali e politiche, mandò un messaggio ai propri compagni di partito: «State attenti, non perdete la testa»<ref>{{cita news|autore=Maurizio Caprara|url=http://archiviostorico.corriere.it/1998/luglio/10/Iotti_Quei_quattro_spari_contro_co_0_9807104244.shtml|titolo=Iotti: "Quei quattro spari contro Togliatti|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=10 luglio 1998}}</ref>. Il gruppo dirigente comunista, riunitosi la sera stessa, ribadì il no ad ogni ipotesi di insurrezione armata, che pure aveva cominciato a manifestarsi. Di quella riunione non esiste tuttavia alcun verbale: secondo la testimonianza del figlio Matteo, fu [[Pietro Secchia]] a dare le direttive per bloccare ogni tentativo rivoluzionario, argomentando che «non vogliamo la guerra civile, anche perché non la vogliono i nostri amici»<ref>{{Cita|Rossi e Zaslavsky|p. 253}}.</ref>. Lo stesso Secchia indicò la posizione del PCI riguardo all'ipotesi insurrezionale in un dettagliato resoconto di quelle giornate: 
{{Citazione|[...] Il compagno Togliatti ha avuto occasione di spiegare ripetutamente e l'ultima volta alla Camera nel suo discorso del 10 luglio [[1948]] che "quando un Partito Comunista ritiene che le circostanze oggettive e soggettive pongono all'ordine del giorno la necessità per le forze popolari avanzanti di prendere il potere con le armi, cioè con un'insurrezione, esso proclama questa necessità, lo dice apertamente. Così fecero i [[bolscevichi]] nel [[1917]] e marciarono alla insurrezione a vele spiegate, così abbiamo fatto noi comunisti italiani a partire dal settembre [[1943]], senza nascondere a nessuno la via che avevamo presa e proponevamo al popolo". 
Nella riunione del Consiglio dei ministri del 29 luglio [[1948]] si affermò: 
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