Colonialismo italiano: differenze tra le versioni
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Dopo l'[[entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale]] nel 1940, l'Italia si vide da una parte impegnata a mantenere il controllo sui possedimenti africani e dall'altra tentò di annettere territori nei [[penisola balcanica|Balcani]]: infatti insieme alla Germania si spartirono la Grecia e la [[Jugoslavia Federale Democratica|Iugoslavia]], ottenendo parte della [[Dalmazia]], la [[Slovenia]], il [[Montenegro]] e metà [[Grecia]] con [[Creta (Grecia)|Creta]] (fra il 1941 e il 1942). Nel 1941 la rapida [[Campagna dell'Africa Orientale Italiana|disfatta delle forze italiane in Africa orientale]] a opera delle forze britanniche consentì a [[Hailé Selassié]] di tornare sul trono di [[Addis Abeba]], e nel 1943 la [[Campagna di Tunisia|disfatta delle forze dell'Asse in Nordafrica]] decretò la fine della presenza italiana in Africa.
Con la [[caduta del fascismo]] del 25 luglio 1943 e il successivo [[armistizio di Cassibile]] con le forze Alleate, l'Italia terminò anche l'[[Possedimenti temporanei dell'Italia|occupazione temporanea]] dei territori nei Balcani e nella [[Occupazione italiana della Francia meridionale|Francia meridionale]]. Nel dopoguerra, con la firma del [[trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate|trattato di pace del 1947]], venne stabilita la perdita di tutte le colonie ad eccezione della Somalia, posta sotto [[Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia|amministrazione fiduciaria italiana]] per conto dell'[[Organizzazione delle Nazioni Unite|ONU]] nel 1950. Nel 1960 la Somalia ottenne l'indipendenza, sancendo così la fine dell'ottantennio coloniale italiano.
però ľitalia mantiene alcune colonie, che, anche se oggi fanno parte dello stato italiano, a penisola fa speculazione energetica su di<ref>{{Cita libro|titolo=Progetto di paesaggio ed emergenza ambientale|url=https://doi.org/10.2307/j.ctv2gz3x5s.5|accesso=2025-03-15|data=2021-11-01|editore=Quodlibet|pp=71–108}}</ref> loro, in particolare la Sardegna<ref>{{Cita web|url=https://www.manifestosardo.org/|titolo=Il Manifesto sardo|sito=Il Manifesto Sardo|accesso=2025-03-15}}</ref>.<ref>{{Cita web|url=https://www.manifestosardo.org/|titolo=Il Manifesto sardo|sito=Il Manifesto Sardo|accesso=2025-03-14}}</ref>
== Storia ==
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