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[[File:Milano - quartiere Mac Mahon - pianta.png|thumb|left|Pianta del quartiere]]
La costruzione del quartiere <ref> Nel Comune di Milano, a differenza di quanto avviene per altre grandi città, (ad esempio Roma) il termine “quartiere” non ha attualmente un preciso significato amministrativo. Nel Medioevo e fino all’Ottocento, Milano, che ha una pianta circolare, prima delimitata dai Navigli, poi dalle Mura spagnole, era ufficialmente divisa in Sestieri, ciascuno a forma di spicchio, corrispondenti alla sei antiche porte che si aprivano nelle mura. Oggi, invece, a Milano il termine “quartiere” viene usato nel linguaggio comune per indicare - in modo approssimato - una zona cittadina, che solitamente ha confini non perimetrati ufficialmente e quindi fluttuanti, anche che nel tempo. Nel secondo dopoguerra il Comune ha suddiviso la città in venti zone, attualmente ridotte a nove, ciascuna delle quali è attualmente denominata “Municipio”. Recentemente, all'interno dei 9 Municipi, il Comune ha introdotto un’ulteriore suddivisione in 88 zone più piccole, perimetrate, dette “NIL” (Nuclei di Identità Locale), nel tentativo di definire/perimetrare/denominare/numerare le zone cittadine finora dette “quartieri”. È possibile che in futuro, nonostante l’infelice acronimo scelto (suona come “nulla”) queste suddivisioni e le rispettive denominazioni scritte nei documenti comunali prendano piede nella parlata dei milanesi. .</ref> venne decisa dal Comune di Milano nell'ambito di un piano di case popolari, elaborato nel [[1906]]-[[1907|07]] per contribuire a lenire l'emergenza abitativa dettata dalla forte crescita demografica.<ref name = "Grandi 117">{{cita|Grandi e Pracchi (1980)|p. 117}}. </ref>
Il piano prevedeva a costruzione di {{formatnum:3800}} locali divisi in quattro quartieri (oltre al Mac Mahon, il [[Quartiere Lulli|Lulli]], lo [[Quartiere Spaventa|Spaventa]], il [[Quartiere Tibaldi|Tibaldi]]),<ref name = "Grandi 117"/> non in grado di incidere sull’espansione urbana complessiva, per la loro limitata estensione.<ref>{{cita|Grandi e Pracchi (1980)|p. 118}}.</ref>
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