Eneide: differenze tra le versioni

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Enea, scagliata una lancia contro Turno, vince lo scontro ferendo gravemente il nemico: poi sguaina la spada affilata da entrambe le parti e con essa muove verso lo sconfitto, ma si arresta quando Turno lo implora di rendere il suo corpo al padre [[Dauno]] ("Tu puoi usar la tua sorte. Ma se del misero padre un pensiero può ancora toccarti, ti prego [...], pietà della vecchiezza di Dauno e, sia pur corpo privo di vita, se questo ti piace, rendimi ai miei. Hai vinto [...]. Di più non voglia il tuo odio").<ref>{{Cita libro|autore = Rosa Calzecchi Onesti|titolo = Eneide|anno = 1967|editore = Einaudi|città = Torino}}</ref> Quando però vede su di lui il "balteo", cinturone che Turno aveva strappato a Pallante dopo averlo ucciso, la pietà viene meno e prevale la vendetta. Enea affonda la spada nel petto di Turno - che muore emettendo l'anima con un rantolo atroce.
 
Così ha termine, un po' bruscamente, il poema; manca la parte dove Enea sposa Lavinia e si riappacifica con gli [[Italici]], i quali permetteranno quindi ai Troiani di poter finalmente stabilirsi nel [[Lazio]] e trascorrere la loro esistenza nella nuova terra<ref> A questo proposito è da ricordare il ''[[Supplementum Aeneidos]]'', altrimenti detto ''Liber XIII Aeneidos'', opera inpoemetto latino dell'umanista [[Maffeo Vegio]] da [[Lodi]]. Si tratta di un poemetto in seicentotrenta esametri, latini che si propone di concludere il poema rimasto incompiuto alla morte di [[Virgilio]]. Fu completato nel 1428 e pubblicato a [[Venezia]], per le cure di [[Adamo di Ambergau]], nel 1471.</ref><ref>Nelle ''Metamorfosi'' di Ovidio, Enea non solo uccide Turno ma arriva a distruggere Ardea, la capitale del regno dei Rutuli. Secondo altri autori, Enea, dopo la morte di [[Turno]], combatté contro gli [[Etruschi]] stessi per cacciarli via dalla sua terra, dopo che essi gli ebbero chiesto con la prepotenza di stare con lui definitivamente. Lavinia darà ad Enea un altro figlio, Enea Silvio, scatenando l'invidia di Ascanio, che fonderà [[Alba Longa]]. Un giorno, improvvisamente, Enea scomparve, portato dalla madre sull'[[Olimpo (Grecia)|Olimpo]], per poi venire onorato dai suoi discendenti, i [[Civiltà romana|Romani]], che come un [[Dio]] lo chiameranno per sempre con il nome di "Giove Indigete"; la città di [[Roma]], fondata nel 753 a.C., sorgerà sul Palatino per opera di [[Romolo]], figlio di [[Rea Silvia]], discendente di Enea.</ref>
 
''Sinossi con numero dei versi''