Eneide: differenze tra le versioni
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Il poema è stato composto in un periodo in cui a Roma stavano avvenendo grandi cambiamenti politici e sociali: la [[Repubblica romana|Repubblica]] era caduta, la guerra civile aveva squassato la società e l'inaspettato ritorno ad un periodo di pace e prosperità, dopo parecchi anni durante i quali aveva regnato il caos, stava considerevolmente mutando il modo di rapportarsi alle tradizionali categorie sociali e consuetudini culturali. Per reagire a questo fenomeno, l'imperatore [[Augusto]] stava tentando di riportare la società verso i valori morali tradizionali di Roma e si ritiene che la composizione dell{{'}}''Eneide'' sia specchio di questo intento. Enea infatti è tratteggiato come un uomo devoto, leale verso la sua gente e attento alla crescita di essa, piuttosto che preoccupato dei propri interessi. Egli ha iniziato un percorso che porterà alla fondazione ed alla gloria di Roma.
Con l{{'}}''Eneide'', inoltre, si tenta di legittimare l'autorità di [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] e, per estensione, di suo figlio adottivo Augusto e dei discendenti, dato che discendevano dalla [[Gens Iulia]], l'antica gens di [[Enea]]. Quando Enea compie il proprio viaggio nel mondo sotterraneo dei morti riceve una profezia riguardo alla futura grandezza dei suoi imperiali discendenti. Più in là avrà in dono da [[Vulcano (divinità)|Vulcano]] un'armatura e delle armi, tra le quali uno scudo decorato con immagini dei personaggi che daranno lustro a Roma, primo fra tutti Augusto. Alcune anticipazioni si riscontrano poi in senso onomastico, soprattutto nei personaggi secondari: il miglior amico di [[Ascanio]], Ati, è l'avo di Azia, madre di [[Ottaviano Augusto]]; dai quattro luogotenenti troiani di Enea che partecipano alla gara navale, Cloanto, Mnesteo, Gia e Sergesto, traggono la loro origine altrettante famiglie romane (i Cluenzi, i Memmi, la ''gens'' Gegania e i Sergi);<ref>Il poeta stesso lo dice espressamente per tre di questi personaggi, precisamente Cloanto, Mnesteo e Sergesto.</ref> in campo italico il principe sabino [[Clauso]] diventerà il progenitore della ''gens'' Claudia (destinata a fondersi con quella Iulia tramite il matrimonio che unirà [[Livia Drusilla]] ad Augusto), mentre non lasciano figli, ma sono destinati anch'essi a entrare in qualche modo nella storicità per il perpetuarsi della memoria dei loro nomi, Remo, [[Lamiro e Lamo|Lamiro, Lamo]], Serrano - i quattro giovani rutuli decapitati nel sonno da Niso - con Remo fratello di Romolo, la ''[[gens Aelia Lamia]]'', il soprannome ''Serranus'' per alcuni membri degli ''[[Gens Atilia|Attilii]]''. In questo il poeta non fa distinzioni tra vincitori e sconfitti.
Si può inoltre rivolgere l'attenzione al rapporto tra Troiani e Greci che si riscontra all'interno dell{{'}}''Eneide''. I Troiani secondo il poema furono gli antenati dei Romani, mentre gli eserciti greci, che avevano assediato e saccheggiato Troia, erano i loro nemici: tuttavia, all'epoca in cui l{{'}}''Eneide'' è stata scritta, i Greci facevano parte dell'[[Impero romano]] e, pur essendo un popolo rispettato e considerato per la sua cultura e civiltà, erano di fatto un popolo sottomesso. Virgilio risolve questo problema sostenendo che i Greci avevano battuto i Troiani solo grazie al trucco del [[cavallo di legno]], e non con una battaglia in campo aperto: in questo modo l'onore e la dignità dei Romani restavano salvi.
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