Bombardamento di Manama: differenze tra le versioni

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All'inizio dell'ottobre 1940, constatato che gli attacchi avevano reso inattivi gli impianti petroliferi di Haifa, il comando supremo della Regia Aeronautica ([[Superaereo]]) propose di estendere la campagna di bombardamenti andando a colpire nel [[Golfo Persico]] le raffinerie della [[Bahrain Petroleum Company]] di [[Manama]], nell'allora [[protettorato]] britannico del [[Bahrein]]. La missione si presentava come una difficile impresa aeronautica, visto che Manama distava circa 2.500 chilometri dalle più vicine basi italiane nel Dodecaneso, ma attrasse l'attenzione di [[Ettore Muti]], segretario del [[Partito Nazionale Fascista]] ma all'epoca in forza alla Regia Aeronautica con il grado di [[tenente colonnello]] e posto al comando del XLI Gruppo da bombardamento del [[12º Stormo]] di base all'[[aeroporto di Gadurrà]] a [[Rodi]]. Muti incaricò il capitano [[Paolo Moci]], ufficiale del 12º Stormo già [[pilota collaudatore]] per il [[Centro sperimentale di Guidonia]] della Regia Aeronautica, di studiare la fattibilità della missione. Moci escluse la possibilità di portare a termine il raid con i bombardieri [[Savoia-Marchetti S.M.79]] in forza al XLI Gruppo, ma dopo uno studio condotto con il colonnello ingegnere Torre del centro di Guidonia ritenne la missione fattibile impiegando come bombardieri gli aerei da trasporto [[Savoia-Marchetti S.M.82]]<ref name=eaf51.org>{{cita web|url=http://www.eaf51.org/newweb/Documenti/Storia/Barhein.pdf|titolo=Bombe su Barhein|accesso=4 marzo 2021}}</ref><ref name=dodecaneso.org>{{cita web|url=http://www.dodecaneso.org/bahrein.htm|titolo=1940 - Missione Bahrein|accesso=4 marzo 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160802231803/http://www.dodecaneso.org/bahrein.htm#}}</ref>.
 
Portato in volo la prima volta il 30 ottobre 1939<ref name=aerostoria.com>{{cita web|url=https://www.aerostoria.com/2014/04/missione-impossibile-attaccare-le.html|titolo=Missione impossibile: attaccare le Bahrain|accesso=4 marzo 2021|dataarchivio=30 novembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201130070126/https://www.aerostoria.com/2014/04/missione-impossibile-attaccare-le.html|urlmorto=sì}}</ref>, lo S.M.82 era un velivolo a lunga autonomia inizialmente destinato al trasporto di carichi pesanti e truppe sulle lunghe distanze, frequentemente impegnato fin dai primi giorni di guerra per mantenere i collegamenti tra l'Italia e le sue colonie in [[Africa]]; dopo l'entrata in guerra il velivolo fu rapidamente destinato anche al ruolo di bombardiere a lungo raggio, conducendo alcune missioni di attacco su [[Malta]] e [[Gibilterra]]. Moci ritenne che, con un carico di carburante extra e facendo ritorno dopo il raid non a Rodi ma alla più vicina base di [[Massaua]] (poi [[Aeroporto Internazionale di Massaua]]) nell'[[Africa Orientale Italiana]], i velivoli avrebbero avuto l'autonomia necessaria a compiere l'intero lungo volo anche se con un margine piuttosto ristretto. La presenza di venti contrari per gran parte del tragitto, in particolare, avrebbe potuto compromettere l'arrivo a Massaua, stante la bassa velocità che i velivoli potevano sviluppare con un sovraccarico di tre tonnellate dato dal carburante aggiuntivo; solo dopo che il servizio meteorologico ebbe predetto per la metà di ottobre venti favorevoli o assenza di venti sulla rotta prestabilita Moci ritenne che la missione potesse avere luogo. La partecipazione di Muti, segretario del partito, a una missione così pericolosa portò il [[capo di stato maggiore]] dell'aeronautica generale [[Francesco Pricolo]] ad avanzare dubbi e ripensamenti, non volendo che il gerarca corresse simili rischi; alla fine la questione fu risolta da [[Benito Mussolini|Mussolini]], che autorizzò tanto il raid quanto la partecipazione di Muti a esso<ref name=eaf51.org /><ref name=dodecaneso.org />.
 
Il centro sperimentale di Guidonia prese in carico quattro S.M.82 e li dotò di serbatoi di carburante supplementari; un quinto S.M.82 fu dotato di un [[radiogoniometro]] e distaccato a Massaua per fungere da velivolo di soccorso nel caso uno o più degli apparecchi fossero precipitati nel [[Deserto Arabico]] durante il volo di rientro. Quattro equipaggi del XLI Gruppo rientrarono a [[Roma]] da Rodi per ottenere l'abilitazione al volo con gli S.M.82 presso l'[[Aeroporto di Roma-Ciampino|aeroporto di Ciampino]]<ref name=eaf51.org />; i capi equipaggio designati erano Muti (con il capitano Moci al suo fianco), il tenente colonnello [[Fortunato Federigi]], il capitano Mayer e il capitano [[Antonio Zannetti]]<ref name=aerostoria.com />. Il 14 ottobre i quattro apparecchi si trasferirono in volo da Ciampino a Gadurrà, con la previsione di partire per Manama entro un paio di giorni sfruttando la concomitante Luna piena per condurre un attacco notturno. Nei giorni seguenti, tuttavia, un forte vento interessò la zona di Gadurrà rendendo impossibili i decolli dal lato della pista affacciato direttamente sul mare, del tutto privo di ostacoli; le partenze rimanevano possibili dal lato opposto della pista, affacciato sull'entroterra di Rodi, ma ciò richiedeva una virata di 180° subito dopo il [[decollo]] per evitare le vicine colline. Si temeva che per i sovraccarichi S.M.82 una simile manovra fosse impossibile, ma Moci, il pilota del gruppo con maggiore esperienza sull'apparecchio, condusse una serie di prove di decollo con l'aereo dotato di carichi progressivamente crescenti, dimostrando la fattibilità della virata. Alla fine, il via libera alla missione venne dato la sera del 18 ottobre 1940<ref name=eaf51.org /><ref name=dodecaneso.org />.
 
== Il raid ==