Hashima (isola): differenze tra le versioni
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[[File:Hashima apartment building circa 1930.JPG|thumb|upright|left|Un'immagine di un condominio di Hashima negli anni cinquanta]]
Nel [[1896]] l'importanza dello [[Miniera sotterranea|stabilimento minerario]], che soddisfaceva buona parte del [[Fabbisogno energetico (elettrico)|fabbisogno energetico]] della città di Nagasaki, fece presto registrare nell'isola un notevole incremento [[demografia|demografico]] che richiese necessariamente un crescente numero di abitazioni; l'azienda finanziò quindi un grande progetto che prevedeva il [[Terra sottratta al mare|sistematico ampliamento]] della superficie dell'isola e la realizzazione di un primo [[agglomerato urbano]]<ref>{{cita pubblicazione|lingua=en|nome=Brian|cognome=Burke-Gaffney|titolo=Hashima: The Ghost Island|rivista=Crossroads: A Journal of Nagasaki History and Culture|numero=4|data=estate 1996|pp=
Le fasi di ampliamento si susseguirono fino al [[1931]] e il territorio dell'isola venne completamente occupato da numerosi edifici che ospitarono le strutture industriali ma anche svariati condomìni e tutti i servizi utili alla popolazione, tra cui anche un ospedale e una scuola<ref name="jguide" />. In quegli anni la rigida organizzazione sociale giapponese ad Hashima divenne una sorta di organizzazione su «caste» gerarchiche, dove i minatori celibi vivevano separati da quelli con famiglia che, a loro volta, erano separati dalle famiglie dei dirigenti della Mitsubishi.
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Alla fine degli [[anni 1960|anni sessanta]] la domanda di carbone diminuì e nel [[1973]] le estrazioni cessarono del tutto; la nuova fonte energetica da ricercare divenne il [[petrolio]] e quindi la Mitsubishi Corporation optò per la chiusura dello stabilimento minerario, offrendo nuove opportunità lavorative altrove.
Il 15 gennaio del [[1974]], la miniera venne ufficialmente chiusa con una cerimonia aziendale presso la palestra locale e nell'arco di soli quattro mesi Hashima assistette al suo rapidissimo spopolamento; l'ultimo lavoratore lasciò l'isola il 20 aprile dello stesso anno<ref>{{cita pubblicazione|lingua=en|nome=Brian|cognome=Burke-Gaffney|titolo=Hashima: The Ghost Island|rivista=Crossroads: A Journal of Nagasaki History and Culture|numero=4|data=estate 1996|pp=
Ormai completamente disabitata, Hashima e il suo opprimente agglomerato urbano furono abbandonati a un destino di progressivo e incessante decadimento e la prefettura di Nagasaki vietò ogni possibilità di visita, pena la reclusione in carcere fino a trenta giorni.
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