Linciaggio di Jesse Washington: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m aggiunta Categoria:Morti assassinati a seguito di torture usando HotCat |
m Bot: numeri di pagina nei template citazione |
||
Riga 81:
[[William Edward Burghardt Du Bois|W. E. B. Du Bois]], arrabbiato dalla notizia dell'aggressione, dichiarò: «qualsiasi discorso sul trionfo della Cristianità, o sulla diffusione della cultura umana, rimane una chiacchiera oziosa finché il linciaggio di Waco sarà possibile negli Stati Uniti».<ref>{{en}} «any talk of the triumph of Christianity, or the spread of human culture, is idle twaddle as long as the Waco lynching is possible in the United States».<br />{{Cita|W.D. Carrigan|p. 191|Carrigan2006}}, 2006.</ref> Ricevuto il rapporto di Elisabeth Freeman, pubblicò una fotografia scattata durante il linciaggio sulla copertina di ''[[The Crisis (rivista)|The Crisis]]'', rivista della NAACP.<ref name=Wood180-2/> Il fascicolo che trattava dell'evento fu intitolato ''The Waco Horror'' (''L'orrore di Waco'') e fu pubblicato come un supplemento di otto pagine al numero di luglio della rivista.<ref name=ModJPr>{{Cita|W. E. B. Du Bois||ModJPr}}, 1916.</ref> Sebbene lo ''Houston Chronicle'' e il ''New York Times'' avessero già utilizzato la parola "orrore" per descrivere l'evento, fu Du Bois ad associarla definitivamente al linciaggio di Washington.<ref>{{Cita|P. Bernstein|p. 129|Bernstein2006}}, 2006.</ref> Nel 1916, ''The Crisis'' ebbe una tiratura di {{formatnum:30000}} copie, tre volte il numero dei soci della NAACP.<ref name=Bernstein60>{{Cita|P. Bernstein|p. 60|Bernstein2006}}, 2006.</ref> Benché la rivista avesse condotto precedentemente campagne contro il linciaggio, fino al luglio del 1916 non aveva mai pubblicato immagini delle vittime. Fu Du Bois a insistere per mutare la linea editoriale, vincendo le perplessità della direzione della NAACP, convinto che una copertura dell'evento senza censura avrebbe spinto gli americani bianchi a sostenere la necessità di un cambiamento.<ref>{{Cita|M.M. Francis|pp. 58-60|Francis2011}}, 2011.</ref> Fu lui a scrivere il resoconto del linciaggio pubblicato sulla rivista,<ref name=Bernstein159-61>{{Cita|P. Bernstein|pp. 159-161|Bernstein2006}}, 2006.</ref> includendo le interviste raccolte da Elisabeth Freeman a Waco,<ref>{{Cita|A.P. Rice|p. 8|Rice2003}}, 2003.</ref> ma senza nominarla.<ref name=Bernstein159-61/> L'articolo si concludeva con un appello a sostenere il movimento anti-linciaggio.<ref name=ModJPr/><ref name=Bernstein159-61/> La NAACP distribuì il rapporto a centinaia di giornali e politici, campagna che portò a un'ampia condanna del linciaggio. In molti tra i bianchi furono disturbati dalle manifestazioni esaltate di chi aveva sostenuto il linciaggio.<ref name=Apel31-32/> L'attenzione rivolta alla morte di Washington su ''The Crisis'' non scemò nei numeri seguenti. In un numero successivo, [[Oswald Garrison Villard]] scrisse che «il crimine di Waco è una sfida alla nostra civiltà americana».<ref>{{en }}«the crime at Waco is a challenge to our American civilization»<br />{{Cita|P. Bernstein|p. 162|Bernstein2006}}, 2006.</ref>
Anche altri giornali rivolti alla comunità afroamericana fornirono una copertura significativa del linciaggio, così come giornali liberali quali ''[[The New Republic]]'' e ''[[The Nation]]''.<ref>{{Cita|P. Bernstein|pp. 130 e 135|Bernstein2006}}, 2006.</ref> Elisabeth Freeman girò per gli Stati Uniti riportando gli esiti della sua inchiesta, sostenendo che un cambiamento nell'opinione pubblica sarebbe potuto risultare più fruttuoso delle azioni legislative.<ref name=Bernstein165/> Sebbene ci fossero stati altri linciaggi brutali quanto quello di Jesse Washington, la disponibilità di immagini e le modalità che condussero alla morte del ragazzo, lo resero una ''cause célèbre''.<ref name=SoRelle197-8>{{Cita|J.M. SoRelle|pp. 197-198|SoRelle2007}}, 2007.</ref> I leader della NAACP valutarono l'opzione di appurare in tribunale le responsabilità della morte di Washington, ma rinunciarono a causa dei costi che ne sarebbero potuti derivare.<ref>{{Cita|R.L. Zangrando|p. 30|Zangrando1980}}, 1980.</ref>
La NAACP andò incontro a problemi finanziari in quegli anni:<ref name=Bernstein60/> nonostante un successo iniziale nella raccolta fondi per la campagna anti-linciaggio, l'ingresso degli Stati Uniti nella [[prima guerra mondiale]] comportò un ridimensionamento del finanziamento accordato all'associazione.<ref name=SoRelle197-8/><ref>{{Cita|P. Bernstein|p. 169|Bernstein2006}}, 2006.</ref> In seguito, il presidente della NAACP [[Joel Elias Spingarn]] dichiarerà che in quegli anni l'associazione era riuscita a rendere «nella mente del pubblico il linciaggio come qualcosa di simile a un problema nazionale».<ref>{{en}} «lynching into the public mind as something like a national problem.»<br />{{Cita|J.B. Armstrong|p. 114|Armstrong2011}}, 2011.</ref> Nel suo studio del 2006 sul linciaggio, Patricia Bernstein descrive la campagna anti-linciaggio della NAACP come «il primo inizio di una battaglia che sarebbe durata molti anni».<ref>{{en}} «barest beginnings of a battle that would last many years.»<br />{{Cita|P. Bernstein|p. 174|Bernstein2006}}, 2006.</ref>
Riga 127:
;Articoli su rivista
* {{cita pubblicazione |lingua=inglese |autore=Megan Ming Francis |titolo=The Battle for the Hearts and Minds of America |rivista=Souls: A Critical Journal of Black Politics, Culture, and Society |anno=2011 |volume=13 |numero=1 |pp=
* {{cita pubblicazione |lingua=inglese |autore=Peter Ehrenhaus |coautori=A. Susan Owen |titolo=Race Lynching and Christian Evangelicalism: Performances of Faith |rivista=Text and Performance Quarterly |anno=2004 |volume=24 |numero=3/4 |doi=10.1080/1046293042000312779 |pp=
* {{cita pubblicazione |lingua=inglese |autore=Amy Louise Wood |titolo=Lynching Photography and the Visual Reproduction of White Supremacy |rivista=American Nineteenth Century History |anno=2005 |volume=6 |numero=3 |pp=
;Quotidiani
| |||