Perseo di Macedonia: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
No2 (discussione | contributi) m Corretto il collegamento Delfi con Delfi (città antica) (DisamAssist) |
Nessun oggetto della modifica |
||
Riga 50:
I sospetti da parte romana contro il tentativo da parte di Perseo di ricostituire l'antico prestigio macedone divennero più forti a partire dal [[175 a.C.]], quando, come ci narra [[Tito Livio]] (XLI, 19) una delegazione proveniente dal regno dei [[Dardani (popolo dei Balcani)|Dardani]] accusò Perseo di essere il fomentatore dei recenti attacchi da parte della popolazione [[sarmati|sarmata]] dei [[Bastarni]]. Una delegazione romana, guidata dal console [[Lucio Postumio Albino (console 173 a.C.)|Lucio Postumio Albino]], fu inviata per investigare e, sebbene Perseo avesse nel frattempo inviato degli emissari per perorare la sua innocenza di fronte al Senato romano, tuttavia venne da quest'ultimo ritenuto implicitamente colpevole.
Questi movimenti preoccuparono il [[re di Pergamo]] [[Eumene II]] che chiese l'intervento dei Romani. Secondo il racconto di [[Tito Livio]], fu il nobile brindisino [[Lucio Ramnio]] che mise in guardia il Senato delle manovre di Perseo, il quale incautamente gli aveva confidato le sue trame. Nel [[171 a.C.]] scoppiò così la [[terza guerra macedonica]] (171 a.C. - 168 a.C.), decisa dalla [[battaglia di Pidna|battaglia campale di Pidna]] ([[Tessaglia]]) tra l'esercito macedone e quello romano. Lo scontro fu vinto dai Romani, che lasciarono sul campo 20.000
La monarchia macedone venne quindi abolita, Perseo detronizzato e la regione divisa in quattro repubbliche autonome. Solo nel [[148 a.C.]], a seguito di una rivolta, la Macedonia fu ridotta definitivamente a [[provincia romana]]. Secondo la testimonianza degli storici antichi,<ref>[[Polibio]], ''[[Storie (Polibio)|Storie]]'', XXXVII 16; [[Tito Livio]], ''[[Ab urbe condita libri]]'', XLV, 42.</ref> Perseo, dopo aver subito il trionfo a Roma, venne deportato ad ''[[Alba Fucens]]'' assieme al figlio Alessandro e al suo seguito, dove sarebbe morto due anni dopo. Sempre Livio ci tramanda l'aneddoto secondo il quale alle domande del console [[Lucio Emilio Paolo Macedonico|Emilio Paolo]] che chiedeva al re sconfitto cosa l'avesse spinto al conflitto, Perseo rimanesse in silenzio piangendo.<ref>Tito Livio, ''Ab urbe condita libri'', XLV, 7-8.</ref><ref>Anche [[Eutropio]] (''[[Breviarium ab Urbe condita|Breviarium]]'', IV, 7) tramanda che Perseo avesse tentato di gettarsi ai piedi di Paolo, ma che questi glielo avesse impedito collocandolo accanto a sé.</ref>
|