Curinga: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Popolazione da Template:Dati popolazione ITA |
m Bot: spazi attorno alla lineetta negli intervalli di pagine e modifiche minori |
||
Riga 86:
Furono probabilmente questi racconti a spingere i primi coloni greci a stabilirsi nell'area. È ragionevole ritenere che nel periodo magno-greco il litorale curinghese fornì un comodo e utile approdo marittimo tra gli imbocchi e quindi le vie di comunicazione verso l'interno, dell'[[Amato (fiume)|Amato]] e dell'[[Angitola (fiume)|Angitola]] a metà strada tra le città greche di Hipponion ([[Vibo Valentia]]) e [[Temesa]] (Nocera T.). ll tempio di [[Dioscuri|Castore e Polluce]] (di cui si conservano, all'interno del giardino di villa Cefaly, due delle quattro colonne rinvenute), eretto dai navigatori [[achei]] che occuparono quest'area, e successivamente inglobato dai Romani nella costruzione delle Terme, fornisce un indizio sull'ubicazione della città greca perduta di [[Terina]]. Questa tesi tuttavia necessiterebbe di studi e campagne di scavo approfondite e al momento non ci sono certezze sull'entità dell'insediamento ellenico in zona, nonostante la chiara nomenclatura che individua nell'area luoghi come ''Lacconia'' ([[Laconia]]), Calavrici ([[Kalavryta]]), Malia (Amalias), ed ancora Argò, Argadi, Aglioca, Chinea, Moddoni, Palandara ecc. Proprio Lacconia viene decantata dai versi del poeta Bartolomeo Romeo che la descrive come: «città opulenta, pullulante di templi ricchi di marmi e di divinità, palazzi aristocratici, officine che da mane a sera ritmano la canzone del lavoro, studi profondi alternati a svaghi raffinati<ref>{{Cita libro|autore=Antonio Bonelli|titolo=Curinga. Recuperi di storia e di vita sociale|anno=1984|editore=Rubbettino Editore|città=Soveria Mannelli|p=25}}</ref>». Girolamo Marafioti nel 1601 scrive: «si ritrovano ancora in questo territorio le rocche del marmo<ref>{{Cita libro|autore=Girolamo Marafioti|titolo=Croniche et antichità di Calabria|anno=1601}}</ref>».
In contrada Prato Sant'Irene e nelle adiacenze del torrente Tre Calrini è stata scoperta una necropoli con suppellettili tardo elleniche, vestigia di età classica si riscontrano anche nell'alveo del torrente Turrino. Nel 1916, durante operazioni di bonifica del torrente, venne ritrovato accidentalmente un tesoretto di circa 300 [[Statere|stateri]] greci arcaici ([[VI secolo a.C.|VI secolo a.C]]) in argento e in buono stato di conservazione, subito diviso tra gli operai e la gente del luogo. L'intervento di Paolo Orsi e della prefettura ne scongiurò la totale dispersione: 164 monete furono recuperate a Ravenna, 14 a Catanzaro, 11 a Pizzo, 4 a Curinga, mentre il contenitore ceramico e il resto del tesoretto non furono più ritrovati. Provenienti dalle zecche delle città di Taranto, Crotone, Metaponto, Sibari, Caulonia, sono attualmente conservate nel [[Museo nazionale della Magna Grecia|Museo Nazionale della Magna Grecia]] a Reggio Calabria<ref>{{Cita libro|autore=Emanuela Spagnoli |autore2= Marina Taliercio Mensitieri|titolo=Ripostigli dalla piana lametina|anno=2004|editore=Social Science |pp=
=== Periodo romano ===
Riga 96:
=== Periodo bizantino ===
[[File:Iscrizione greco-bizantina Sant'Elia Vecchio Curinga Calabria.jpg|miniatura|Iscrizione greco-bizantina presso il monastero di Sant'Elia Vecchio di Curinga]]
Con la caduta dell'Impero Romano, occupata dai [[Longobardi]], distrutta dalle [[Guerra gotica (535-553)|guerre gotiche]] e devastata da eventi naturali, Lacconia conobbe un forte declino, rimanendo spopolata. La migrazione interna verso aree più salubri e sicure determinava sulle colline la nascita di Curinga (il primo nucleo è a Calicinò, attuale rione Ospizio). La piana iniziò a riattivarsi tra la fine del IX e il X secolo, con l'insediamento di coloni greci, veterani armeni e traci ai quali si aggiungevano fuggiaschi dalla Sicilia e da Reggio, flagellata dalle incursioni [[Saraceni|saracene]].<ref>{{Cita libro|autore=Associazione per la Promozione della Cultura Storica|titolo=La Memoria e Altro|anno=luglio - dicembre 1997|città=Curinga|pp=
=== Periodo normanno ===
[[File:Diploma concessione conte ruggero curinga calabria.jpg|miniatura|Frammento della trascrizione fatta da Francesco Mauro da Lacconia, del diploma con cui il Conte Ruggero concede nel 1098 i benefici ai basiliani, Biblioteca Universale di Halle.]]
Nel 1057 [[Roberto il Guiscardo]] con i suoi uomini muove da nord verso Reggio. Arrivato presso il fiume Mucato (Turrina) nei pressi di Lacconia, si accampa per due giorni per consentire ai soldati di riposare. Ne approfitta per esplorare il territorio, contattare la popolazione e tentare accordi con i notabili di Neokastron e Maghida. I due borghi vengono assoggettati così come il resto della Calabria [[Impero bizantino|bizantina]]. Roberto diviene Duca dei territori conquistati, ma è costretto a cedere metà della Calabria al fratello [[Ruggero I di Sicilia|Ruggero]]. La linea di confine sul Tirreno viene fissata seguendo il corso del torrente Mucato. A Ruggero spetta il sud mentre Roberto andrà a nord. Il territorio di Curinga e Lacconia in particolare sono in questo periodo confine amministrativo tra i due territori normanni. Nel 1062 il Duca Roberto fa pressione su Antrasillo, signore di Maida, affinché questi ceda il cenobio di Sant'Elia con le dipendenze e i villani all'abate di S.Eufemia. Nel 1098 il Conte Ruggero, in marcia verso Salerno, presso Lacconia firma un diploma che concede beni e diritti ai basiliani della zona. Sotto il dominio normanno si intensificò l'attività agraria nella piana: cereali, canna da zucchero, oliveti, vigne ed orti. Iniziano a comparire anche le prime colture di gelsi con conseguente produzione tessile. I terreni sono affidati oltre che ai conventi, alla famiglia normanna (o nordica) dei Bono, che vantava proprietà tra Lacconia e L'Amato. L'imperatore [[Federico II di Svevia|Federico II]], abilissimo falconiere amante della caccia, dichiarò foresta regia (Ascrea) i boschi che allora si estendevano alle spalle di Lacconia fin oltre L'Amato, mentre in un privilegio rilasciato nel 1225 ai Cistercensi di Corazzo si parla della florida tonnara presente tra Rocca Angitola e Lacconia. La regina [[Costanza II di Sicilia|Costanza]] cedette il feudo a Giacomo figlio di Ruggero di [[Sanseverino (famiglia)|Sanseverino]], che nel 1354 concesse all'ordine dei Celestini il prelievo di ventiquattro barili di tonno all'anno, privilegio confermato da re Ladislao nel 1404 e da [[Federico I di Napoli|Federico d'Aragona]] nel 1488. La tonnara rimase attiva fino alla fine XVIII secolo.<ref>{{Cita libro|autore=Antonio F. Parisi|titolo=Lacconia. Un antico insediamento|anno=1987|editore=Laruffa Editore|città=Reggio Calabria |pp=
=== Periodo angioino-aragonese ===
[[File:Curinga acquedotto medievale normanno trappeto.jpg|miniatura|Curinga. Acquedotto medievale utilizzato per convogliare acqua nei trappeti dove si lavorava la canna da zucchero.]]
Con la caduta di [[Manfredi di Sicilia|re Manfredi]], gli Angioni si insediarono nel territorio. Nel 1269 Lacconia venne concessa a Giordano Sanfelice mentre il cenobio di San Nicola in Calavrici divenne base operativa e osservatorio di Gillotto Santoliceto nel suo tentativo di impadronirsi di Rocca [[Niceforo II Foca|Nicefora]] (Rocca Angitola), tentativo riuscito nel 1278. Ai Santoliceto, uomini di fiducia di [[Carlo I d'Angiò|Carlo I]], verranno riconosciuti i diritti su Lacconia, Curinga e Calavrici, oltre che su Maida ed il resto del feudo. Furono anni bui per la popolazione del luogo, costretta a subire prepotenze e angherie di ogni genere da parte dei nuovi signori. Durante il dominio angioino, i monasteri, che tanto si erano adoperati per il rifiorire della piana, versano in uno stato di abbandono. La popolazione insorge nel 1283 ([[Vespri siciliani|Guerra del Vespro]]), aggravando ulteriormente la situazione economica, politica, sociale e religiosa già al collasso a causa del fiscalismo degli Angioini, delle incursioni saracene e dalle truppe assoldate dalle parti in lizza. Il monastero di San Nicola viene devastato e, abbandonato dai monaci, non verrà più riedificato<ref>{{Cita libro|autore= Sebastiano Augruso, Palma De Vita, Pietro Monteleone e Giovambattista Calvieri|titolo=Geografie Verticali|anno=2001|editore=Qualecultura / Jaca Book|città=Vibo Valentia |pp=
Nel 1459 le truppe di [[Ferdinando I di Napoli|Ferdinando I]] scacciano gli Angioini dal feudo, requisendo tutte le proprietà dei Caracciolo. Passate al figlio [[Federico I di Napoli|Federico]], questi concede numerosi benefici e franchigie e gli abitanti del luogo, diversamente dal resto della Calabria, godono di diritti e grazie. Vengono promossi lavori di bonifica e incrementate le colture di gelso con la costruzione di grandi trappeti per la lavorazione dello zucchero. Curinga è sede di abili artigiani del vetro: «in un luogo vicino, Coriga, si solevano in questi anni passati fare bellissimi vasi di vetro»<ref>{{Cita libro|autore=Girolamo Marafioti|titolo=Croniche et Antichità di Calabria|anno=1601 }}</ref>. Nel 1496, per far fronte all'imminente guerra, Federico dovette cedere il feudo a Marcantonio Caracciolo. Curinga e Lacconia ritornano sotto il dominio baronale.
Riga 116:
[[File:Curinga foto storica 1900 muratori operai falegnami.jpg|miniatura|220x220px|Muratori, falegnami e operai. Curinga, 1900.]]
[[File:Curinga foto storica 1908 vaccino malaria.jpg|miniatura|310x310px|Distribuzione alla popolazione dell'antimalarico Gullo. Curinga, 1908.]]
Caduta la [[Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica Napoletana]], il principe ereditiero borbonico transita nel 1806 per il Fondaco del Fico per raggiungere la Sicilia. Viene inseguito dal generale Reynier che fissa in Maida il quartier generale dei francesi proprio mentre un'armata inglese approda nel tratto di costa tra l'Angitola e l'Amato dando così inizio alla [[battaglia di Maida]], che vedrà gli inglesi vincitori, sostenere l'insurrezione calabrese. Il brigante Papasodero, da una Curinga occupata, con centinaia di uomini armati e insieme al borbonico Cancellieri tentò più volte di espugnare Maida, dove si erano rifugiati i benestanti della zona. I tentativi furono tutti respinti e l'ordine ristabilito. La riorganizzazione napoleonica portò alla soppressione del sistema feudale. Nel 1783 la baronia di Lacconia, oramai divenuta Acconia o Acquania, scomparve del tutto e il suo territorio venne assegnato definitivamente alla municipalità di Curinga.<ref>{{Cita libro|autore=Antonio F. Parisi|titolo=Lacconia. Un antico insediamento |pp=
Tuttavia le condizioni della popolazione rimangono tragiche, povertà e miseria sono ovunque e molte volte sfociano in atti di violenza. Nel 1848 le truppe borboniche si scontrano con i Nazionali e gli insorti calabresi presso Curinga nella battaglia delle Grazie. I molti curinghesi guidati da Francescantonio Bevilacqua insieme ad altri accorsi dai paesi vicini inflissero pesanti perdite e costrinsero i Regi guidati da [[Alessandro Nunziante|Nunziante]] a una disastrosa ritirata.
Riga 122:
Il 27 e il 28 agosto 1860 [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] è a Curinga acclamato da una folla piena di speranza. Incontra e dà ordini al generale [[Francesco Stocco|Stocco]] presso il Palazzo dei Bevilacqua. Cinquantacinque curinghesi e molti altri accorsi dai paesi limitrofi lo seguiranno dando vita alla seconda battaglia delle Grazie.
Svanita l'illusione unitaria, intuito il tradimento del nuovo re sabaudo e con il perdurare della situazione di miseria, Il 6 maggio 1870, Curinga insorge: un raggruppamento di duecento uomini mossi dagli ideali anarchici di [[Michail Bakunin|Bakunin]] proclama il governo provvisorio repubblicano di Curinga. Avanzano verso [[Maida]] seguendo le piste di montagna cambiando però direzione per unirsi agli altri 100 insorti provenienti da [[Cortale]] e diretti a [[Filadelfia (Italia)|Filadelfia]], dove si concentra il raggruppamento sotto la guida di [[Ricciotti Garibaldi]]. La notizia dell'insurrezione si diffuse e altri accorsero dalle campagne e dai paesi limitrofi armati alla men peggio. Il 7 maggio 1870 viene proclamata la Repubblica Universale di Filadelfia. Segnalata la comparsa dei moti insurrezionali la Prefettura di Catanzaro invia 122 uomini di gran lunga meglio organizzati e armati degli insorti. Questi ultimi, asserragliati nella parte più alta del paese, sperano nella sollevazione popolare, che tuttavia non avviene con vigore. Gli abitanti, già in condizione di miseria e impauriti per un ulteriore aggravamento della loro già misera condizione sociale, non supportano la rivolta che termina il 9 maggio con la cattura degli ultimi insorti. Ci saranno due morti tra la popolazione e uno tra i soldati.<ref>{{Cita libro|autore=Antonio Bonello|titolo=Curinga. Recuperi di storia e di vita sociale |pp=
Alto fu il tributo di sangue versato dai curinghesi durante le due guerre mondiali.
|