Discesa di Carlo VIII in Italia: differenze tra le versioni
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[[File:Isabella d'Aragona di Napoli, lunetta.jpg|sinistra|miniatura|Lunetta di [[Isabella d'Aragona (1470-1524)|Isabella d'Aragona]] nella casa degli Atellani, Milano.]]
Altri invece, quali Carlo Rosmini e [[Paolo Giovio]], ne scaricano la colpa interamente su Beatrice, assolvendo in ciò Isabella:<ref name=":11">{{Cita libro|titolo=Dell'istoria di Milano del cavaliere Carlo de' Rosmini roveretano. Tomo 1, 1820|url=https://www.google.it/books/edition/Dell_istoria_di_Milano_del_cavaliere_Car/cZn2lXYM4DgC?hl=it&gbpv=0|pp=148-149 e 155-156}}</ref>{{Citazione|Beatrice, giovinetta altiera e ambiziosa, veggendo il marito governar dispoticamente lo Stato, accordar le grazie, dispensar gli onori e gli ufizj, e non lasciare al Nipote che il solo e nudo titolo di Duca, si avvisò essa pur d'imitarlo, e, già in possesso del cuore di lui, volle aver parte eziando nella pubblica amministrazione degli affari. [...] Soffrì alcun tempo Isabella tanta insolenza, ma pur finalmente dallo sdegno mossa e dalle suggestioni sospinta de' suoi famigliari, si diede ad altamente lagnarsi dell'ingiustizia [...]|Dell'istoria di Milano del cavaliere Carlo de' Rosmini roveretano. Tomo 1}}
Né l'uno né l'altro riconoscono però l'importanza dell'intervento di Beatrice nel respingere i francesi dalla Lombardia, né la sua positiva influenza nel governo dello stato milanese, alla qual cosa accennarono invece già alcuni autori coevi, quali [[Marin Sanudo il Giovane|Marin Sanudo]], Alessandro Salvago, [[Vincenzo Calmeta]], pur non essendo pienamente riconosciuta fino all'avvento degli storici ottocenteschi, e dimenticata da quelli successivi. [[Ludovico Ariosto]], considerato "il terzo grande pensatore politico del suo tempo, accanto a Machiavelli e Guicciardini",<ref>L'Orlando furioso, l'Italia (e i Turchi), note su identità, alterità, conflitti, Matteo di Gesù, Quodlibet Elements, 2020. pp. 9 e 83-84.</ref> legò anzi la presenza di Beatrice al destino dell'Italia intera: «Beatrice bea, vivendo, il suo consorte / e lo lascia infelice alla sua morte; / anzi tutta l'Italia, che con lei / fia [sarà] triunfante, e senza lei, captiva [prigioniera]»;<ref name="a 3">[[Orlando Furioso]], canto 42, ottave 91-92 ({{Cita libro|autore=Ludovico Ariosto|wkautore=Ludovico Ariosto|titolo=L'Orlando furioso|url=https://www.google.it/books/edition/L_Orlando_furioso_di_Lodovico_Ariosto/42lJAAAAMAAJ?hl=it&gbpv=0|anno=1839|editore=Lefevre|pp=280-281}})</ref> e ancora: «E Moro e Sforza e Viscontei [[Biscione (araldica)|colubri]], / lei viva, formidabili saranno / [...] lei morta, andran col [[Insubria|regno]] degl’[[Insubri]], / e con grave di tutta Italia danno, / in servitute; e fia stimata, senza / costei, ventura la somma prudenza».<ref>Orlando Furioso, canto 13, ottava 63 ({{Cita|Dina|p. 383}}).</ref>{{Citazione|E se non si può dar la colpa ad una donna dei grossi avvenimenti di poi, forse necessari in quel momento storico, è però vero che, se vi fosse stato bisogno di qualcuno che spingesse il Moro a chiamare gli stranieri in Italia per schiacciare e disperdere l'odiata dinastia aragonese, non si sarebbe potuto trovare nessuno più adatto di Beatrice. Ella era l'anima, ed un'indemoniata anima, della lotta che gli Sforza avevano impegnato contro il regno napoletano [...]|[[Maria Bellonci]], Lucrezia Borgia, Edizioni Mondadori, 2019.}}In un'ottica che tende però a occultare le presenze femminili nella storia, la colpa fu tradizionalmente attribuita al solo [[Ludovico il Moro|Ludovico Sforza]], come fecero ad esempio [[Niccolò Machiavelli]]<ref>Niccolò Machiavelli, <nowiki>''Istorie Fiorentine''</nowiki>, p. 432</ref> e [[Francesco Guicciardini]], che lo chiama "autore e motore di tutto il male",<ref>{{Cita libro|titolo=Delle istorie d'Italia di Francesco Guicciardini|url=https://books.google.it/books?id=RAM7bcDTdyEC&pg=PA191&dq|p=42}}</ref> e addirittura "causa della rovina del mondo".<ref>[https://www.google.it/books/edition/Rassegna_Italiana/mwJbfcZGmuIC?hl=it&gbpv=0&bsq=per%20acquistarlo%20fu%20causa%20della%20rovina%20del%20mondo Rassegna Italiana politica, letteraria and artistica], 1932, p. 391; Studi in onore di Pietro Silva, Pietro Silva, Università di Roma, Facoltà di magistero, 1957, F. Le Monnier, p. 296.</ref>{{Citazione|Se bene e' fu signore di grande ingegno e valente uomo, e così mancassi di crudeltà e di molti vizii che sogliono avere i tiranni, e potessi per molte considerazioni essere chiamato uomo virtuoso, pure queste virtù furono oscurate e coperte da molti vizii; [...] ma quello perché trovò meno compassione fu una ambizione infinita, la quale, per essere arbitro di Italia, lo
Ludovico stesso si pentiva delle proprie azioni, ammettendo di avere "fatto gran male all'Italia", seppure al solo scopo di conservare la propria posizione, ma ne dava la colpa al re di Napoli e in parte anche alla Signoria di Venezia:<ref name=":26">{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-sforza-detto-il-moro-duca-di-milano_%28Dizionario-Biografico%29/|titolo=LUDOVICO Sforza, detto il Moro, duca di Milano|autore=Gino Benzoni}}</ref>
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