Rinascimento del XII secolo: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Botcrux (discussione | contributi)
m Bot: correggo codici SBN (cfr. Special:Diff/142495694)
FrescoBot (discussione | contributi)
m Bot: numeri di pagina nei template citazione e modifiche minori
 
Riga 136:
[[File:Luigi Serra - Irnerio che glossa le antiche leggi.jpg|miniatura|sinistra|verticale|"[[Irnerio]] che [[glossa]] le antiche leggi"]]
 
Una società più complessa non poté fare a meno di un rafforzamento del suo sistema giuridico. La svolta si ebbe quando verso la fine del XI secolo il giurista e ''magister'' bolognese [[Irnerio]] iniziò ad insegnare il diritto come disciplina autonoma, all'epoca escluso dalle [[arti liberali]], e utilizzando come fonte il ''[[corpus iuris civilis]]'' di [[Giustiniano]] nella sua forma originale. Inoltre, Irnerio prese l'abitudine di aggiungere al margine del testo alcuni appunti, detti "[[glosse]]", con cui dava una interpretazione al passo, poneva in relazione le varie norme contenute, risolveva ambiguità e ne estendeva l'applicabilità ad altre [[fattispecie]] simili. Senza dubbio fu in gran parte merito suo se il [[diritto romano]] poté riprendere a circolare in Europa.<ref>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|pp. 82-83}}.</ref><ref>{{cita|Ascheri, 2000|p. 45}}.</ref><ref>{{cita|Calasso, 1954|pp. 504-505}}.</ref> La pratica della glossa continuò con i suoi allievi e successori della [[scuola bolognese dei glossatori]], conosciuti come i "quattro dottori" di Bologna: [[Bulgaro (glossatore)|Bulgaro]], [[Martino Gosia]], [[Jacopo (giurista)|Jacopo]] e [[Ugo (giurista)|Ugo]]. Grazie a essi la scuola Bolognese non si ridusse a un episodio temporaneo, conseguente all'insegnamento di Irnerio, ma diventò esempio di un nuovo modo di fare diritto.<ref>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|p. 83}}.</ref><ref>{{cita|Marotta, 2019|p. 45}}.</ref><ref name="Calasso368-369" /> Alla scuola di Bologna affluirono studenti da tutte le regioni d'Europa, che a loro volta esportarono gli insegnamenti nei loro paesi di provenienza. Così, in breve tempo, sorsero nuove scuole a [[Padova]], a [[Napoli]], a [[Parigi]], a [[Reims]], in [[Normandia]], in [[Inghilterra]], in [[Irlanda]], in [[Catalogna]], in [[Germania]]. Le glosse, inizialmente poco più di un chiarimento ai margini del testo giuridico, realizzate dai maestri, venivano poi utilizzate dagli allievi che a loro volta le integravano, talvolta aggiungendo ad esse nuove conclusioni. Ben presto prese forma una scienza giuridica in continua espansione e perfezionamento.<ref name=Calasso368-369>{{cita|Calasso, 1954|pp. 368-369}}.</ref><ref>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|pp. 85-86}}.</ref><ref>{{cita|Grossi, 2003|p. 159}}.</ref><ref>{{cita|Ascheri, 2000|pp. 51-52}}.</ref>
 
[[File:GratianCesena.jpg|miniatura|verticale|Pagina del ''[[Decretum]]'' di [[Graziano]]]]
Riga 156:
In [[Italia]] si assistette a un fiorire di traduzioni dal greco e la [[Sicilia]] fu uno dei centri più importanti in cui si concentrò l'attività, in particolare grazie a due funzionari di corte, [[Enrico Aristippo]] e [[Eugenio di Palermo]]. Nel continente, invece, [[Giacomo da Venezia]] fu autore di numerose traduzioni ma insieme a lui se ne possono ricordare molti altri degni di nota, come [[Burgundio Pisano]], [[Mosè del Brolo]] e [[Leone Toscano]] (che inizialmente lavorò a lungo a [[Bisanzio]]) e altri di cui non si conserva il nome.<ref>{{cita|Verger, 1997|pp. 81-83}}.</ref><ref>{{cita|Verger, 1991|pp. 38-39}}.</ref>
 
In [[Spagna]], dove le traduzioni dall'arabo furono preponderanti, i traduttori furono spesso ebrei convertiti, come l'aragonese [[Pietro Alfonsi]], [[Ugo di Santalla]] e [[Giovanni di Siviglia]], o cristiani come [[Domenico Gundisalvo]] e gli italiani [[Platone da Tivoli]] e [[Gerardo da Cremona]], la cui prolifica produzione fu possibile grazie all'organizzazione di un vero e proprio laboratorio di traduttori; a tali attività contribuirono anche studiosi provenienti da regioni più lontane, fu il caso di [[Roberto di Chester]] o [[Ermanno di Carinzia]].<ref>{{cita|Verger, 1991|ppp. 39}}.</ref>
 
Inoltre, gli storici del XIX secolo hanno ipotizzato che l'[[arcivescovo]] [[Raimondo di Toledo]] (1125-1152) avesse fondato una scuola di traduzione formale, anche se nessun elemento concreto ha potuto supportare tale teoria, con l'eccezione della dimostrazione che nella "[[Scuola di traduttori di Toledo|Scuola di Toledo]]" vi fossero più traduttori rispetto ad altre regioni. Una delle più importanti imprese di traduzione conosciute fu quella del [[Corano]] (''[[Lex Mahumet pseudoprophete]]'') caldeggiata dall'[[abbazia di Cluny|abate di Cluny]] [[Pietro il Venerabile]], che la commissionò nel 1142 a Roberto di Chester, Ermanno di Carinzia, [[Pietro di Toledo (traduttore)|Pietro di Toledo]], [[Pietro di Poitiers]] e a un musulmano conosciuto solo come "Mohammed".<ref>{{cita|Verger, 1997|pp. 84-85}}.</ref>