Filippo Tommaso Marinetti: differenze tra le versioni
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Il 12 ottobre con Marinetti sbarcano sulla spiaggia di [[Tripoli]], in un disastroso caos di uomini e di mezzi, parecchi altri giornalisti. E prima ancora di telegrafare all'«Intransigeant» il poeta scrive a [[Francesco Balilla Pratella|Balilla Pratella]] questa cartolina: ''«Carissimo, spero di tirare a qualche testa di turco. Ma sarà difficile. Ritornerò presto e riprenderemo tutto energicamente»''.<ref name="ref_A">{{Cita libro|autore=Filippo Tommaso Marinetti|titolo=Lettere ruggenti a F. Balilla Pratella|editore=Quaderni dell'Osservatore|p=}}</ref> E in effetti, tranne che del colera, sul quale però la censura esige il silenzio, c'è ben poco da raccontare ai giornali. Gli italiani costruiscono trinceramenti attorno alla città, la popolazione tripolina sembra accogliere con rassegnazione i nuovi padroni, i turchi paiono spariti oltre le palme dell'oasi. Invece la mattina successiva, il 23 ottobre, la furia dei turchi e la rabbia dei mehalla libici, inquadrati sotto la bandiera del [[Sultano]], investono su due lati i trinceramenti tenuti dai bersaglieri a [[Sciara Sciat]], nell'oasi fuori della città, ed è un massacro. I soldati in grigioverde che non riescono a ripiegare in tempo sono massacrati dagli attaccanti e dalla gente dell'oasi che s'è sollevata; turchi e libici non fanno prigionieri, né tanto meno ne fa la folla. Gli italiani sono buttati a grappoli nei fossi, inchiodati agli alberi, accecati, squartati; solo il calare della sera interrompe la carneficina.
Il giorno dopo, in parte per sopraffazioni ed errori compiuti dagli italiani, in parte per un sussulto d'indipendenza, in parte per comunanza di fede con i turchi, lampi di ribellione si sprigionano anche a Tripoli: il 26, infine, [[Nashet Bey]] e [[Suleiman el Baruni]] lanciano un altro massiccio attacco contro i reparti dell'
Marinetti, sull'onda del contrattacco italiano, giunge tra i primi nella riconquistata casa di Gemal Bey, e scriverà nei suoi appunti presi sul campo: «''Vedo avanzarsi un artigliere i cui piedi affondano in una poltiglia di sabbia, di sangue e di bossoli di cartucce. Ridendo dagli occhi azzurri, egli balbetta con le mascelle squarciate: "Otto! Ne ho uccisi otto!" Ma nulla eguaglia la magnificenza epica di quel sergente che con la bocca imbavagliata di bende insanguinate alza le due mani verso di me, a ogni momento, per indicarmi con le dieci dita aperte che ha ucciso dieci nemici»''. Marinetti partecipa a sua volta al contrattacco, presto divenuto una rappresaglia. Dopo due mesi scrive, ancora a [[Francesco Balilla Pratella|Pratella]]: ''«Ebbi anche il piacere di battermi molte volte, seguendo i plotoni perlustratori all'assalto delle case arabe nell'oasi»''.<ref name="ref_A" /> Si compiace poi di un combattimento in cui «''ebbi la gioia di vedere tre arabi cadere sotto i colpi della mia pistola [[Mauser C96|Mauser]]».''
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