Giovanni Curcuas: differenze tra le versioni
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Poco è noto della gioventù di Giovanni. Suo padre era un ufficiale benestante del palazzo imperiale. Lo stesso Giovanni era nato a Dokeia (odierna [[Tokat]]), nella regione di Darbidos nel [[Armeniakon|Thema Armeniaco]], e fu istruito da un parente, il [[Arcidiocesi di Gangra|vescovo di Gangra]] Cristoforo.<ref>{{cita|Guilland 1967|pp. 443, 571}}.</ref> Verso la fine della reggenza di [[Zoe Carbonopsina]] (914–919) in nome del figlio in minore età [[Costantino VII]] (r. 913-959), Curcuas fu nominato comandante del reggimento a guardia del palazzo dei ''[[Vigla (tagma)|Vigla]]'', probabilmente mediante gli intrighi del connazionale ammiraglio armeno [[Romano I Lecapeno|Romano Lecapeno]] che intendeva servirsene per impadronirsi del trono. In questo ruolo, arrestò alcuni alti funzionari che si opponevano alla presa del potere da parte di Lecapeno, preparando la strada per la nomina di quest'ultimo a reggente in luogo di Zoe nel 919. Lecapeno acquisì progressivamente sempre più potere finché fu incoronato imperatore nel dicembre 920.<ref>{{cita|Runciman 1988|pp. 58–62}}; {{cita|Guilland 1967|p. 571}}.</ref> Per ricompensarlo per il suo appoggio, intorno al 923, Romano Lecapeno promosse Curcuas al grado di [[Domestico delle Scholae]], di fatto nominandolo comandante supremo di tutte le armate imperiali in Anatolia.<ref name="ODB"/><ref>{{cita|Runciman 1988|p. 69}}.</ref> Secondo la cronaca di [[Teofane Continuato]], Curcuas detenne la carica per ben 22 anni e sette mesi, una durata senza precedenti.<ref>{{cita|Whittow 1996|p. 418}}; {{cita|Guilland 1967|pp. 447, 571}}.</ref>
A quell'epoca, e in seguito alla disfatta nella [[Battaglia di Anchialo (917)|Battaglia di Acheloos]]
=== Prima sottomissione di Melitene e campagne in Armenia===
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Con il declino del Califfato e la sua ovvia incapacità di difendere le sue province di confine, una nuova dinastia locale, gli [[Hamdanidi]], emerse come antagonista principale di Bisanzio in [[Giazira]] (Mesopotamia settentrionale) e [[Siria (regione storica)|Siria]]. Essi erano condotti da al-Hasan, noto come ''[[Nasir al-Dawla]]'' ("Difensore dello Stato"), e dal fratello minore Ali, meglio noto con il suo [[laqab|epiteto]], ''[[Sayf al-Dawla]]'' ("Spada dello Stato").<ref name="Whittow318"/> Intorno al 935, la tribù araba di [[Banu Habib]], sconfitti dagli Hamdanidi in ascesa, defezionò interamente ai Bizantini, convertendosi al Cristianesimo, e mettendo a disposizione dell'Impero i suoi {{formatnum:12000}} cavalieri. Essi furono insediati lungo la riva occidentale dell'Eufrate e posti a difesa dei cinque nuovi [[thema]]ta ivi creati: Melitene, [[Charpezikion]], Asmosaton ([[Arsamosata]]), [[Derzene]] e [[Chozanon]].<ref name="Treadgold483"/><ref>{{cita|Treadgold 1998|p. 78}}.</ref>
Il primo scontro tra i Bizantini e Sayf al-Dawla ebbe luogo nel 936, quando provò a liberare Samosata, ma una rivolta interna lo costrinse al ritiro.<ref name="Treadgold483"/> In una nuova invasione avvenuta nel 938, tuttavia, espugnò il forte di [[Elâzığ|Charpete]] e sconfisse l'avanguardia di Curcuas, impadronendosi di una ingente quantità di bottino e costringendo Curcuas al ritiro.<ref name="Treadgold483"/><ref>{{cita|ODB|"Sayf al-Dawla" (A. Kazhdan), p. 1848}}.</ref> Nello stesso anno, fu firmato un accordo di pace tra Costantinopoli e il Califfato. Le negoziazioni vennero agevolate dal potere crescente degli Hamdanidi, che preoccupava entrambi gli schieramenti.<ref>{{cita|Runciman 1988|pp. 142–143}}.</ref> Nonostante la pace ufficiale con il Califfato, non cessarono i conflitti ''ad hoc'' tra i Bizantini e i sovrani musulmani locali, ora assistiti dagli Hamdanidi. I Bizantini tentarono di assediare Teodosiopoli nel 939, ma l'assedio venne levato alla notizia dell'avvicinarsi dell'esercito di Sayf al-Dawla venuto in soccorso della città.<ref name="Treadgold483"/>
A quell'epoca, i Bizantini avevano espugnato Arsamosata e altre località importanti strategicamente sulle montagne dell'Armenia sudoccidentale, ponendo una minaccia diretta agli emirati musulmani intorno al Lago Van.<ref name="Whittow318"/> Per ribaltare la situazione, nel 940 Sayf al-Dawla avviò una campagna rimarchevole: partendo da [[Silvan (Turchia)|Mayyafiriqin]] (la bizantina Martiropoli), attraversò il passo di [[Bitlis]] per invadere l'Armenia, dove prese diverse fortezze e ottenne la sottomissione dei signori locali, sia musulmani sia cristiani. Devastò i possedimenti bizantini intorno a Teodosiopoli e si spinse nei saccheggi fino a Koloneia sul Lykos, che assediò fino all'arrivo di Curcuas con un esercito che lo costrinse alla ritirata.<ref>{{cita|Whittow 1996|pp. 319–320}}; {{cita|Runciman 1988|pp. 143–144}}; {{cita|Treadgold 1997|pp. 483–484}}.</ref> Sayf al-Dawla non fu in grado di dare seguito a questo tentativo: fino al 945, gli Hamdanidi furono coinvolti nei sommovimenti interni al Califfato e negli scontri con i loro rivali nell'[[Iraq]] meridionale e con gli [[Ikhshididi]] in Siria.<ref name="Runciman144">{{cita|Runciman 1988|p. 144}}.</ref><ref>{{cita|Whittow 1996|p. 320}}.</ref>
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