Terza guerra servile: differenze tra le versioni
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|Comandante1 = [[Gaio Claudio Glabro]]†,<br />[[Publio Varinio]]†,<br />[[Gneo Cornelio Lentulo Clodiano]],<br />[[Lucio Gellio Publicola]],<br />[[Gaio Cassio Longino (console 73 a.C.)|Gaio Cassio Longino]],<br />Gneo Manlio,<br />[[Marco Licinio Crasso]],<br />[[Gneo Pompeo Magno]],<br />[[Marco Terenzio Varrone Lucullo]],<br />Lucio Quinzio,<br />Gneo Tremellio Scrofa
|Comandante2 = [[Spartaco]]†,<br />[[Crixo]]†,<br />[[Enomao (schiavo)|Enomao]]†,<br />[[Casto (gladiatore)|Casto]]†,<br />[[Gannico]]†
|Effettivi1 =
|Effettivi2 =
|Perdite1 = gravi ma non conosciute
|Perdite2 = quasi tutti uccisi o crocifissi
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=== Schiavitù nella Repubblica romana ===
{{vedi anche|Schiavitù nell'antica Roma}}
Il fenomeno della [[schiavitù]] nell'[[antica Roma]], con la conseguente disponibilità di una forza lavoro a basso costo sotto forma di schiavi, fu un elemento importante, anche se a livelli variabili nel tempo, nell'economia della [[Repubblica romana]]. Gli schiavi erano ottenuti sia tramite l'acquisto da mercanti stranieri sia attraverso la riduzione in schiavitù delle popolazioni straniere a seguito delle conquiste militari.<ref>{{cita|Smith 1890|p. 1038}}, spiega in dettaglio i mezzi civili e militari con i quali si riduceva in schiavitù un uomo.</ref> A seguito delle guerre di conquista romane del [[II secolo a.C.|II]] e del [[I secolo a.C.]], decine se non centinaia di migliaia di schiavi furono introdotti nell'economia romana da differenti zone dell'Europa e del Mediterraneo.<ref>{{cita|Smith 1890|p. 1040}}; [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], ii.33. Smith riporta l'acquisto di
Agli schiavi era perlopiù riservato, durante il periodo repubblicano, un trattamento particolarmente duro: secondo la legge, uno schiavo non era una persona, ma una proprietà privata della quale il padrone poteva abusare, che poteva danneggiare o uccidere senza conseguenze legali.<ref>[[Marco Terenzio Varrone]] nei suoi ''Rerum rusticarum libri III'' (i.17.1) propone una visione secondo cui gli schiavi dovevano essere classificati come ''strumenti parlanti'', distinti dagli ''strumenti semiparlanti'', gli animali, e gli ''strumenti non parlanti'', ovvero gli attrezzi agricoli veri e propri.</ref> L'uccisione di uno schiavo era, tuttavia, un evento abbastanza raro, in quanto si concretizzava nell'eliminazione di forza lavoro produttiva. Esistevano diversi livelli nella condizione di schiavo: la peggiore e più diffusa era quella dei lavoratori nei campi e nelle miniere, soggetti ad una vita di lavoro duro.<ref>{{cita|Smith 1890|pp. 1022-39}}, dove è presentata la complessa legislazione romana sugli schiavi.</ref>
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La [[Campania antica]], centro della rivolta servile, era una zona in cui si trovavano le [[Villa romana|ville]] dell'aristocrazia romana, oltre che la regione dove si estendevano molte [[Latifondo|proprietà latifondiarie]]; per questo motivo la rivolta fu subito all'attenzione delle autorità romane, le quali, però, la considerarono, all'inizio, solo come un episodio di criminalità comune.
Quello stesso anno, comunque, Roma decise di inviare contro gli schiavi delle forze al comando di un [[pretore (storia romana)|pretore]], col compito di porre fine alla ribellione. Il pretore in questione, [[Gaio Claudio Glabro]], raccolse
Sebbene gli schiavi non avessero addestramento militare, le forze di Spartaco mostrarono intelligenza nell'uso delle risorse locali e nell'agire secondo tattiche efficienti e non ortodosse di fronte ai disciplinati eserciti romani.<ref>[[Sesto Giulio Frontino|Frontino]], i.5.20-22, vii.6.</ref> Di fronte all'assedio di Glabro, gli uomini di Spartaco fabbricarono funi e scale adoperando il legno delle vigne e degli alberi che crescevano sulle pendici del Vesuvio per [[Discesa in corda doppia|scendere]] per le pareti della montagna dalla parte opposta alle forze di Glabro; dopo aver girato intorno al Vesuvio, attaccarono alle spalle le forze romane, trucidando gli uomini di Glabro.<ref name=appiano1_116 /><ref>Plutarco, ''Crasso'', ix.1-3; Frontino, i.5.20-22; Broughton, ''Magistrates of the Roman Republic'', p. 109. Plutarco e Frontino raccontano che la spedizione era sotto il comando del "pretore Clodio" e di "Publius Varinius", mentre Appiano scrive di "Varinius Glaber" e "Publio Valerius".</ref>
Una seconda spedizione, sotto il pretore [[Publio Varinio]], fu poi inviata contro Spartaco. Sembra che Varinio abbia diviso le proprie forze, per qualche ragione, sotto i comandi dei suoi due subordinati, Furio e Cossinio: Plutarco afferma che Furio comandava circa
Durante questi avvenimenti, uno dei capi della rivolta, [[Enomao (schiavo)|Enomao]], scompare dalle narrazioni, probabilmente morto in battaglia.<ref>Orosio, v.24.2.</ref>
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Alla fine del [[73 a.C.]], [[Spartaco]] e [[Crixus]] si trovavano alla testa di un grande gruppo di armati che aveva dimostrato di saper reggere il confronto con gli eserciti romani; cosa i due intendessero fare con questa forza a disposizione è difficile da determinare per i lettori moderni: la rivolta si risolse infatti in un insuccesso, e non esistono testi scritti personalmente da coloro che vi parteciparono.
Le più diffuse ricostruzioni moderne dei fatti raccontano che vi fu una scissione tra gli schiavi: i sostenitori di Spartaco, che intendevano fuggire oltre le Alpi, si divisero da quelli di Crixus, che intendevano restare in Italia meridionale per continuare a saccheggiare la regione. Questa interpretazione trova il suo fondamento nel fatto che le regioni che [[Floro]] elenca tra quelle saccheggiate dagli schiavi ribelli includono [[Thurii]] e [[Metapontum]], ben distanti da [[Nola]] e [[Nuceria Alfaterna|Nuceria]], dove i ribelli erano accampati. Questo proverebbe l'esistenza di due gruppi separati; alla fine il console [[Lucio Gellio Publicola]] attaccò Crixus e un gruppo di circa
Ricostruzioni come il film ''[[Spartacus]]'' di [[Stanley Kubrick]] del [[1960]] fanno di Spartaco un combattente per la libertà nell'antica Roma, che lotta per cambiare la corrotta società romana e porre fine alla [[schiavitù]]. Sebbene neppure questa visione sia contraddetta dagli storici classici, nessun racconto storico afferma che lo scopo dei ribelli fosse quello di porre fine alla schiavitù nella Repubblica, né alcuna delle azioni sembra espressamente indirizzata a questo scopo.
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=== Sconfitta degli eserciti consolari (72 a.C.) ===
Nella primavera del [[72 a.C.]], gli schiavi ribelli lasciarono i propri accampamenti invernali per muoversi verso nord, in direzione della [[Gallia Cisalpina]]. Il [[Senato romano]], allarmato dalle dimensioni raggiunte dalla rivolta e dalla sconfitta degli eserciti [[pretore (storia romana)|pretoriani]] di Glabro e Varinio, inviò due [[esercito romano|eserciti]] [[console (storia romana)|consolari]] al comando di [[Lucio Gellio Publicola]] e [[Gneo Cornelio Lentulo Clodiano]].<ref>Appiano, i.116–117; Plutarco, ''Crasso'', ix.6; Sallustio, iii.64–67.</ref> Inizialmente, gli eserciti consolari furono vittoriosi: [[battaglia del Gargano|Gellio costrinse allo scontro un gruppo di circa
Da questo punto fino all'entrata in scena di [[Marco Licinio Crasso]], le due principali fonti storiche sulla terza guerra servile, [[Appiano di Alessandria|Appiano]] e [[Plutarco]], sono in disaccordo: pur non contraddicendosi a vicenda, riportano eventi differenti l'uno dall'altro, ignorando alcuni eventi riportati dall'altro autore e raccontandone invece altri ignorati dall'altra fonte.
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Secondo [[Appiano di Alessandria|Appiano]], la [[battaglia del Gargano]] tra le forze di [[Lucio Gellio Publicola|Gellio]] e quelle di [[Crixus]] fu l'inizio di una serie di complesse manovre militari che portarono quasi all'assalto diretto su [[Roma]] da parte degli uomini di [[Spartaco]].
Dopo la sua vittoria su Crixus, Gellio si mosse verso nord, inseguendo il gruppo principale degli schiavi al comando di [[Spartaco]], che si stava dirigendo verso la [[Gallia Cisalpina]]; l'[[esercito romano|esercito]] di [[Gneo Cornelio Lentulo Clodiano|Lentulo]] si dispose in modo tale da sbarrare il passo a Spartaco, e i due consoli contavano così di intrappolare tra i loro eserciti gli schiavi ribelli. L'esercito di Spartaco incappò in quello di Lentulo e lo sconfisse; poi, capovolto il fronte di battaglia, annientò anche l'esercito di Gellio, costringendo le legioni romane alla rotta.<ref name=appiano1_117 /> Appiano afferma che Spartaco, per vendicare la morte di Crixus, mise a morte 300 soldati romani catturati, costringendoli a combattersi l'un l'altro fino alla morte, come succedeva ai gladiatori.<ref name=appiano1_117 /><ref>Floro, ii.8; {{cita|Bradley 1989|p. 121}}; {{cita|Smith 1890|p. 574}}. Smith riporta che le competizioni di gladiatori all'interno di taluni funerali nella [[Repubblica romana]] erano considerati un grande onore; questo in accordo col passaggio di Floro che afferma «celebrò anche le esequie dei suoi ufficiali caduti in battaglia con funerali come quelli dei generali romani, e ordinò ai prigionieri di combattere presso le loro pire».</ref> Dopo questa vittoria, Spartaco si mosse verso nord con i suoi uomini (circa
Gli eserciti consolari sconfitti si ritirarono a [[Roma]] per riorganizzarsi, mentre i seguaci di Spartaco puntavano a settentrione; i consoli ingaggiarono nuovamente battaglia con i ribelli da qualche parte nella regione del [[Regio V Picenum|Picenum]], e furono nuovamente sconfitti.<ref name=appiano1_117 />
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Secondo lo storico greco di [[Cheronea]], dopo la battaglia tra le legioni di [[Lucio Gellio Publicola|Gellio]] e gli uomini di [[Crixus]] (che Plutarco descrive come "Germani")<ref name="plutc_9_7">Plutarco, ''Crasso'', ix.7.</ref> vicino al [[monte Gargano]], gli uomini di [[Spartaco]] ingaggiarono un combattimento con la legione comandata da [[Gneo Cornelio Lentulo Clodiano|Lentulo]], la sconfissero, e le sottrassero l'equipaggiamento e i viveri, per spingersi direttamente in Italia settentrionale. Dopo questa sconfitta, entrambi i [[console (storia romana)|consoli]] furono esautorati dal comando dei loro eserciti dal [[Senato romano]] e richiamati a [[Roma]].<ref name="plutc_10_1">Plutarco, ''Crasso'', x.1.</ref> Plutarco non accenna per nulla allo scontro tra Spartaco e la legione di Gellio, né riporta della battaglia tra gli schiavi ribelli ed entrambi gli eserciti consolari nel [[Regio V Picenum|Picenum]].<ref name="plutc_9_7" />
Successivamente Plutarco si dilunga nel descrivere, con dovizia di dettagli, uno scontro non menzionato da Appiano: l'esercito di Spartaco continuò ad avanzare verso nord nella regione intorno a ''Mutina'' ([[Modena]]), e lì un esercito romano di
Plutarco non menziona altri eventi fino al primo scontro tra [[Marco Licinio Crasso]] e Spartaco, nella primavera del [[71 a.C.]], tralasciando la progettata marcia su [[Roma]] e la ritirata su [[Thurii]] descritta da Appiano.<ref name="plutc_10_1"/> Comunque, dal fatto che Plutarco descrive Crasso che obbliga gli uomini di Spartaco a ritirarsi dal Picenum verso sud, si può inferire che gli schiavi ribelli si avvicinarono al Picenum da meridione agli inizi del 71 a.C., e che, di conseguenza, si ritirarono da Mutina in Italia centrale o meridionale nell'inverno 72/71 a.C.
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Il [[Senato romano]], estremamente allarmato dall'apparente invincibilità della ribellione in Italia, conferì il compito di sedarla a [[Marco Licinio Crasso]].<ref name="plutc_10_1" /> Crasso non era estraneo né alla politica né all'esercito romano: era infatti stato un sottoposto di [[Lucio Cornelio Silla]] durante la seconda guerra tra questi e [[Gaio Mario]], combattuta nell'[[82 a.C.]], e aveva continuato a servire sotto Silla durante la sua [[dittatore romano|dittatura]].<ref>Plutarco, ''Crasso'', vi; Appiano, 1.76–104. Plutarco fa un breve riassunto del coinvolgimento di Crasso nella guerra tra Mario e Silla, e in vi.6–7 presenta un esempio delle capacità del generale come abile comandante; Appiano espone più dettagliatamente le vicende dell'intera guerra tra Mario e Silla e della successiva dittatura, raccontando le gesta compiute da Crasso in quel periodo.</ref>
Crasso ricevette la [[pretore (storia romana)|pretura]] e sei nuove [[legioni romane|legioni]], oltre alle due legioni consolari di [[Lucio Gellio Publicola|Gellio]] e [[Gneo Cornelio Lentulo Clodiano|Lentulo]], per un totale di
==== Crasso contro Spartaco ====
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(Paolo Orosio; ''Delle Storie Contra i Pagani..'' Libri VII. Testo latino volgarizzato da Bono Gianbroni. Firenze. Anno 1849 Ed. Tommaso Baracchi)
A questo punto sembrò che il corso della guerra fosse cambiato: le legioni di Crasso riportarono numerose vittorie, uccidendo migliaia di schiavi ribelli, e obbligarono Spartaco a ritirarsi a sud, attraverso la Lucania fino allo [[stretto di Messina]]<ref>La tradizione orale vuole che Crasso abbia attraversato il fiume Calore e abbia incontrato i primi ribelli nella zona che poi prese il nome di "Scanno" nel comune di Altavilla Silentina (SA). Per questa ragione si afferma anche che il detto locale ''"Ti aspetto al varco"'' si riferisca proprio a questo avvenimento.</ref>. Secondo [[Plutarco]], Spartaco si accordò con i [[pirateria|pirati]] [[Cilicia|cilici]] per farsi trasportare assieme a
Le forze di Spartaco si ritirarono allora verso [[Rhegium]], seguite dalle legioni di Crasso, che, al loro arrivo, costruirono delle fortificazioni tutto intorno all'attuale [[istmo di Catanzaro]], malgrado le azioni di disturbo degli schiavi ribelli; gli uomini di Spartaco si trovarono allora sotto assedio, bloccati nella parte meridionale dell'odierna [[Calabria]], senza la possibilità di ricevere rifornimenti.<ref>Plutarco, ''Crasso'', x.4-5.</ref>
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Le fonti sono discordi sul fatto che [[Marco Licinio Crasso|Crasso]] abbia richiesto rinforzi o che il [[Senato romano]] abbia approfittato del ritorno di Pompeo in Italia, ma al generale in arrivo fu detto di non passare da [[Roma]] e di raggiungere direttamente l'Italia meridionale e portare aiuto a Crasso.<ref>Si confronti Plutarco, ''Crasso'', xi.2 con Appiano, i.119.</ref> Il Senato inviò allora altri rinforzi al comando di un certo "Lucullo", che [[Appiano di Alessandria|Appiano]] confonde col generale [[Lucio Licinio Lucullo]], impegnato all'epoca nella [[terza guerra mitridatica]], ma che in realtà sarebbe stato il [[proconsole]] di [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]], [[Marco Terenzio Varrone Lucullo]], fratello del precedente. Con le legioni di Pompeo che scendevano da nord e quelle di Lucullo sbarcate a [[Brundisium]], Crasso si rese conto che se non avesse posto immediatamente fine alla rivolta, il merito di aver vinto la guerra sarebbe andato al generale che fosse arrivato con i rinforzi, e decise così di spronare le proprie truppe a concludere in fretta le ostilità.<ref name="appiano1_120">Appiano, i.120.</ref><ref name="plutarco_11_2">Plutarco, ''Crasso'', xi.2.</ref>
Avvisato dell'arrivo di Pompeo, Spartaco tentò di negoziare con Crasso la fine della guerra prima dell'arrivo dei rinforzi romani;<ref name="appiano1_120" /> fallite le trattative, una parte delle forze ribelli ruppe l'accerchiamento e fuggì verso le montagne a ovest di [[Petelia]] (moderna [[Strongoli]]) in [[Bruttium]], con le legioni di Crasso all'inseguimento.<ref name="appiano1_120" /><ref name="plutarco_10_6">Plutarco, ''Crasso'', x.6.</ref><ref>Non si fa menzione della sorte delle truppe che non ruppero l'accerchiamento, anche se si potrebbe trattare degli uomini agli ordini di Gannico e Casto menzionati in seguito.</ref> Le legioni riuscirono a catturare una parte dei ribelli, agli ordini di Gannico e Casto, che si erano separati dal grosso dell'esercito, uccidendone
== Conseguenze ==
[[File:Spartacus II.JPG|thumb|Morte di Spartaco]]
La ribellione fu annientata da [[Marco Licinio Crasso|Crasso]]; le forze di [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] non ingaggiarono mai direttamente il nemico, ma le sue legioni, scendendo da nord, furono in grado di catturare
Sebbene la gran parte degli schiavi fosse morta in battaglia, circa
Pompeo e Crasso seppero cogliere appieno i frutti politici della loro vittoria sui ribelli; entrambi tornarono a [[Roma]] con le loro legioni, rifiutandosi di scioglierle e accampandosi appena fuori dalle mura della città.<ref name=appiano1_116 /> I due generali si candidarono al [[console (storia romana)|consolato]] per l'anno [[70 a.C.]], anche se Pompeo non era eleggibile a causa della sua giovane età e del fatto che non aveva ancora servito come [[pretore (storia romana)|pretore]] o [[questore (storia romana)|questore]], come richiedeva, invece, il ''[[cursus honorum]]''.<ref name="appiano1_121">Appiano, i.121.</ref> Cionondimeno, entrambi furono eletti,<ref name="appiano1_121" /><ref>Plutarco, ''Crasso'', xii.2.</ref> anche a causa della minaccia implicita rappresentata dalle legioni in armi accampate fuori dalla città.<ref name="appiano1_121" />
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