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'''Biografia'''
 
Carmela Baricelli nacque a Casalbuttano il 25 gennaio 1861, figlia di Stefano, agente di commercio che aveva ereditato dal padre il ruolo di uomo di fiducia della famiglia nobiliare Jacini, in stretti legami con il Cavour, e di Carolina Sartori, filatrice di professione¹<ref name=":0">{{Cita sito|url=https://liberliber.it/autori/autori-b/carmela-baricelli/|titolo=Carmela Baricelli|accesso=11 giugno 2025}}</ref>. Ebbe sette fratelli, nessuno dei quali tuttavia le sopravviverà.
 
Nel 1872 si trasferì con la famiglia a Cremona dove rimase fino al 1904. La famiglia cambiò spesso domicilio, sempre nell'ambito di Cremona, e nel frattempo nacquero altri tre figli oltre ai cinque che erano già al mondo al momento del trasferimento, ma tre degli otto morirono entro i primi dieci anni di vita. 2Nonostante il suo forte desiderio di intraprendere gli studi, fu costretta dalle circostanze a intraprendere sin da piccola la professione di sarta<ref name=":0" />. Ma nel 1873 si ribellò platealmente per manifestare la sua intenzione di voler andare a scuola poiché già in grado di leggere e scrivere, fu iscritta direttamente alla seconda elementare. Bruciò le tappe e appena sei anni dopo, nel 1879, conseguì il diploma di maestra. Si laureò nel 1887 a Pavia, risultato da primato dato che solo da quell'anno una disposizione di legge consentiva alle donne l'accesso all'università (formalmente aperta fin dal 1870, ma in pratica tutte le iscrizioni femminili venivano respinte).
 
Tre anni dopo la laurea, Carmela inizia subito a insegnare presso l'istituto Anguissola di Cremona, dopo aver ottenuto il diploma di abilitazione all'insegnamento di lingua e lettere italiane nelle scuole magistrali. Lì inizierà a collaborare, nel 1885, come giornalista con “La provincia-Corriere di Cremona” firmando spesso con lo pseudonimo Malvina,  ricordando la scrittrice veneta e conferenziera proto femminista Malvina Frank.
Nonostante il suo forte desiderio di intraprendere gli studi, fu costretta dalle circostanze a intraprendere sin da piccola la professione di sarta1.
 
leLe decisioni di CarmleaCarmela facilitarono la vita alla sorella Edvige, ebbe un accesso  della sorella meno difficoltoso agli studi e brillò come educatrice. Raggiunse la direzione del centro [[Alfeno Varo]], dove collaborò con lo pseudonimo ''William'' al settimanale ''Interessi cremonesi<ref 2''name=":0" />.
Ma nel 1873 si ribellò platealmente per manifestare la sua intenzione di voler andare a scuola poiché già in grado di leggere e scrivere, fu iscritta direttamente alla seconda elementare. Bruciò le tappe e appena sei anni dopo, nel 1879, conseguì il diploma di maestra.
 
=== '''Impegno politico e sociale''' ===
Si laureò nel 1887 a Pavia, risultato da primato dato che solo da quell'anno una disposizione di legge consentiva alle donne l'accesso all'università (formalmente aperta fin dal 1870, ma in pratica tutte le iscrizioni femminili venivano respinte).
La sua lunga permanenza a Cremona si caratterizzò per la posizione da protagonista che assunse nell'ambito delle lotte sociali caratteristiche di quel periodo<ref 4name=":1">{{Cita libro|autore=Carmela Baricelli|titolo=Ritorno alla fede sulle vie del Vangelo. Uno sguardo sul mondo|anno=1941|editore=Vescovile Queriniana}}</ref>. Nel 1892 fu presente a Genova al congresso dal quale nacque il Partito dei lavoratori italiani.
 
Entrò a far parte anche della commissione esecutiva della camera del lavoro di Cremona che nel 1893 aveva contribuito a fondare, di cui fu figura rappresentativa di spicco con un consenso di 308 dei 314 votanti all'atto dell'istituzione<ref 5name=":1" />. Insieme all'allora presidente Garibotti, concretizzò la sua idea di organizzare ed educare gli operai tramite l'avviamento di una scuola serale e di assistenza ai disoccupati tramite l'istituzione di un vero e proprio ufficio di collocamento5.
Tre anni dopo la laurea, Carmela inizia subito a insegnare presso l'istituto Anguissola di Cremona, dopo aver ottenuto il diploma di abilitazione all'insegnamento di lingua e lettere italiane nelle scuole magistrali. Lì inizierà a collaborare, nel 1885, come giornalista con “La provincia-Corriere di Cremona” firmando spesso con lo pseudonimo Malvina,  ricordando la scrittrice veneta e conferenziera proto femminista Malvina Frank
 
Fu promotrice della lega per l'emancipazione femminile e sempre in prima linea nell'organizzazione degli scioperi delle filande, pezzo forte dell'industria cremonese<ref 2name=":0" />. In collaborazione con Leonida Bissolati, organizzò i primi scioperi delle lavoratrici impiegate nelle filande della realtà cremonese che ebbero luogo a decorrere dal 1893³. In piazza insieme alle filatrici, Baricelli, che esercitava su di loro un notevole ascendente7ascendente<ref name=":2">{{Cita libro|autore=Angelo Maria Telli|titolo=Lettera al Paradiso con nastro azzurro|anno=2000|editore=Edizioni Il Galleggiante|p=54}}</ref>, chiese l'aumento di mezzo centesimo sulla paga oraria, l'abolizione delle multe e la riduzione a 13 ore, anziché 14, dell'impegno di lavoro giornaliero delle cernitrici7cernitrici<ref name=":2" />. Gli scioperi erano tesi ad ottenere orari di lavoro più brevi (da 12 a 14 ore in quegli anni) e almeno piccoli incrementi salariali¹.
le decisioni di Carmlea facilitarono la vita alla sorella Edvige, ebbe un accesso  della sorella meno difficoltoso agli studi e brillò come educatrice. Raggiunse la direzione del centro Alfeno Varo, dove collaborò con lo pseudonimo ''William'' al settimanale ''Interessi cremonesi 2'' .
 
'''Impegno politico e sociale'''
 
La sua lunga permanenza a Cremona si caratterizzò per la posizione da protagonista che assunse nell'ambito delle lotte sociali caratteristiche di quel periodo 4. Nel 1892 fu presente a Genova al congresso dal quale nacque il Partito dei lavoratori italiani.
 
Entrò a far parte anche della commissione esecutiva della camera del lavoro di Cremona che nel 1893 aveva contribuito a fondare, di cui fu figura rappresentativa di spicco con un consenso di 308 dei 314 votanti all'atto dell'istituzione 5. Insieme all'allora presidente Garibotti, concretizzò la sua idea di organizzare ed educare gli operai tramite l'avviamento di una scuola serale e di assistenza ai disoccupati tramite l'istituzione di un vero e proprio ufficio di collocamento5.
 
Fu promotrice della lega per l'emancipazione femminile e sempre in prima linea nell'organizzazione degli scioperi delle filande, pezzo forte dell'industria cremonese 2. In collaborazione con Leonida Bissolati, organizzò i primi scioperi delle lavoratrici impiegate nelle filande della realtà cremonese che ebbero luogo a decorrere dal 1893³. In piazza insieme alle filatrici, Baricelli, che esercitava su di loro un notevole ascendente7, chiese l'aumento di mezzo centesimo sulla paga oraria, l'abolizione delle multe e la riduzione a 13 ore, anziché 14, dell'impegno di lavoro giornaliero delle cernitrici7. Gli scioperi erano tesi ad ottenere orari di lavoro più brevi (da 12 a 14 ore in quegli anni) e almeno piccoli incrementi salariali¹.
 
'''La carriera di insegnante e il trasferimento per motivi politici'''
 
L'inizio del 1900 segnò il principio di una lunga carriera, svolta in diversi istituti del Nord Italia². Dopo l'Istituto di Cremona, nel 1904 fu la volta dell'Istituto Magistrale "Adelaide Cairoli" di Pavia1Pavia<ref name=":0" />, finché, dal 1912 al 1914, anni che coincisero con la sua militanza socialista, venne trasferita, come lei stessa riferì nella sua autobiografia, "per castigo delle mie idee che parevano rivoluzionarie"1, presso l'Istituto Magistrale di Padova. Il trasferimento per motivi politici evidenzia le pressioni del sistema educativo dell'epoca sui docenti dalle idee progressiste.
 
Durante l'esperienza padovana, la Baricelli intraprese una sua personale indagine sulle condizioni del proletariato femminile nella provincia di Padova, da lei stessa definita «brevissima e incompiuta», ma in realtà ricca di dati sul numero di operaie impiegate, su paghe e orari, multe, tipo di lavoro20. Le balzò subito agli occhi la specificità della situazione padovana: la donna lavoratrice era «abbandonata allo sfruttamento industriale, e percepisce tuttora salari di fame già sorpassati ovunque il socialismo ha saputo trasformare la coscienza di classe tra le donne portandole ad una più equa valutazione del loro lavoro»20. Nelle sue conclusioni dell'inchiesta sul lavoro femminile nella provincia padovana emergeva un triste panorama: «Di previdenza per malattia o per vecchiaia nessuna traccia, le organizzazioni di resistenza sono lettera morta. I tentativi fatti per riunire in lega le lavoratrici naufragarono tutti per l'opera deleteria delle egoiste e delle fanatiche sobillate dai preti». 27