Cine Club: differenze tra le versioni
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=== Italia '20/'30: Cine Club, CineGUF e Cinema sperimentale ===
[[File:Pasinetti-fra 1938.jpg|thumb|upright=0.5|left|[[Francesco Pasinetti]] nel 1938]]
Se negli anni '60, la critica cinematografica italiana tendeva a negare il consolidamento dei Cine Club e della cultura cinematografica sperimentale in Italia, negli ultimi anni, la ricerca storico-critica rivaluta sempre più le attività di questi centri e delle elaborazioni teoriche che li si facevano. Oltre al già citato Cine Club milanese Il Convegno, nel 1928 sempre Enzo Ferrieri organizza il ''Cine Convegno milanese'', in cui vengono proiettati artisti come René Clair, [[Alberto Cavalcanti]], [[Fernand Léger]] ed [[Sergej Michajlovič Ėjzenštejn]]<ref name=Brusi/>. Nel 1934 poi, per volontà di Luigi Freddi, direttore del settore cinema presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, furono istituzionalizzati i CineGUF, legati ai [[Gruppi universitari fascisti]], che seppur rivolti verso una retorica nazionalista che tendeva a sopire le forme più libere del cinema, rivolgendosi perlopiù verso il [[cinema di propaganda fascista]], contribuirono allo sviluppo teorico di un [[cinema sperimentale italiano]]<ref name=Brusi/>. Nel '35 [[Francesco Pasinetti]], legato ai CineGUF, scriveva nella rivista [[Quadrivio (rivista)|Quadrivio]]: ''"Per cinematografo sperimentale intendiamo le espressioni di film a passo ridotto e per cineamatori quelli che eseguiscono detti film"'', demarcando la differenza dai cine-dilettanti con ''"l'avvicinamento a quello che può essere un cinema artistico, che non si preoccupa dei valori commerciali"''<ref name=Brusi/><ref>Francesco Pasinetti, ''Quadriviun'' nº 10, 1935.</ref>, mentre [[Domenico Paolella]] nel suo saggio ''Il film sperimentale'' ne sancisce la separazione sia dal cinema commerciale che dal cinema d'avanguardia, definendo il cinema sperimentale come ''"fenomeno schiettamente italiano"''
[[File:Antonio Leonviola.png|thumb|upright=0.5|[[Antonio Leonviola]] in una foto degli anni '70]]
Il critico [[Sergio Frosali]], nel saggio autobiografico ''Professione Voyeur'', all'età di vent'anni e all'epoca poco politicizzato, frequentatore del Cineguf di Firenze, racconta un convegno di critica cinematografica a Udine nell'inverno del 1943 con l'obiettivo di discutere il motivo per cui il cinema nazionale non ritraesse adeguatamente la vita italiana. Riferisce che, Nonostante l'appartenenza a un'organizzazione fascista, i "guffini" godevano di una certa tolleranza per le loro eccentricità e si permettevano di fischiare i vacui cinegiornali che mostravano segretari federali tagliare nastri. Frosali stesso, pur non essendo politicamente acculturato, propose [[Ernest Hemingway|Ernst Hemingway]] come modello di approccio narrativo e sociologico per un cinema che rispecchiasse la "vera realtà nazionale", un atto coraggioso per l'epoca. I partecipanti ebbero anche l'opportunità di vedere capolavori conservati nella cineteca del Centro Sperimentale di Cinematografia, inclusi film sovietici di [[Sergej Michajlovič Ėjzenštejn|Eisenstein]], Pudovkin e [[Aleksandr Petrovič Dovženko|Dovženko]], opere dell'espressionismo tedesco e recenti film americani. Frosali rifletteva che in quei giorni, per la sua generazione, "''il neorealismo era nell’aria''"<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Frosali, Sergio.|titolo=Professione Voyeur: stralci di storia del cinema italiano nelle memorie di un critico.|rivista=In: La battana: rivista trimestrale di cultura, 148 (2003), ; p. 103-173.|numero=A. 40, n. 148 (aprile-giugno 2003)}}</ref>.
===Dopoguerra e diffusione mondiale del movimento===
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