Stefano Stampa: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
 
Stefano StampaStampo (il cui nome all'anagrafe era ''Giuseppe Antonio Stefano''<ref>{{Cita|Cassignoli}} e {{Cita|Ginzburg|p. 157}}</ref>), nacque in una casa di Via Meravigli a [[Milano]]<ref>{{Cita|Ginzburg|p. 157}}.</ref>, figlio del conte Decio [[Stampa (famiglia)|Stampa]] di Gravedona e di [[Teresa Borri]]. Rimasto orfano di padre quando aveva appena un anno di vita, Stefano trascorse l'infanzia e la prima giovinezza con la madre, trascorrendo il tempo ora a Milano, ora nella loro villa a [[Lesa]], sul Lago Maggiore<ref>{{Cita|Ginzburg|pp. 158-160}}.</ref>. La madre Teresa, notando nel figlio una predisposizione innata per l'arte figurativa, ne assecondò le inclinazioni mandandolo nello studio di [[Massimo d'Azeglio]], pittore piemontese e genero del Manzoni, e in quello dello stesso [[Francesco Hayez]]<ref>{{Cita|Ginzburg|p. 161}}; {{Cita|Brullo}} e {{Cita|Quei bei giorni di Lesa}}</ref>. Fu inoltre allievo del letterato milanese [[Luigi Rossari]]<ref>{{Cita|Tellini|p. 37}}.</ref>. Dopo il matrimonio della madre con Manzoni (23 gennaio 1837<ref>{{Cita|Boneschi|p. 363}}.</ref>), il diciottenne Stefano si trasferì anche lui nel [[Casa Manzoni|palazzo di Via del Morone]], dove inizialmente manifestò una forte avversione per la nuova vita famigliare, mantenendo rapporti freddi e formali con gli altri membri della famiglia<ref group="N">{{Cita|Brullo}}: «Stefano amava il Manzoni, ma non la sua fittissima famiglia». Col passare degli anni, Stefano però cominciò ad affezionarsi ai figli "superstiti" del Manzoni, in special modo con Vittoria (ne è un esempio la lettera accennata da {{Cita|Ginzburg|pp. 339-340}}). Freddi furono i rapporti con [[Filippo Manzoni|Filippo]] e in special modo con [[Enrico Manzoni|Enrico]].
</ref>, se non di aperta ostilità, come verso la madre del Manzoni, [[Giulia Beccaria]]<ref>{{Cita|Ginzburg|p. 168}} e {{Cita|Quei bei giorni di Lesa}}</ref>.
 
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== Opere ==
Stefano Stampa fu anche scrittore, elaborando saggi quali ''Elementi d'infinito'', un saggio dai contenuti religiosi e filosofici (1882); ''Il simbolo rosminiano'' (18871888); e ''Combattiamo l'ateismo - Riflessioni di S.S'' (1892)<ref>{{Cita|Ginzburg|p. 333; p. 337; p. 339}}.</ref>. Di ben più grande importanza, invece, è il lunghissimo resoconto della vita e del pensiero di Alessandro Manzoni intitolato ''Alessandro Manzoni: la sua famiglia, i suoi amici'' ([[Hoepli (casa editrice)|Ulrico Hoepli]], 1885), scritto in polemica con le ''Reminiscenze'' sul Manzoni di [[Cesare Cantù]] e delle memorie di [[Angelo De Gubernatis]]<ref>{{Cita|Stampa}}.</ref>. Tale resoconto, utile non solo per ricostruire i rapporti umani ed intellettuali del Manzoni, ma anche per conoscerne i minimi dettagli come uomo, arricchisce la memorialistica sullo scrittore lombardo sorta pochi anni dopo la sua morte.
 
== Note ==