Dado (gioco): differenze tra le versioni

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== Storia ==
[[File:Joostens - De Alea, 1642 - 4630507.tif|thumb|[[Paschier Joostens]], ''De Alea'', 1642]]
[[File:Museo Archeologico Nazionale di Civitavecchia - Dado romano.jpg|thumb|Dado romano]]
 
{{Citazione|Il dado è tratto.|[[Gaio Giulio Cesare]], in ''De vita Caesarum'' di [[Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]]|Alea iacta est.|lingua=la}}
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I dadi sono stati comunemente realizzati in vari materiali, [[avorio]], [[osso]], [[legno]], [[metallo]] e roccia, anche se al giorno d'oggi l'uso di materie [[plastica|plastiche]] come l'[[acetato di cellulosa]] è praticamente universale.
 
[[File:Museo Archeologico Nazionale di Civitavecchia - Dado romano.jpg|thumb|Dado romano]]
 
I Romani furono scommettitori appassionati, specialmente ai tempi dell'[[Impero Romano]], e il gioco dei dadi (''tesserae'') era popolare, seppur proibito da una ''Lex alearia''<ref>{{Cita libro|autore=Giovanni Rotondi|titolo=Leges publicae populi Romani. Elenco cronologico con una introduzione sull'attività legislativa dei comizi romani|url=https://play.google.com/books/reader?id=E987AAAAMAAJ&pg=GBS.PA260&hl=it|opera=Enciclopedia Giuridica Italiana|città=Milano|editore=Società editrice libraria|anno=1912|p=261}}</ref> del 204 a.C. circa, eccetto che durante i [[Saturnali]]. [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]] derise la gioventù dell'epoca che sprecava tempo tra i pericoli del gioco invece di domare il suo cavallo e darsi alle durezze dell'inseguimento. Le scommesse sui dadi per denaro fu l'oggetto di molte leggi [[Roma]]ne. Una di queste diceva che nessuna causa poteva essere intentata da una persona che permetteva il gioco d'azzardo nella sua casa anche se era stata imbrogliata o assalita. I giocatori professionisti erano comuni e alcuni dei loro dadi truccati sono conservati nei musei. Le case pubbliche erano il ritrovo dei giocatori e un [[affresco]] ancora esistente ritrae due giocatori di dadi che litigano dopo essere stati espulsi dal proprietario indignato. È celeberrima la frase "il dado è tratto" (''[[alea iacta est]]'') pronunciata da [[Gaio Giulio Cesare]] al momento di oltrepassare con l'esercito il fiume [[Rubicone]] per marciare alla volta di Roma. Sappiamo che l'imperatore Claudio scrisse un testo sui dadi che però non ci è pervenuto. [[Publio Cornelio Tacito|Tacito]] affermò che i germani erano appassionati del gioco dei dadi, così tanto, che una volta perso tutto avrebbero messo all'asta la loro libertà personale. In epoca tardo-imperiale lo scrittore [[Agazia Scolastico]] vi dedicò un epigramma: