Enactment: differenze tra le versioni
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In [[psicoanalisi]] con '''''enactment''''' si definisce il mettere in scena da parte del paziente durante la seduta quello che è un suo tipico schema relazionale [[psicopatologia|patologico]], utilizzando l'[[psicoanalista|analista]] come "attore" nell'interazione stessa<ref>{{cita libro|titolo = Il terapeuta relazionale. Tecnica dell'atto terapeutico|nome= Bruno G. |cognome= Bara|editore= Bollati Boringhieri|anno = 2018 |pp=
Il termine è stato introdotto nella letteratura psicoanalitica alla fine del secolo scorso da [[Theodore Jacobs]] (1986), suscitando ben presto un considerevole interesse<ref>Jacobs Th. (1986), ''On contertransference enactments'', Journ. of Am. Psychoan. Ass., '''34''', pp. 289-307.</ref>. Jacobs asserisce che l'enactment vada distinto dall'''acting out'', sostenendo che mentre il primo si riferisce all'elusiva attività interpersonale, appunto quella tra paziente e [[psicoterapeuta|terapeuta]] all'interno del setting analitico, il secondo, invece, è riservato ad un comportamento più impulsivo. L'enactment viene anche concettualizzato come una mutua partecipazione a doppio senso, tra [[psicoanalista|analista]] e analizzando; è visto infatti come la dimensione di un'esperienza che esterna e attualizza la vita interiore di conflitto e relazione del paziente con gli oggetti.
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