Conoscenza: differenze tra le versioni
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[[File:Lucas_Cranach_(I)_-_Adam_and_Eve-Paradise_-_Kunsthistorisches_Museum_-_Detail_Tree_of_Knowledge.jpg|
La '''conoscenza''' è la consapevolezza e la comprensione di [[verità]][[fatto|, fatti]] o [[informazione|informazioni]] ottenute attraverso l'[[esperienza]] o l'[[apprendimento]] (''[[a posteriori]]''), ovvero tramite l'[[introspezione]] (''[[a priori]]'').<ref>L'etimologia deriva dalla particella [[lingua latina|latina]] ''cum'' + il vocabolo [[
== Introduzione generale ==
[[File:Austria - Melk Abbey Library - 1884.jpg|
{{Citazione|Fatti non foste a viver come bruti,<br/>ma per seguir virtute e canoscenza.|[[Dante Alighieri]], ''[[Divina Commedia]]'', [[Inferno - Canto ventiseiesimo|''Inferno'' XXVI]], [[Inferno - Canto ventiseiesimo#Racconto dell'ultimo viaggio di Ulisse - vv. 85-142|119-120]]}}
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== La conoscenza in filosofia e il problema della giustificazione ==
{{vedi anche|Gnoseologia|Epistemologia}}
[[File:Museos Vaticanos, Ciudad del Vaticano, 2022-09-14, DD 82-84 HDR.jpg|
Una diffusa definizione di conoscenza la vuole come "teoria della giustificazione" della [[verità]] delle convinzioni. Questa definizione, che deriva dal dialogo [[Platone|platonico]] ''[[Teeteto]]'', pone in primo piano l'importanza delle condizioni necessarie, anche se non sufficienti, affinché un'affermazione possa rientrare nella conoscenza.
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Non esiste un accordo universale su ciò che costituisce la conoscenza, la certezza e la verità. Si tratta di questioni ancora dibattute dai filosofi, dagli studiosi di [[scienza sociale|scienze sociali]] e dagli [[Storia|storici]].<ref>[http://www.ub.edu/histofilosofia/gmayos/5presentacio.htm Conoscenza culturale e storica] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120104175223/http://www.ub.edu/histofilosofia/gmayos/5presentacio.htm |data=4 gennaio 2012 }} di G. Mayos.</ref> [[Ludwig Wittgenstein]] ha scritto un trattato (''Della certezza'') che indaga appunto le relazioni tra la conoscenza e la certezza. Un ramo di questa indagine è successivamente diventato un'intera branca, la "filosofia dell'azione".
[[File:Salvator_Rosa_-_Démocrite_et_Protagoras.jpg|
Il problema principale indagato dai filosofi è il seguente: come avere la certezza che le nostre convinzioni costituiscono effettivamente una "conoscenza"? Quand'è che si ha vera conoscenza?
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=== La contrapposizione tra sensi e intelletto ===
[[File:Parmenides.jpg|
A grandi linee, nella [[storia della filosofia occidentale]] si sono spesso contrapposte (e a volte sovrapposte) due linee di pensiero: coloro che considerano la conoscenza un prodotto della [[mente]] e dell'indagine introspettiva, e coloro invece secondo cui la conoscenza deriva unicamente dai [[organi di senso|sensi]], cioè dall'esterno.
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==== Socrate ====
[[File:Socrates Louvre.jpg|
Con [[Socrate]] la conoscenza acquista una valenza [[etica]], venendo d'ora in poi ricondotta essenzialmente al primato della riflessione individuale. Per [[Socrate]] infatti ogni conoscenza è vana se non è ricondotta alla propria [[autocoscienza]], a quella voce dell'[[anima]] dotata di consapevolezza, in grado di esaminare criticamente e smascherare il falso sapere dei [[sofisti]], le nozioni "irriflesse" di coloro che si credono sapienti ma in realtà non lo sono. La vera sapienza nasce dunque dal [[conosci te stesso|conoscere se stessi]]; una tale conoscenza però non è insegnabile, né trasmissibile a parole, perché non è una tecnica. Il maestro può solo aiutare l'allievo a partorirla da sé.<ref>Reale, ''[http://books.google.it/books?id=Y9nYrAAtVcEC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false Il pensiero antico]'', pag. 83, Vita e Pensiero, 2001.</ref>
==== Platone e i neoplatonici ====
[[File:Plato Silanion Musei Capitolini MC1377.jpg|
[[Platone]] seguì gli insegnamenti di Pitagora, Parmenide, e Socrate, tuttavia rivalutando in parte l'[[esperienza]] sensibile. I sensi infatti, secondo Platone, servono a risvegliare in noi il ricordo delle ''[[idea|idee]]'', ossia di quelle forme universali con cui è stato plasmato il mondo e che ci permettono di conoscerlo. Conoscere significa dunque ''ricordare'': la conoscenza è un processo di [[
Con [[Platone]] la conoscenza resta un'esperienza dal valore essenzialmente etico, poiché riguarda la decisione dell'anima di accostarsi alla visione ''[[eidos|eidetica]]'' del [[Bene (filosofia)|Bene]] risvegliandone in sé il ricordo.
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==== L'aristotelismo ====
[[File:Aristotle Bust White Background Transparent.png|
Rispetto a Platone, [[Aristotele]] aveva ulteriormente rivalutato l'esperienza sensibile, ma come il suo predecessore aveva mantenuto fermo il presupposto secondo cui la conoscenza nasce anzitutto dal [[soggetto (filosofia)|soggetto]].<ref>Pur rinnegando l'[[innatismo]] di Platone, Aristotele afferma che «la sensazione in atto ha per oggetto cose particolari, mentre la scienza ha per oggetto gli universali e questi sono, in certo senso, nell'[[anima]] stessa» (''[[Sull'anima (Aristotele)|Sull'anima]]'' II, V, 417b).</ref> Una conoscenza che si limiti a recepire le impressioni dei sensi, infatti, è passiva; perché vi sia vera conoscenza occorre che l'[[intelletto]] umano svolga un ruolo attivo che gli consenta di andare oltre le particolarità transitorie degli oggetti e di coglierne l'[[essenza (filosofia)|essenza]] in atto. Il passaggio all'intelletto attivo implica che questo sia capace di pensare se stesso, cioè sia dotato di consapevolezza e libertà, che è la caratteristica fondamentale che distingue l'uomo dagli altri animali.
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==== Dal Medio Evo all'empirismo anglo-sassone ====
[[File:Saint Thomas Aquinas.jpg|
[[File:John_Locke_by_John_Greenhill.jpg|
I capisaldi del processo conoscitivo, così com'erano stati enunciati da Aristotele, rimasero invariati per tutto il [[Medioevo]], ribaditi e valorizzati in particolare da [[Tommaso d'Aquino]].
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==== Leibniz e Kant ====
[[File:Immanuel Kant - Gemaelde 2.jpg|
L'empirismo così espresso venne criticato dapprima da [[Leibniz]], il quale riaffermò che la conoscenza non è un mero processo meccanico: in noi sono già presenti dei concetti latenti, che l'esperienza può risvegliare, ma non creare dal nulla.<ref>«Il nostro egregio autore [J. Locke] sembra invece affermare che in noi non c'è nulla di virtuale e di cui non abbiamo sempre un'[[appercezione]] attuale. Ma egli non può sostenere ciò fino in fondo, perché altrimenti la sua opinione sarebbe troppo paradossale, in quanto le abitudini acquisite e gli stessi contenuti della nostra memoria non sono sempre appercepiti e non vengono sempre in nostro soccorso quando ne abbiamo bisogno, benché spesso noi li ricollochiamo agevolmente nello spirito quando una pur leggera occasione ce li faccia ricordare, come il semplice inizio ci fa ricordare tutta una canzone» (G. W. Leibniz, ''Nuovi saggi sull'intelletto umano'', prefazione, in ''Scritti filosofici'', vol. II, UTET, Torino, 1967, pagg. 171-172).</ref> Leibniz si espresse così a favore dell'[[innatismo]] delle idee, ma contestò anche [[Cartesio]], secondo cui esistevano solo quelle idee di cui si ha una conoscenza chiara e oggettiva, deducibili ''a priori'' dalla ragione: per Leibniz, invece, esistono anche pensieri di cui non si ha coscienza, e che agiscono a un livello [[inconscio]]. Ci sono cioè varie gradazioni della conoscenza, da quella più oscura fino a quella più distinta, che è l'"appercezione" di me o [[autocoscienza]].<ref>Leibniz, ''Monadologia'', in ''Scritti filosofici'', a cura di D. O. Bianca, UTET, Torino, 1967.</ref>
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==== Karl Popper ====
[[File:Karl_Popper.jpg|
[[Karl Popper]], ricollegandosi alla tradizione aristotelica e kantiana, sostenne che la conoscenza è un processo esclusivamente [[deduzione|deduttivo]], comune sia agli uomini che agli animali, e che esso si basa sul metodo dei tentativi e della confutazione. L'apprendimento non deriva dall'osservazione induttiva della realtà, bensì dalla nostra [[creatività|immaginazione creativa]], cioè da anticipazioni ingiustificate della realtà stessa (le congetture) che di volta in volta noi mettiamo alla prova. La vera conoscenza deve essere dunque [[
=== Conoscenza ed esoterismo ===
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== Scetticismo, conoscenza ed emozioni ==
[[File:RWEmerson.jpg|
Quando si risponde di no alla domanda se sia veramente possibile raggiungere la conoscenza, o se sia mai possibile giustificare abbastanza le nostre convinzioni da poterle chiamare "conoscenza", si approda allo [[scetticismo filosofico]], a cui oggi aderiscono alcuni scienziati e filosofi. Lo scetticismo filosofico è la prospettiva che indaga criticamente se la conoscenza degli uomini sia rispondente al vero; i suoi seguaci sostengono che non è possibile ottenere una conoscenza "vera", o quantomeno fondata, poiché la giustificazione non è mai del tutto certa.<ref>Le prime connotazioni dello scetticismo filosofico, così inteso, si sono avute col [[Scetticismo filosofico|pirronismo]] antico (cfr. Giovanni Reale, ''Il dubbio di Pirrone. Ipotesi sullo scetticismo'', Il Prato, Padova 2009).</ref> Questa posizione differisce dallo [[scetticismo scientifico]], che è invece la prospettiva per la quale non sarebbe possibile accettare la veridicità di un'affermazione se non dopo averla controllata sperimentalmente.<ref>Tra gli esponenti dello scetticismo scientifico si trova [[Carl Sagan]], autore de ''Il mondo infestato dai demoni'', trad. it., Baldini & Castoldi, Milano 1997.</ref>
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=== L'esempio del libro ===
Un [[libro]] è un [[contenitore]] di tutti e tre i tipi di conoscenza: quella esplicita è nel contenuto, in ciò che dice; quella incorporata è nello [[stile]] di scrittura, o nel modo in cui il libro è stato realizzato, non solo come testo, ma come oggetto fisico ([[
== Note ==
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