Processo di Bobigny: differenze tra le versioni

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== Il processo ==
Durante questoil processo vennero giudicate Marie-Claire Chevalier per aver interrotto la gravidanza, come complici la madre Michèle, le duesue colleghe della metro della medesima e Madame Bambuck per aver procurato l'aborto alla giovane ragazza<ref name=":1" />. Lo storico [[Giambattista Scirè]] ha descritto questo caso come: «uno dei tanti in cui l'indigenza e l'ignoranza avevano portato una ragazza a una gravidanza indesiderata e poi all'aborto»<ref>{{Cita libro|autore=Giambattista Scirè|titolo=L’aborto in Italia. Storia di una legge|anno=2008|editore=Mondadori|città=Milano|p=36|ISBN=9788861595231}}</ref>.
[[File:Gisele Halimi Front de Gauche 2009-03-08.jpg|miniatura|L'avvocata femminista franco-tunisina Gisèle Halimi]]
Il processo avvenne in due momenti: Marie-Claire dovette presentarsi presso il Tribunale dei minori di Bobigny l'11 ottobre per essere giudicata, mentre le altre accusate il 22 novembre<ref name=":1" />. In entrambi i casi la difesa venne gestita gratuitamente dall'avvocata franco-tunisina Gisèle Halimi.
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L'11 ottobre 1972 iniziò il processo a Marie-Claire Chevalier, il quale divenne un «clamoroso processo all'aborto»<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=VII}}</ref>. A difendere la ragazza ci pensò l'avvocata franco-tunisina Gisèle Halimi, la quale si sentì pienamente coinvolta dalla questione a tal punto da volerla difendere gratuitamente, lei stessa disse nella propria arringa: «Ebbene, ciò che tento di esprimere oggi qui, è che mi identifico precisamente e totalmente con la signora Chevalier e con queste tre donne che la legge definisce complici, con queste donne presenti all’udienza, con le donne che manifestano nelle piazze, con i milioni di donne francesi e di altri paesi. Esse sono la mia famiglia, sono la mia battaglia, sono la mia pratica quotidiana»<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=142}}</ref>.
 
Halimi proseguìdefinì nella propria arringa negando ogni valore alla legge del 1920, ancora vigente, che criminalizzava la pratica abortiva. Infatti, essa veniva continuamente violata da migliaia di donne, per questo motivo non potèpoté più essere considerata valida<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|pp=146-147}}</ref>.
 
L'avvocata sostenne inoltre che questa legge condannòcondannava solamente le donne povere, coloro che, come Marie-Claire, non poterono permettersi di abortire in modo sicuro e legale nelle cliniche svizzere o inglesi<ref name=":10">{{Cita pubblicazione|autore=L. Bo|data=12 ottobre 1972|titolo=Assolta una giovane che aveva abortito|rivista=Il Corriere della Sera|volume=a. 97|numero=n. 226|p=19}}</ref>. Halimi proseguì sostenendo che la ragazza non ricevette un'adeguata [[educazione sessuale]], in quanto la madre non ebbe i mezzi per impartirgliela e nelle scuole non si insegnava. L'altro tragico problema che gravò su tutte le donne è quello che riguardò la contraccezione che, nonostante fosse resa legale nel 1967 per mezzo della Loi Neuwirth, avveniva per lo più in modo clandestino<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=152}}</ref>.
 
Halimi considerò la legge del 1920 come «la pietra di paragone dell'oppressione che colpisce la donna»<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=143}}</ref>, questo perché venne tolto alle donne il «diritto di scegliere di dare la vita»<ref>{{Cita libro|autore=Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli|curatore=Associazione «Choisir»|titolo=Un caso di aborto: il processo Chevalier|data=1974|editore=Einaudi|città=Torino|p=166}}</ref>.
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Inoltre, l'altra tesi sostenuta dai testimoni, in particolare dal biologo Rostand, dal premio Nobel Jacob e dal prof. Monod, fu quella di smontare l'ipocrisia che si cela dietro alla rappresentazione dell'aborto come infanticidio<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Pinuccia Bonetti|data=10 dicembre 1972|titolo=Tutta Parigi con lei|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|pp=24-25}}</ref>, posizione difesa dalla Chiesa<ref>{{Cita libro|autore=Giambattista Scirè|titolo=L'aborto in Italia. Storia di una legge|anno=2008|editore=Mondadori|città=Milano|pp=20-24|ISBN=9788861595231}}</ref>.
 
Grazie all'avvocata Halimi, sostenuta dall'istanza testimoniale, alla fine del processo: Michèle venne punita con «una multa per lei (che non dovrà pagare), una pena simbolica per Madame Bambuck, l'assoluzione per le altre»<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Pinuccia Bonetti|data=10 dicembre 1972|titolo=Tutta Parigi con lei|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=25}}</ref>.
 
=== L'importanza del processo ===
Il processo di Bobigny, dal punto di vista mediatico, fu un successo. Per settimane esso catalizzò l'attenzione dei media, l'aborto divenne il centro del dibattito pubblico non solo francese, o europeo, ma addirittura occidentale. Infatti, gli Stati Uniti seguirono con attenzione lo svilupparsi del dibattito attorno a questo tema. Questo perché, solo pochi mesi dopo, ci sarà la sentenza della [[Corte suprema degli Stati Uniti d'America|Corte Suprema]] [[Roe contro Wade|Roe vs Wade]] del 1973.
 
In primo luogo, il punto di forza dell'arringa dell'avvocata Halimi fu che riuscì a rendere la storia privata di Marie-Claire eredità di tutte le donne e dell'umanità intera<ref>{{Cita libro|autore=Maud Anne Bracke|titolo=La nuova politica delle donne. Il femminismo in Italia 1968-1983|anno=2019|editore=Edizioni di Storia e Letteratura|città=Roma|p=112|ISBN=9788893592024}}</ref>, che la storica Lorenza Perini descrive così: «“la donna” diventa “le donne”, il suo caso diventa la condizione di tutte, il suo scontro con il Codice Penale diventa il problema dei diritti di uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge»<ref name=":8">{{Cita libro|autore=Lorenza Perini|titolo=ll corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto|anno=2014|editore=BraDypUs|città=Bologna|p=32|ISBN=9788898392148}}</ref>.
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Il dibattito che si creò attorno al processo, diffuso attraverso i media, portò i suoi frutti. Infatti già nel dicembre 1974, il ministro della Sanità del governo [[Jacques Chirac|Chirac]] [[Simone Veil]], propose una legislazione, ricordata con il nome Loi Veil, per la depenalizzazione dell'aborto, approvata il 1 gennaio 1975<ref>{{Cita libro|autore=Lorenza Perini|titolo=Il corpo del reato. Parigi 1972 - Padova 1973: storia di due processi per aborto|data=2014|editore=BraDypUs|città=Bologna|p=72|ISBN=9788898392148}}</ref>.
 
=== IlGli dibattitoechi sull'abortodel processo in Italia ===
== Quante Marie-Claire in Italia?<ref name=":4">{{Cita pubblicazione|autore=Gabriella Lapasini|data=10 dicembre 1972|titolo=Quante Marie Claire in Italia?|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=20}}</ref> ==
 
=== Il dibattito sull'aborto in Italia ===
Il dibattito costruito in Francia, attorno alla piaga dell'aborto clandestino grazie al processo di Bobigny, uscì dai confini e arrivò anche in Italia, dove, anche qui stavano avvenendo manifestazioni, organizzate dalle organizzazioni femministe, per chiedere la legalizzazione della pratica abortiva<ref>{{Cita libro|autore=Giambattista Scirè|titolo=L’aborto in Italia. Storia di una legge|data=2008|editore=Mondadori|città=Milano|p=46|ISBN=9788861595231}}</ref>.
 
L'esito del processo contro Marie-Claire e il successo mediatico dello stesso entusiasmò le militanti che, già a partire dal 1971, avevano iniziato a organizzare iniziative per rendere l'aborto libero, legale e sicuro. In Italia, l'interruzione di gravidanza, infatti, era punita, fino al 1978, dal X titolo «Dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe» del [[Codice penale Rocco]] del 1930, risalente al periodo fascista<ref>{{Cita libro|autore=Giambattista Scirè|titolo=L’aborto in Italia. Storia di una legge|data=2008|editore=Mondadori|città=Milano|p=7|ISBN=9788861595231}}</ref>.
 
L'evento oltralpe, venne reso noto in Italia grazie ai giornali e grazie al periodico «[[Noi donne|Noi Donne]]». In quest'ultimo, infatti, vi furono, nel numero 49 del 1972, due inchieste dedicate al processo di Bobigny: la prima, dal titolo ''Tutta Parigi con lei'', fu scritta da Pinuccia Bonetti, la seconda, di notevole importanza, fu scritta da Gabriella Lapasini e intitolata ''Quante Marie Claire in Italia?''<ref name=":4">{{Cita pubblicazione|autore=Gabriella Lapasini|data=10 dicembre 1972|titolo=Quante Marie Claire in Italia?|rivista=Noi Donne|volume=a. XXVII|numero=n. 49|p=20}}</ref>''.''
 
[[File:"Di chi è la pancia di questa donna?" (To whom does the body of this woman belong?).jpg|sinistra|miniatura|Manifesto del Movimento Femminista stampato in occasione del processo a Gigliola Pierobon, celebrato a Padova il 5 e il 6 giugno 1973.]]
L'inchiesta di Gabriella Lapasini permise di utilizzare il caso Chevalier come mezzo per parlare dell'aborto clandestino all'interno del contesto italiano. Marie-Claire venne presa come: «un emblema: una figura che riassume in sé anche le vicende e le difficili storie di centinaia di altre Marie Claire del nostro paese»<ref name=":4" />. L'obiettivo del periodico è «rivendicare il diritto della donna a decidere della propria maternità con consapevolezza», inoltre vuole: «rivendicare alla maternità un preciso valore sociale»<ref name=":4" />. La donna, quindi, non deve più essere lasciata sola di fronte a una gravidanza.
 
Il caso Chevalier, inoltre, divenne il modello preso dalle militanti del gruppo padovano «[[Lotta femminista]]» nel giugno 1973 per gestire nel migliore dei modi un processo simile, poiché il reato compiuto era sempre l'aborto, ma allo stesso dissimile per l'esito, che coinvolse la padovana [[Gigliola Pierobon]], la quale nella propria autobiografia scrisse: «Bisogna assolutamente che ci teniamo in contatto da un paese all'altro anche per poterci comunicare le informazioni e le esperienze che ci permetteranno di evitare gli scogli del riformismo»<ref>{{Cita libro|autore=Gigliola Pierobon|titolo=Il processo degli angeli (Storia di un aborto)|data=1974|editore=Tattilo|città=Roma|p=69}}</ref>.
 
=== In conclusione... ===
In conclusione, il processo che portò alla depenalizzazione dell'aborto, in Occidente, fu un [[fenomeno politico-culturale transnazionale]]. I collettivi femministi occidentali si sostennero a vicenda. Ciò che accumunava queste militanti fu la consapevolezza di essere oppresse, solamente perché donne. Questa condizione permise alle attiviste di creare e consolidare negli anni una forte collaborazione tra diversi gruppi femministi non solo all’interno dello stesso stato. Questo perché la lotta per i propri diritti era più forte dei limitati confini nazionali.
 
Vista la frequenza con cui il fenomeno avvenne nei diversi paesi occidentali nel corso degli anni Settanta, la questione doveva essere sottoposta con urgenza alle istituzioni. Di aborto bisognava parlarne per far capire a tutti i cittadini e a tutte le cittadine che il problema era incombente, serio e ampio. Così, grazie alla condivisione e alla diffusione delle iniziative, si è superata, in molti paesi occidentali, la legislazione che considerava l'interruzione di gravidanza un crimine.
 
== Note ==
<references />
== Bibliografia ==
=== Fonti dell'epoca (fonti primarie) ===
* Carlo Cavicchioli, ''Cortei e scontri a Parigi per un'imputata d'aborto'', in «La Stampa», a. 106, n. 224, 12 ottobre 1972, p. 13.
* Gabriella Lapasini, ''Quante Marie Claire in Italia?'', in «Noi Donne», a. XXVII, n. 49, 10 dicembre 1972, p. 20.
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*Traduzione di Vittoria Nencini Baranelli, ''Un caso di aborto: il processo Chevalier'', a cura di Associazione «Choisir», Torino, Einaudi, 1974.
 
=== Saggi e Studi (fontiFonti secondarie) ===
 
* Bibia Pavard, ''The Right to Know? The Politics of Information about Contraception in France (1950s–80s)'', in ''Medical History'', vol. 63, n. 2, 2019, pp. 173-188, DOI:10.1017/mdh.2019.4.