=== Il trattato di Maastricht, laccordo Andreatta-Van Miert e le privatizzazioni in Italia ===
{{Vedi anche|Privatizzazioni in Italia}}
{{chiarire|PerLa leCommissione sorti dell'IRI fu decisiva l'accelerazione del processo di unificazione europeaEuropea, che prevedeva l'unione doganale nel 1992 ed il successivo passaggio alla moneta unica sotto i vincoli del [[Trattato di Maastricht]].|poco chiaro}} Perper garantire il principio della [[libera concorrenza]], la Commissione Europea negli anni ottanta aveva incominciato a contestare alcune pratiche messe in atto dai governi italiani, come la garanzia dello Stato sui debiti delle aziende siderurgiche e la pratica di affidare i lavori pubblici all'interno del gruppo IRI senza indire gara d'appalto europea. La [[ricapitalizzazione]] delle aziende pubbliche e la garanzia dello Stato sui loro debiti furono da allora considerati aiuti di stato, in contrasto con i principi su cui si basava la [[Comunità Europea]]; l'Italia si trovò quindi nella necessità di riformare, secondo criteri di gestione più vicini a quelli delle aziende private, il suo settore pubblico, incentrato su IRI, [[Eni]] ed [[EFIM]]. Poco dopo la firma del [[trattato di Maastricht]] il [[governo Amato I]] con decreto legge 11 luglio 1992, n. 333 - convertito in legge 08 agosto 1992, n. 359 trasformó l'IRI e gli altri enti pubblici furono convertiti in società per azioni. Nel luglio dell'anno successivo il commissario europeo alla Concorrenza [[Karel Van Miert]] contestò all'Italia la concessione di fondi pubblici all'EFIM, che non era più in grado di ripagare i propri debiti.
Le ricapitalizzazioni delle aziende pubbliche e la garanzia dello Stato sui loro debiti furono da allora considerati aiuti di stato, in contrasto con i principi su cui si basava la [[Comunità Europea]]; l'Italia si trovò quindi nella necessità di riformare, secondo criteri di gestione più vicini a quelli delle aziende private, il suo settore pubblico, incentrato su IRI, [[Eni]] ed [[EFIM]]. Nel luglio [[1992]] l'IRI e gli altri enti pubblici furono convertiti in Società per azioni. Nel luglio dell'anno successivo il commissario europeo alla Concorrenza [[Karel Van Miert]] contestò all'Italia la concessione di fondi pubblici all'EFIM, che non era più in grado di ripagare i propri debiti.
Per evitare una grave crisi d'insolvenza, Van Miert concluse, alla fine del 1993, con l'allora ministro degli Esteri [[Beniamino Andreatta]] un accordo<ref>[http://europa.eu/rapid/press-release_IP-96-1197_it.htm europa.eu: press release IP-96-1197]</ref>, che consentiva allo Stato italiano di pagare i debiti dell'EFIM, ma a condizione dell'impegno incondizionato a stabilizzare i debiti di IRI, ENI ed [[Enel]] e poi a ridurli progressivamente ad un livello comparabile con quello delle aziende private entro il [[1996]]. Per ridurre in modo così sostanzioso i debiti degli ex-enti pubblici, l'Italia non poteva che privatizzare gran parte delle aziende partecipate dall'IRI.
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