La Zisa: differenze tra le versioni

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L’appellativo Mustaʿizz è riferito, secondo [[Michele Amari]], a Guglielmo II anche in un’iscrizione in caratteri ''naskhī'' nell’intradosso dell’arcata d’accesso alla Sala della Fontana.
 
Un’altra iscrizione, invece, ben più famosa – in caratteri [[Kufico|cufici]] – è a tutt’oggi conservata nel muretto d’attico del palazzo, tagliata ad intervalli regolari nel tardo medioevo, quando la struttura fu trasformata in fortezza. Alla luce di queste fonti, la maggior parte degli studiosi sono concordi nel fissare al [[1175]] la data di completamento dei lavori del ''solarium'' reale.
 
Fino al [[XVII secolo]] il ''palatium'' non venne sostanzialmente modificato, come ci testimonia la descrizione del [[1526]] fatta dal monaco bolognese [[Leandro Alberti]], che visitò la Zisa in quell’anno. Significativi interventi di restauro si ebbero negli anni [[1635]]-[[1936|36]], quando [[Giovanni de Sandoval]] acquistò la Zisa, adattandola alle nuove esigenze abitative. In occasione di questi lavori fu aggiunto un altro piano chiudendo il terrazzo e si costruì, nell’ala destra del palazzo, secondo la moda dei tempi, un grande scalone, resecando i muri portanti e distruggendo le originarie scale d’accesso.
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Il palazzo della Zisa, concepito come dimora estiva dei re, nasce da un progetto unitario, realizzato da un architetto di matrice culturale islamica ben consapevole di tutta una serie di espedienti per rendere più confortevole questa struttura durante i mesi più caldi dell’anno. Si tratta, infatti, di un edificio rivolto a nord-est, cioè verso il mare per meglio godere delle brezze più temperate, specialmente notturne, che venivano captate dentro il palazzo attraverso i tre grandi [[fornice|fornici]] della facciata e la grande finestra belvedere del piano alto. Questi venti, inoltre, venivano inumiditi dal passaggio sopra la grande peschiera antistante il palazzo e la presenza di acqua corrente all’interno della ''Sala della Fontana'' dava una grande sensazione di frescura. L’ubicazione del bacino davanti al fornice d’accesso, infatti, è tutt’altro che casuale: esso costituiva una fonte d’umidità al servizio del palazzo e le sue dimensioni erano perfettamente calibrate rispetto a quelle della Zisa. Anche la dislocazione interna degli ambienti era stata condizionata da un sistema abbastanza complesso di circolazione dell’aria che attraverso canne di ventilazione, finestre esterne ed altri posti in riscontro stabilivano un flusso continuo di aria.
 
La stereometria e la simmetria del palazzo sono assolute. Esso è orizzontalmente distribuito in tre ordini, il primo dei quali al piano terra è completamente chiuso all’esterno, fatta eccezione per i tre grandi fornici d’accesso. Il secondo ordine è segnato da una cornice marcapiano che delinea anche i vani delle finestre, mentre il terzo, quello più alto, presenta una serie continua di arcate cieche. Una cornice con l’iscrizione dedicatoria chiudeva in alto la costruzione con una linea continua. Si tratta di un’iscrizione in caratteri [[Kufico|cufici]], molto lacunosa e priva del nome del re e della data, che è tuttora visibile nel muretto d’attico del palazzo. Questa iscrizione venne, infatti, tagliata ad intervalli regolari per ricavarne merli nel momento in cui il palazzo fu trasformato in fortezza.
 
Il piano terra del palazzo è costituito da un lungo [[vestibolo]] interno che corre per tutta la lunghezza della facciata principale sul quale si aprono al centro la grande ''Sala della Fontana'', nella quale il sovrano riceveva la corte, e ai lati una serie di ambienti di servizio con le due scale d’accesso ai piani superiori. La ''Sala della Fontana'', di gran lunga l’elemento architettonico più caratterizzante dell’intero edificio, ha una pianta quadrata sormontata da una [[volta a crociera]] ogivale, con tre grandi nicchie su ciascuno dei lati della stanza, occupate in alto da semicupole decorate da ''[[muqarnas]]'' (decorazioni ad alveare). Nella nicchia sull’asse dell’ingresso principale si trova la fontana sormontata da un pannello a mosaico su fondo oro, sotto il quale scaturisce l’acqua che, scivolando su una lastra marmorea decorata a ''[[chevrons]]'' posta in posizione obliqua, viene canalizzata in una canaletta che taglia al centro il pavimento della stanza e che arriva alla peschiera antistante. In questo ambiente sono ancora visibili i resti di affreschi parietali realizzati nel [[1600]] dai Sandoval.