Locarno: differenze tra le versioni

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La capitolazione è solo rinviata di qualche anno, poiché, con la [[Pace di Friburgo]], nel [[1516]] la zona a capo del [[Lago Maggiore|Verbano]] viene ceduta ai Confederati. Inizia l'epoca [[Balivo|balivale]], che durerà fino al [[1798]] e che, se assicurerà stabilità in un momento che oltre confine sarà molto turbolento, isolerà il [[Locarnese]] dal positivo fervore dell'[[illuminismo]] austriaco. Simbolicamente, si vorrebbe far coincidere il lungo periodo di [[decadenza]] che segue con la quasi completa distruzione del castello, ossia l'emblema stesso della potenza cittadina, decisa dai nuovi occupanti nel [[1531]]. Tuttavia, a dare inizio allo stillicidio di sciagure che si abbatteranno sulla regione è, nel [[1515]], il crollo, dovuto a una piena, del ponte della Torretta di [[Bellinzona]], da dove transitavano genti e merci con destinazione non solo una Locarno fiorente di traffici e commerci, ma l'intera [[Lombardia]], a cui si accedeva dalla comoda via lacuale.
 
Nei decenni seguenti, portata da profughi sfuggiti all'[[inquisizione]] milanese, s'infiltra, si diffonde e attecchisce la dottrina [[protestante]]. Per sedare le lotte che oppongono [[cattolico|cattolici]] e [[riforma protestante|riformati]], i padroni elvetici impongono a questi ultimi di rinunciare alla nuova religione o di lasciare la loro terra. Alcune centinaia di loro scelgono l'esilio e il 3 marzo [[1555]] abbandonano Locarno, tra gli altri, molti esponenti dei casati più influenti: Appiani, Duni, Marcacci, Muralti, Orelli, Trevani... . Il borgo perde così buona parte della sua classe dirigente, composta in prevalenza da intellettuali e mercanti].<ref>Due saggi, pubblicati in concomitanza col 450º anniversario della cacciata, trattano approfonditamente e con rigore storico il tema: cfr.: Simona Canevascini e Piero Bianconi, ''L'esilio dei protestanti locarnesi'', Armando Dadò Editore, Locarno [[2005]], e Ferdinand Meyer, ''La comunità riformata di Locarno e il suo esilio a [[Zurigo]] nel [[XVI secolo]]'', Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2005.</ref>.
 
A cavallo tra il 1576 e il 1577 infierì la peste e la popolazione calò ulteriormente e drasticamente. La testimonianza è quella di San [[Carlo Borromeo]] che nel 1584, poco prima della morte, scrive: «''Con questa occasione'' (la fondazione del Collegio Papio d'[[Ascona]], n.d.r.) ''ho consolato ancora, in quel poco che io ho possuto, quei poveri uomini di Locarno, la quale terra è restata tanto desolata dalla [[peste]], che di 4.800 anime che v'erano, ve ne sono restate 700; e ancora non è finita...''».