Marco Tullio Cicerone: differenze tra le versioni
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==== Panoramica alfabetica delle opere sulla retorica pervenuteci ====
* ''[[Brutus (Cicerone)|Brutus]]'': il libro dedicato a [[Marco Giunio Bruto]] venne scritto all'inizio del [[46 a.C.]] e tratta, nella forma di un dialogo tra Cicerone, Bruto ed Attico, la storia dell'arte retorica romana fino a Cicerone stesso. Dopo un'introduzione (1-9) Cicerone inizia un confronto con la retorica greca (25-31) e sottolinea che l'arte oratoria, poiché è la più complessa di tutte le arti, solo tardi giunse alla perfezione. Mentre ritiene gli antichi oratori romani appena mediocri, parla di [[Marco Porcio Catone|Catone]] come base della propria esperienza. [[Lucio Licinio Crasso]] e [[Marco Antonio Oratore]], entrambi protagonisti del ''De oratore'', sono dettagliatamente confrontati (139 e ss.). Dopo un'escursione sull'importanza del giudizio del pubblico (183-200) e una riflessione sull'oratore Ortensio (201-283), Cicerone respinge fermamente il modello dell'[[Atticismo]] (284-300). L'opera culmina in confronto tra l'arte oratoria di Ortensio e di Cicerone stesso, non senza una notevole dose di autocelebrazione (301-328), egli infatti presenta se stesso come il punto d'arrivo di un processo di sviluppo dell'arte oratoria. Punto principale dell'opera è la critica alla diffusione nello stile [[neoattico]], a cui anche il giovane Bruto appartiene, difendendo il suo stile, assai più ricco e magniloquente, dalla critica di essere un esempio dello stile [[asianesimo|asiano]].
* ''[[De inventione]]'': ("L'invenzione retorica"): sviluppato tra l'[[85 a.C.]] e l'[[80 a.C.]] questo è il primo di due libri di una descrizione globale della retorica, mai completata. Cicerone rinunciò a completarla, per dedicarsi ad una più accattivante rappresentazione nel ''De oratore'', e tuttavia l'opera servì, nonostante il carattere frammentario, come testo d'insegnamento fino al Medioevo. La parte completata tratta nel primo libro dei concetti principali della retorica (I 5-9), la dottrina dell'insegnamento della retorica in riferimento ad [[Ermagora di Temno]] (I 10-19) nonché il ruolo dell'oratore (I 19-109); il secondo libro tratta delle tecniche d'argomentazione, soprattutto nelle arringhe giuridiche (II 11-154) nonché brevemente delle orazioni di fronte al popolo (II 157-176) e in occasione di celebrazioni (II 177-178). Le dichiarazioni di Cicerone per quanto riguarda il contenuto dell'opera presentano molte somiglianze con la [[Rhetorica ad Herennium]], ma per lungo tempo erratamente ritenuta sua, cosa che ha portato a numerose discussioni tra gli studiosi riguardo al rapporto tra le due opere. Entrambi gli scritti sono all'incirca dello stesso periodo e si basano direttamente o indirettamente sulle medesime o su affini fonti greche. Inoltre c'è una notevole somiglianza letterale in alcuni periodi, cosa che suggerisce probabilmente anche una comune fonte latina, forse originata da un comune insegnamento dottrinario che ha mediato il preponderante contenuto di origine greca.
* ''[[De optimo genere oratorum]]'' ("Sulla miglior arte dell'oratoria"): questa breve opera, scritta probabilmente nel [[46 a.C.]] o, secondo altri pareri, già nel [[50 a.C.]], è un'introduzione alla traduzione delle orazioni di [[Demostene]] ed [[Eschine]], per e contro Ctesifonte. L'introduzione verte soprattutto sugli [[atticismo|atticisti]] romani, all'incirca con le stesse argomentazioni dell{{'}}''Orator''. La traduzione comunque non ci è pervenuta, e non è chiaro se Cicerone l'abbia mai effettivamente completata. L'autenticità dell'opera è stata più volte messa in discussione, ma oggi è per lo più accettata.
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