Giovanni Amendola: differenze tra le versioni

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Nell'ottobre 1909 si stabilisce con la famiglia a [[Firenze]], dove dirige la Biblioteca filosofica. Tenta di fondare una rivista di studi religiosi d'ispirazione modernista finanziata da [[Alessandro Casati]] (che Amendola aveva conosciuto ai tempi della collaborazione a «Rinnovamento»), ma il progetto non vede la luce. Collabora con «[[La Voce (rivista)|La Voce]]», fondata nel 1908 da Prezzolini.
 
Nel 1911 fonda e dirige una sua rivista assieme a Papini, «L'Anima». In quell'anno si laurea in [[filosofia]] con una tesi su [[Immanuel Kant]] (''La [[Categoria (filosofia)|Categoria]]. Appunti critici sullo svolgimento della critica delle Categorie da Kant a noi''). All'epoca, ispirato specialmente dai racconti fantastici e intimisti di Giovanni Papini, Amendola coltiva la prosa narrativa, con brevi frammenti pubblicati, sulla ''[[La Riviera Ligure|Riviera Ligure]]'', con l'[[Eteronimia|eteronimo]], [[byron]]iano, di ''Manfredo''.<ref>Giovanni Papini, ''Passato Remoto'', Firenze, L'Arco, 1948.</ref> La questione più scottante del dibattito politico italiano è l'utilità di un intervento militare in [[Libia]]. Amendola, critico in un primo tempo verso la [[Guerra italo-turca|campagna coloniale in Africa]], dopo l'inizio del conflitto appoggia lo sforzo bellico dalle colonne della «Voce», contribuendo a far aderire all'impresa libica la rivista stessa.<ref>{{Cita|Carocci 1956| p. 20}}.</ref>
 
Collabora con «[[il Resto del Carlino]]» con articoli di carattere culturale, grazie ai buoni uffici di [[Mario Missiroli (giornalista)|Mario Missiroli]]<ref name="Michele Magno, op.cit."/>, per diventare poi (luglio 1912) corrispondente da [[Roma]] del quotidiano. Alla vigilia delle [[Elezioni politiche italiane del 1913|elezioni del 1913]] sollecita i radicali a schierarsi con [[Giovanni Giolitti]] (capo del governo) e a separarsi dai socialisti. Le elezioni, le prime a svolgersi con il [[suffragio universale]] maschile, confermano la maggioranza uscente; i radicali guadagnano 62 seggi sedendosi tra i banchi dell'opposizione. Nello stesso anno Amendola tenta la carriera accademica ottenendo una [[libera docenza]] in Filosofia teoretica all'[[Università di Firenze]], non ottenendo nessuna cattedra. Nell'aprile 1914 è nominato per un anno docente della disciplina all'[[Università di Pisa]], e in giugno viene assunto alla redazione romana del «[[Corriere della Sera]]» (già all'epoca il maggiore quotidiano italiano). Le sue convinzioni liberali e la sua posizione distaccata nei confronti della sinistra parlamentare coincidono con la linea del quotidiano di Albertini.<ref>{{cita|A. Sarubbi|p. 24|Sarubbi, 1986}}.</ref> Amendola rinuncia per sempre all'attività accademica, per rimanere a Roma e avviarsi alla carriera pubblicistica e politica.