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San Tommaso riprende la distinzione aristotelica fra Essere ed Essenza, rielaborandola con la distinzione fra ''ens per essentiam'' ed ''ens per partecipationem'', centrale in tutta la filosofia scolastica.
{{citazione|dal fatto che una cosa è ente per partecipazione ne segue che è causata da un altro (che è essere per [[essenza (filosofia) |essenza]]): ''ex eo quod aliquis est ens per participationem, sequitur quod sit causatum ab alio''|S. Th., I, q. 44, a. 1, ad 1)}}
{{citazione|dalla prima realtà, aduque, che è bene per essenza, ogni cosa può dirsi buona ente in quanto ''partecipa'' di essa secondo una certa somiglianza, sia pure lontana e in misura limitata [...]. Così, per conseguenza, ogni cosa si dice buona e della bontà Divina, come da prima causa esemplare, efficiente e finale di ogni bontà. |[[Summa contra Gentiles]], I, 6,4}}
Viceversa, il bene per essenza è anteriore al bene per partecipazione, ragione per cui è impossibile quindi che Dio sia composto di materia e di forma, perché la materia è potenza e principio individuativo, e partecipazione alla forma. Le forme che possono essere ricevute dalla materia sono rese individuali per mezzo della materia, che non può essere ricevuta in un altro soggetto, essendo essa stessa il primo sostrato [della realtà corporea]; la forma invece, di per sé, se non vi sono ostacoli, può essere ricevuta in più soggetti. Quella forma però che non può essere ricevuta dalla materia ed è di per sé sussistente ha la sua individuazione per il fatto stesso che non può essere ricevuta in un altro soggetto.<br />
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