}}
== BiografiaVIVA LA MAFIA! ==
Viva la famiglia Calò!!!
Nato e cresciuto a [[Palermo]], è nipote di [[Paolo Calò]], storico [[Portiere (calcio)|portiere]] del [[Palermo Football Club|Palermo Calcio]] (accusato da [[Tommaso Buscetta]] di essere anche lui mafioso)<ref name=":5">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/12/02/buscetta-pippo-calo-mafioso-pentiti.html|titolo=BUSCETTA A PIPPO CALO' 'MAFIOSO, PENTITI' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=2 dicembre 1994|lingua=it|accesso=5 dicembre 2022}}</ref>. Ha lavorato come commesso in un negozio di vendita di tessuti e in seguito lavorò anche come macellaio e barista. All'età di diciotto anni, Calò si segnalò per aver inseguito e ferito a colpi di [[pistola]] l'assassino del padre, Francesco Scaletta, per il quale finì in carcere per la prima volta<ref name=":0" />. Scaletta venne poi crivellato di colpi in un successivo agguato, probabilmente per mano di [[Gerlando Alberti]] e Salvatore Filippone, figlio del boss Gaetano<ref name=":82">{{Cita web|url=https://archivio.unita.news/assets/main/1957/04/04/page_002.pdf|titolo=Rievocato in Assise a Palermo il delitto del "Piccolo moka"|editore=L'Unità|data=4 aprile 1957}}</ref>. Per queste sue peculiarità, all'età di 23 anni, Calò venne affiliato nella ''[[Famiglia (mafia)|famiglia]]'' [[Cosa nostra|mafiosa]] di [[Porta Nuova (Palermo)|Porta Nuova]], prestando giuramento tra le mani di [[Tommaso Buscetta]], e iniziò numerose attività in imprese legali come rappresentante di tessuti a [[Palermo]], aprì un bar e si occupò di un distributore di benzina (rilevato con un socio, Salvatore Maggiolini, cui cedette l'attività con un ricavato di 6 milioni delle vecchie lire). Calò ebbe un figlio [[Disabilità|disabile]] morto in giovane età<ref name=":0">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/10/06/dieci-anni-di-onorata-latitanza-per-il.html|titolo=DIECI ANNI DI ONORATA LATITANZA PER IL CAPO-FAMIGLIA PIPPO CALO' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=6 ottobre 1984|lingua=it|accesso=23 novembre 2022}}</ref>.
=== Attività criminale ===
Nel 1963 venne scelto come nuovo capo della ''[[Famiglia (mafia)|famiglia]]'' di [[Porta Nuova (Palermo)|Porta Nuova]] in seguito alla morte per vecchiaia del boss Gaetano Filippone. Sempre nello stesso anno, venne denunciato per [[associazione a delinquere]] insieme a [[Gerlando Alberti]] e altri mafiosi<ref name=":0" />. In questo periodo Calò divenne il principale fiancheggiatore del ''boss'' [[Luciano Liggio]] e del suo vice [[Salvatore Riina]]: secondo le concordi testimonianze di [[Tommaso Buscetta]] e [[Leonardo Vitale]], l'omicidio del procuratore [[Pietro Scaglione]] venne eseguito dagli stessi Liggio e Riina nel quartiere Danisinni, territorio della ''[[cosca]]'' di Calò, che fornì anche i suoi uomini per il sequestro del costruttore [[Luciano Cassina]] ordinato da Riina<ref name=":1">{{cita web|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/10/03/leggio-spacco-in-due-cosa-nostra.html|titolo=E LEGGIO SPACCO' IN DUE COSA NOSTRA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=3 ottobre 1984|lingua=it|accesso=}}</ref>. Arrestato per il sequestro Cassina, Calò fu rilasciato in libertà provvisoria dopo soli venti giorni di detenzione e nel 1973 fu accusato da [[Leonardo Vitale]] (definito "''il [[Joe Valachi]] di [[Altarello (Palermo)|Altarello]]''") di diversi reati (dall'[[omicidio]] alle [[Estorsione|estorsioni]]), costringendolo a darsi alla latitanza.<ref name=":0" />
Nel 1974, quando venne ricostruita la cosiddetta "[[Commissione interprovinciale|Commissione]]", Calò entrò a farne parte come capo del [[Mandamento (cosa nostra)|mandamento]] di [[Porta Nuova (Palermo)|Porta Nuova]], che comprendeva le [[Famiglia (mafia)|famiglie]] di [[Borgo Vecchio (Palermo)|Borgo Vecchio]], Palermo centro e [[Porta Nuova (Palermo)|Porta Nuova]].<ref name=":1" />
Secondo le indagini, a metà degli [[Anni 1970|anni '70]] Calò rafforzò i rapporti con figure storiche della [[Camorra|Camorra napoletana]], come [[Lorenzo Nuvoletta]], allora uno dei più potenti capi di tutta la [[Campania]] e [[Clan Lubrano-Ligato|Vincenzo Lubrano]], fedelissimo di Nuvoletta.<ref>{{Cita web|url=https://www.stylo24.it/casalesi-nuvoletta-mafia-roma/|titolo=Il padrino chiamato Salamandra e il giudice scomodo da fermare|autore=Redazione|sito=Stylo24 - Ultime Notizie su Napoli e la Campania|data=2018-11-01|lingua=it|accesso=2023-09-14}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://internapoli.it/9506-morto-il-boss-amico-di-riina/|titolo=Morto il boss amico di Riina|autore=Redazione Internapoli|sito=Internapoli.it|data=2007-09-03|lingua=it|accesso=2023-09-14}}</ref>
Secondo la testimonianza di [[Giovanni Brusca]], Calò era molto amico di [[Stefano Bontate]] e di [[Salvatore Inzerillo]], ma se ne distaccò nel 1980, quando uccisero il Procuratore della Repubblica [[Gaetano Costa]] nel suo territorio senza il suo permesso<ref name=":2" />. Quindi si avvicinò ai [[Clan dei Corleonesi|Corleonesi]] di [[Salvatore Riina|Totò Riina]] e cercò di convincere Buscetta a passare dalla loro parte ma con scarso successo.<ref name=":1" />
=== Il trasferimento a Roma: la banda della Magliana, l'eversione nera e i legami con il mondo imprenditoriale e finanziario ===
{{Vedi anche|Banda della Magliana|Crack del Banco Ambrosiano|Strage del Rapido 904}}
All'inizio degli anni settanta Calò si trasferì a [[Roma]] sotto la falsa identità di ''Mario Aglialoro'' e si legò alla [[Banda della Magliana]], tenendo rapporti con frange eversive dell'[[estrema destra]] e ambienti finanziari. Infatti, secondo la testimonianza di [[Maurizio Abbatino]], nel primo periodo a [[Roma]], Calò si occupò inizialmente del gioco clandestino e poi, insieme al ''boss'' [[Stefano Bontate]], controllò la distribuzione dell'[[eroina]] ai gruppi malavitosi di [[Testaccio]], della [[Magliana]] e di [[Ostia (Roma)|Ostia]]-[[Acilia]]; dopo l'uccisione di Bontate da parte dei [[Clan dei Corleonesi|Corleonesi]], il traffico di eroina dalla [[Sicilia]] a [[Roma]] continuò, controllato soltanto da Calò.<ref name=":2">{{Cita news|url=http://www.philipwillan.com/images/calvi%5B1%5D.pdf|titolo=Motivazione della sentenza per il processo per l'omicidio di Roberto Calvi - Tribunale di Roma|urlarchivio=https://archive.is/20140102110216/www.philipwillan.com/images/calvi%5B1%5D.pdf|dataarchivio=2 gennaio 2014|urlmorto=sì}}</ref>
Tuttavia il grosso degli investimenti di Calò riguardava il [[mercato immobiliare]]: servendosi di costruttori-prestanome (come Danilo Sbarra e Luigi Faldetta), avviò diverse [[Speculazione edilizia|speculazioni edilizie]] in [[Sardegna]] insieme a due faccendieri appartenenti alla [[Banda della Magliana]], [[Domenico Balducci]] e [[Ernesto Diotallevi]], e con l'aiuto determinante di [[Flavio Carboni]], il quale, grazie ai suoi legami [[Politico|politici]] e [[Massoneria|massonici]], procurava le licenze, le autorizzazioni e nuovi soci in affari; l'obiettivo del gruppo era [[Riciclaggio di denaro|riciclare il denaro]] proveniente dai sequestri di persona e dal traffico di eroina<ref name=":3">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/10/05/killer-neri-camorristi-007-nuovi-vassalli-di.html|titolo=KILLER NERI, CAMORRISTI E 007 I NUOVI 'VASSALLI' DI DON CALO' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=5 ottobre 1985|lingua=it|accesso=23 novembre 2022}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://espresso.repubblica.it/inchieste/2018/02/23/news/berlusconi-e-la-mafia-la-vera-storia-della-villa-in-sardegna-1.318648/|titolo=Berlusconi e la mafia: la vera storia della villa in Sardegna|sito=L'Espresso|data=23 febbraio 2018|lingua=it|accesso=26 novembre 2022}}</ref><ref name=":2" />. Calò cercò anche di accaparrarsi la cosiddetta ''operazione Siracusa'' (il progettato risanamento del [[centro storico]] e del porto di [[Isola di Ortigia|Ortigia]]), per la quale creò diverse società insieme a Carboni e versò diversi milioni di lire a Balducci come anticipo: tuttavia, l'operazione non andò in porto e, siccome Balducci non volle restituire la somma versata, nel 1981 Calò lo fece assassinare dai testaccini [[Danilo Abbruciati]], [[Enrico De Pedis]] e [[Raffaele Pernasetti]].<ref name=":2" />
Le indagini sull'omicidio di [[Domenico Balducci]] e sugli affari ambigui di [[Flavio Carboni]], condotte dal giudice [[Ferdinando Imposimato]], fecero emergere la galassia di interessi economici che ruotavano intorno alla figura di ''Mario Aglialoro'' (identificato in Calò solo dopo le dichiarazioni di [[Tommaso Buscetta]]) e, per ritorsione a queste inchieste, fu assassinato nel 1983 il fratello del magistrato, il sindacalista [[Franco Imposimato]].<ref name=":8">{{Cita web|url=https://archivio.unita.news/assets/main/1984/12/08/page_006.pdf|titolo=Gli amici e i segreti di Pippo Calò|editore=L'Unità|data=8 dicembre 1984}}</ref><ref name=":3" /><ref name=":4" /><ref name=":2" />
In particolare, secondo quanto riferiscono i collaboratori di giustizia [[Tommaso Buscetta]] e [[Francesco Marino Mannoia]], Calò, grazie alle sue conoscenze negli ambienti finanziari, curava gli interessi economici del [[clan dei Corleonesi]] di [[Totò Riina]], avvalendosi di [[Roberto Calvi]] e [[Licio Gelli]] per il [[Riciclaggio di denaro|riciclaggio di denaro sporco]], che veniva investito nello [[Istituto per le Opere di Religione|IOR]] e nel [[Banco Ambrosiano]], la banca di Calvi<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1998/luglio/08/Mannoia_Gelli_riciclava_Vaticano_soldi_co_0_9807084205.shtml Mannoia: " Gelli riciclava in Vaticano i soldi di Riina "<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref><ref name="autogenerato1">{{Cita web|url=http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=cronologiaCalvi|titolo=Il caso Calvi, un mistero italiano<!-- Titolo generato automaticamente -->|accesso=18 febbraio 2013|dataarchivio=21 gennaio 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130121203247/http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=cronologiaCalvi|urlmorto=sì}}</ref><ref name=":2" />. Nel 1981, a seguito del fallimento definitivo del [[Banco Ambrosiano]], Calvi cercherà di salvare il denaro investito da Calò per conto degli altri ''boss'', andato perduto nella [[bancarotta]], però i suoi tentativi falliranno. Nel 1982 [[Roberto Rosone]], vicepresidente del [[Banco Ambrosiano]] subentrato a Calvi, sopravvisse a un agguato compiuto da esponenti della [[Banda della Magliana]] legati a Calò; Calvi partì per [[Londra]], forse per tentare un'azione di ricatto dall'estero mirata al recupero dei capitali persi, ma il 18 giugno 1982 venne ritrovato impiccato sotto il [[Ponte dei Frati Neri|Blackfriars Bridge]].<ref name="autogenerato1" />
Secondo il collaboratore di giustizia [[Gioacchino Pennino]], uno degli uomini di fiducia di Calò nella capitale fu l'imprenditore palermitano [[Gaspare Gambino]], presidente del [[Palermo Calcio]] nei primi [[Anni 1980|anni '80]] e poi della [[Ternana Calcio]], il quale avrebbe curato il [[riciclaggio di denaro sporco]] e tenuto i contatti con i politici e con gli esponenti di primo piano della [[banda della Magliana]].<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1995/10/30/morto-roma-gaspare-gambino-boss-mafioso.html|titolo=E' MORTO A ROMA GASPARE GAMBINO BOSS MAFIOSO LEGATO A CALO' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=30 ottobre 1995|lingua=it|accesso=16 aprile 2023}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/06/12/anche-il-palermo-calcio-era-in-mano.html|titolo=ANCHE IL PALERMO CALCIO ERA IN MANO A COSA NOSTRA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=12 giugno 1997|lingua=it|accesso=16 aprile 2023}}</ref> Inoltre, come dichiarato dal collaboratore di giustizia [[Angelo Siino]] al [[processo Andreotti]], Calò, al pari di Bontate, sarebbe stato in stretti rapporti d'amicizia con il deputato andreottiano [[Francesco Cosentino]] (segretario generale della [[Camera dei deputati (Italia)|Camera dei deputati]] e affiliato alla [[P2|loggia P2]] di [[Licio Gelli]], nonché "autore" del famigerato ''[[Piano di rinascita democratica]])''<ref name=":102">{{Cita web|url=http://legxiv.camera.it/_dati/leg14/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/023/016t02_RS/00000044.pdf|titolo=Sentenza Andreotti|accesso=21 marzo 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211218201039/http://legxiv.camera.it/_dati/leg14/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/023/016t02_RS/00000044.pdf|dataarchivio=18 dicembre 2021|urlmorto=sì}}</ref> e, secondo la testimonianza di [[Francesco Marino Mannoia]], avrebbe pure procurato un [[Dipinto|quadro]] di valore, che sarebbe stato regalato poi da Bontate allo stesso Andreotti, circostanza ritenuta come "''non provata con certezza''" nel processo a carico dello statista democristiano.<ref name=":102"/>
Nel 1983 Calò venne arrestato alla frontiera di [[Ponte Chiasso]] perché esibì documenti falsi ma non venne riconosciuto e quindi rilasciato.<ref name=":0" />
Colpito da un mandato di cattura firmato dal giudice [[Giovanni Falcone]] a seguito delle rivelazioni dei pentiti [[Tommaso Buscetta|Buscetta]] e [[Salvatore Contorno|Contorno]], Calò organizzò il 23 dicembre 1984 l'esplosione di una bomba sul treno [[Napoli]]-[[Milano]] con 16 morti e 267 feriti (la cosiddetta [[Strage del Rapido 904]] o ''strage di Natale''), per deviare l'attenzione dell'[[opinione pubblica]] dalle dichiarazioni dei due pentiti.<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/01/14/in-aula-un-pentito-conferma-fu.html|titolo=E IN AULA UN PENTITO CONFERMA 'FU CALO' A ORDINARE LA STRAGE' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=14 gennaio 1989|lingua=it|accesso=23 novembre 2022}}</ref><ref name="ReferenceC">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/01/04/sulmona-un-altro-suicidio-in-cella.html?ref=search|titolo=Sulmona, un altro suicidio in cella - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=4 gennaio 2005|lingua=it|accesso=}}</ref><ref>https://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2005/01/03/Cronaca/Nera/SULMONA-SUICIDA-IN-CARCERE-GUIDO-CERCOLA-CONDANNATO-PER-STRAGE-904_114031.php</ref><ref>https://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2005/01/03/Cronaca/SULMONA-SUICIDA-IN-CARCERE-GUIDO-CERCOLA-CONDANNATO-PER-STRAGE-904-2_121304.php</ref><ref>https://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2005/01/03/Cronaca/Nera/SULMONA-CHI-ERA-GUIDO-CERCOLA-IL-BRACCIO-DESTRO-DI-PIPPO-CALOSCHEDA_152734.php</ref><ref>https://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2005/01/03/Cronaca/Nera/SULMONA-CHI-ERA-GUIDO-CERCOLA-IL-BRACCIO-DESTRO-DI-PIPPO-CALOSCHEDA-2_152737.php</ref><ref>{{Cita web|url=https://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2005/01/03/Cronaca/Nera/SULMONA-CHI-ERA-GUIDO-CERCOLA-IL-BRACCIO-DESTRO-DI-PIPPO-CALOSCHEDA-2_152737.php|titolo=SULMONA: CHI ERA GUIDO CERCOLA, IL BRACCIO DESTRO DI PIPPO CALO'/SCHEDA (2)|sito=www1.adnkronos.com|accesso=7 dicembre 2022}}</ref>
=== L'arresto ===
Il 30 marzo 1985, dopo dodici anni di latitanza, Calò fu arrestato dagli uomini della [[Squadra mobile]] di [[Roma]] mentre rincasava nel suo appartamento in viale Tito Livio, in zona [[Balduina]], in compagnia dei mafiosi [[Antonino Rotolo]] e Lorenzo Di Gesù<ref name=":9">{{cita news|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/03/31/riciclava-soldi-delle-cosche-sulla-mafia-sa.html|titolo = Riciclava soldi delle cosche. Sulla mafia sa più di Buscetta|nome = Franco|cognome = Recanatesi|giornale = la Repubblica|giorno = 31|mese = marzo|anno = 1985|accesso = 13 febbraio 2018}}</ref><ref name=":4">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/04/02/calo-stava-per-fuggire-da-roma-una.html|titolo=CALO' STAVA PER FUGGIRE DA ROMA UNA 'TALPA' L'AVEVA AVVERTITO? - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=2 aprile 1985|lingua=it|accesso=26 novembre 2022}}</ref>. Nel corso delle perquisizioni, furono sequestrati 380 milioni di lire in contanti, gioielli e quadri di [[Renato Guttuso]] e [[Pompeo Batoni|Girolamo Batoni]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/06/11/calo-ambasciatore-dei-corleonesi.html|titolo=CALO', L''AMBASCIATORE' DEI CORLEONESI A ROMA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=11 giugno 1993|lingua=it|accesso=3 dicembre 2022}}</ref><ref name=":9" />. L'11 maggio la [[polizia]] perquisì anche un edificio rustico presso [[Poggio San Lorenzo]], in provincia di [[Rieti]], acquistato da Calò attraverso il suo [[prestanome]] Guido Cercola: furono trovati alcuni chili di [[eroina]], un apparato ricetrasmittente, delle batterie, alcuni apparecchi radio, antenne, cavi, armi e diversi tipi di esplosivo, risultati compatibili con quelli utilizzati nella [[strage del Rapido 904]].<ref>{{cita news|url = http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/05/12/la-centrale-dell-eroina-in-una-villa.html|titolo = La 'centrale' dell'eroina in una villa di Don Calò|giorno = 12|mese = maggio|anno = 1985|nome = Claudio|cognome = Gerino|giornale = la Repubblica|accesso = 13 febbraio 2018}}</ref>
=== Il carcere e la dissociazione ===
Nell'ottobre 1993, Calò, nel corso di un'audizione dinanzi alla [[Commissione stragi]] presieduta da [[Libero Gualtieri]], si proclamò estraneo alla [[strage del Rapido 904]] e affermò di essere interessato alla riapertura del processo, lasciando balenare l’intenzione di voler fare delle dichiarazioni "''importanti''": lanciò infatti ambigui messaggi affermando con linguaggio criptico che [[Piero Luigi Vigna|Pier Luigi Vigna]] – il pm della Procura di [[Firenze]] che lo fece condannare – "''è stato cattivo''" e che "''la mafia non c'entra con quella strage: traete voi le conseguenze e chiedetevi chi ha fatto scappare Schaudinn'' (l'artificiere della strage n.d.r.)"<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/10/22/calo-le-bombe-la-mafia.html|titolo=CALO': 'LE BOMBE? LA MAFIA NON C'ENTRA' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=22 ottobre 1993|lingua=it|accesso=29 novembre 2022}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/10/30/messaggio-di-morte-di-calo-rafforzata-la.html|titolo=MESSAGGIO DI MORTE DI CALO' RAFFORZATA LA SCORTA A VIGNA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=30 ottobre 1993|lingua=it|accesso=29 novembre 2022}}</ref>.
Nel settembre 2001, in una lettera inviata alla [[corte d'assise d'appello]] di [[Caltanissetta]] durante il processo d'appello ''Borsellino-ter'', Calò ammise per la prima volta di aver fatto parte di [[Cosa nostra]], comunicando la scelta di dissociarsi dall'organizzazione mafiosa, pur senza accusare nessuno.<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/online/cronaca/pippocalo/pippocalo/pippocalo.html|titolo=la Repubblica/cronaca: Il cassiere di Cosa Nostra 'Mi dissocio ma non mi pento'|sito=repubblica.it|data=25 settembre 2001|lingua=it|accesso=31 dicembre 2021}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/09/25/calo-il-primo-dei-dissociati.html|titolo=Calò, il primo dei 'dissociati' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=25 settembre 2001|lingua=it|accesso=24 novembre 2022}}</ref><ref name=":7">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/01/25/calo-riina-volle-le-stragi-un-pazzo.html|titolo=Calò: 'Riina volle le stragi è un pazzo, andava ucciso' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=25 gennaio 2004|lingua=it|accesso=23 novembre 2022}}</ref>
Nel 2004, durante un'udienza del processo-stralcio per le [[Strage di Capaci|stragi di Capaci]] e [[Strage di via D'Amelio|via d'Amelio]], fu molto duro il confronto con il collaboratore di giustizia [[Salvatore Cancemi]], il quale lo accusò di aver partecipato allo strangolamento dei due figli di [[Tommaso Buscetta]], Antonio e Benedetto, scomparsi nel 1982 e mai più ritrovati. Al contrario, Calò rispose a Cancemi che lui non era stato capace di fermare Riina quando ordinò le stragi poiché "''era stato un pazzo e meritava di essere ucciso''".<ref name=":7" />
== Casi giudiziari ==
=== Il Maxiprocesso di Palermo ===
{{Vedi anche|Maxiprocesso di Palermo}}
Calò fu uno tra le centinaia di imputati sottoposti a giudizio durante il [[Maxiprocesso di Palermo]] che incominciò nel 1986, nel quale dovette difendersi dalle accuse di [[associazione mafiosa]], [[traffico di droga]] e [[riciclaggio di denaro]]. Famoso il confronto tra Calò e il pentito [[Tommaso Buscetta]], avvenuto all'udienza del 10 aprile 1986 e considerato il momento più caldo del Maxiprocesso poiché i due boss si trovarono faccia a faccia ad accusarsi reciprocamente dei delitti più efferati. Buscetta infatti accusò Calò di aver fatto uccidere e scomparire i suoi due figli, Antonio e Benedetto, per conto dei [[Clan dei Corleonesi|Corleonesi]] di [[Salvatore Riina|Totò Riina]] e per la prima volta rivelò che era coinvolto anche nella scomparsa di Giovanni "Giannuzzu" Lallicata, appartenente alla "famiglia" di [[Porta Nuova (Palermo)|Porta Nuova]] e ucciso in quanto amico di [[Gaetano Badalamenti]]<ref name=":5">{{Cita web|lingua=it|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/12/02/buscetta-pippo-calo-mafioso-pentiti.html|titolo=BUSCETTA A PIPPO CALO' 'MAFIOSO, PENTITI' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=2 dicembre 1994|accesso=5 dicembre 2022}}</ref><ref>[[Alexander Stille]], ''Nella terra degli infedeli. Mafia e politica nella Prima Repubblica,'' Milano, [[A. Mondadori]], 1995; Milano, [[Garzanti]], 2007.</ref>.
Al termine del processo di primo grado, nel 1987, Calò, riconosciuto colpevole, si vide infliggere una pena detentiva di 23 anni di reclusione, nonostante l'accusa avesse chiesto l'[[ergastolo]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/12/17/giudici-hanno-creduto-buscetta.html|titolo=I GIUDICI HANNO CREDUTO A BUSCETTA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=17 dicembre 1987|lingua=it|accesso=23 novembre 2022}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/12/17/il-sorriso-si-spense-sulle-facce.html|titolo=E IL SORRISO SI SPENSE SULLE FACCE DEI KILLER - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=17 dicembre 1987|lingua=it|accesso=8 aprile 2023}}</ref>.
== Processi ==
=== Condanne ===
*Rinviato a giudizio nel 1985 insieme ad altre ventotto persone al termine dell'istruttoria del giudice [[Ferdinando Imposimato]]<ref name=":8">{{Cita web|url=https://archivio.unita.news/assets/main/1984/12/08/page_006.pdf|titolo=Gli amici e i segreti di Pippo Calò|editore=L'Unità|data=8 dicembre 1984}}</ref><ref name=":3">{{Cita web|lingua=it|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/10/05/killer-neri-camorristi-007-nuovi-vassalli-di.html|titolo=KILLER NERI, CAMORRISTI E 007 I NUOVI 'VASSALLI' DI DON CALO' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=5 ottobre 1985|accesso=23 novembre 2022}}</ref>, nel febbraio dell'anno seguente la quinta sezione del Tribunale di [[Roma]] condannò Calò a 6 anni di carcere per [[Favoreggiamento personale|favoreggiamento]] e [[ricettazione]] ma lo assolse per il reato di [[Associazione per delinquere|associazione a delinquere]]. Gli altri imputati ebbero solo lievi condanne e diverse assoluzioni<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/02/09/sei-anni-di-carcere-al-boss-pippo.html|titolo=SEI ANNI DI CARCERE AL BOSS PIPPO CALO' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=9 febbraio 1986|lingua=it|accesso=9 dicembre 2022}}</ref>.
*Nel 1992 la [[Corte di cassazione (Italia)|Corte di cassazione]] rese definitive le condanne per la [[Strage del Rapido 904|strage del rapido 904]]: Calò fu condannato all'[[ergastolo]] assieme a Guido Cercola mentre a 24 anni Franco Di Agostino e a 22 Friedrich Schaudinn, il tecnico [[Germania|tedesco]] che mise a punto il congegno a distanza con il quale venne fatto esplodere il treno<ref>{{Cita news|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/11/25/strage-del-rapido-904-confermata-la.html|titolo=STRAGE DEL RAPIDO '904' CONFERMATA LA SENTENZA|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=25 novembre 1992|lingua=it|accesso=30 agosto 2022}}</ref><ref>{{Cita web|autore=Maria Antonietta Calabrò|url=http://archiviostorico.corriere.it/1992/novembre/25/strage_Natale_ergastolo_boss_co_0_92112510569.shtml|titolo=Strage di Natale, ergastolo al boss|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=25 novembre 1992|accesso=30 aprile 2015|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140812204924/http://archiviostorico.corriere.it/1992/novembre/25/strage_Natale_ergastolo_boss_co_0_92112510569.shtml}}</ref><ref>https://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/1992/11/24/Cronaca/STRAGI-CASSAZIONE-CONFERMA-CONDANNE-PER-RAPIDO-904_182600.php</ref>.
* Nel 1994, Calò fu condannato all'ergastolo per l'omicidio di 3 pentiti: Salvatore Anselmo, Mario Coniglio e [[Leonardo Vitale]] e per quello di Pietro Busetta (un cognato di [[Tommaso Buscetta]]) insieme a [[Salvatore Riina]], [[Francesco Madonia]], [[Bernardo Brusca]], [[Michele Greco]] e [[Bernardo Provenzano]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/07/05/ergastolo-ai-boss-colpevoli-della-morte-di.html|titolo=ERGASTOLO AI BOSS COLPEVOLI DELLA MORTE DI PENTITI - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|data=5 luglio 1994|lingua=it|accesso=30 gennaio 2023}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1994/luglio/05/Toto_Riina_tris_ergastoli_co_0_9407052791.shtml|titolo=Toto' Riina fa tris, di ergastoli|sito=Corriere.it|data=5 luglio 1994|lingua=it|accesso=13 febbraio 2010|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121222181645/http://archiviostorico.corriere.it/1994/luglio/05/Toto_Riina_tris_ergastoli_co_0_9407052791.shtml|dataarchivio=22 dicembre 2012|urlmorto=no}}</ref>.
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