Dignitatis Humanae: differenze tra le versioni

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La '''Dignitatis Humanae''' è una dichiarazione del [[Concilio Vaticano II]] ''sulla libertà religiosa''. Approvato con {{formatnum:2308}} voti favorevoli e 70 contrari dai [[vescovo|vescovi]] radunati in [[concilio]], fu promulgato da [[papa Paolo VI]] il 7 dicembre [[1965]].
 
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Quest'affermazione riprende il concetto espresso dalla costituzione dogmatica ''[[Lumen Gentium]]'', che era stata approvata il 21 novembre [[1964]]. L'interpretazione del ''[[subsistit in]]'' ha lasciato spazio a tesi tipiche dell'[[ermeneutica del Concilio Vaticano II|ermeneutica della discontinuità]], secondo cui la vera religione potrebbe sussistere anche in altre chiese o religioni, ma è stata autorevolmente chiarita il 6 agosto [[2000]] con la dichiarazione ''[[Dominus Iesus]]'' della [[Congregazione per la Dottrina della Fede]], che afferma che «esiste un'unica Chiesa di Cristo, che sussiste nella Chiesa cattolica governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui».<ref>Roberto de Mattei, ''Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta'', Torino, 2010, pp. 445-446</ref>
 
{{quoteCitazione|Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa|Dignitatis Humanae 2,a}}
{{quoteCitazione|Quanto questo Concilio Vaticano [secondo] dichiara sul diritto degli esseri umani alla libertà religiosa ha il suo fondamento nella dignità della persona, le cui esigenze la ragione umana venne conoscendo sempre più chiaramente attraverso l’esperienza dei secoli. Anzi, una tale dottrina sulla libertà affonda le sue radici nella Rivelazione divina, per cui tanto più va rispettata con sacro impegno dai cristiani|''Dignitatis humanae'',, n. 9}}
Significativamente, il diritto alla libertà religiosa viene fondato sulla Rivelazione divina, conferendo un carattere dogmatico alla sua affermazione quale diritto dell'ordine divino della Creazione e, di conseguenza, dell'ordine naturale manifesto nella storia umana e nella vita delle singole persone.<ref>{{cita web|url=https://www.radiospada.org/2013/06/linfallibilita-della-chiesa-e-del-papa-magistero-universale-e-ordinario/|titolo=L’infallibilità della Chiesa e del Papa: Magistero universale e ordinario|data=30 giugno 2013|autore=Carlo Di Pietro}}
Citazione: ''Ebbene, anche se volessimo passare il titolo di “Concilio non dogmatico”, in alcuni punti è evidentemente certo che ha vincolato ed ha parlato universalmente, quindi sarebbero stati (Papa e Chiesa con Papa) comunque assistiti!''.</ref>
Ogni persona ha il diritto alla libertà religiosa, cioè ogni persona deve essere libera nel credere secondo la propria coscienza, e nessuno, singolo, gruppo o stato, può costringerla a cambiare idea. L'esercizio di questa libertà è ''“entro debiti limiti”'': cioè nel rispetto della legge morale naturale.
{{quoteCitazione|Il diritto alla libertà religiosa si fonda sulla stessa dignità della persona umana|Dignitatis Humanae 2,a}} {{quoteCitazione|Gli imperativi della legge divina l'uomo li coglie e li riconosce attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente… Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza|Dignitatis Humanae 3,b}}
Attraverso queste due affermazioni il Concilio espone i fondamenti della libertà religiosa:
* la dignità della persona umana (libera nel decidere e orientare la propria vita) e