Giovanni Gentile: differenze tra le versioni

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Fu, insieme a [[Benedetto Croce]], uno dei maggiori esponenti del [[neoidealismoneohegelismo]] filosofico e dell'[[idealismo italiano]], nonché tra i più importanti protagonisti della [[cultura italiana]] nel [[XX secolo]], cofondatore dell'[[Istituto dell'Enciclopedia Italiana]] e, da [[ministro]], artefice, nel 1923, della riforma della pubblica istruzione nota come [[Riforma Gentile]].<ref>Vi è chi attribuisce al neoidealismo di Gentile e Croce il motivo che avrebbe posto l'istruzione scientifica in un ruolo subordinato rispetto a quella filosofico letteraria ({{Cita news|url=http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-04-16/cosi-italia-azzoppo-scienza-164249.shtml?uuid=AaJFoZPD|titolo=1911-2011: l'Italia della scienza negata|pubblicazione=Il Sole 24 ORE|accesso=9 giugno 2017}}), altri invece respingono questa interpretazione, ricordando che durante l'egemonia gentiliana nacquero numerosi enti scientifici ({{Cita news|url=http://www.corriere.it/cultura/12_agosto_21/tarquini-croce-gentile-amici-scienza_a2dca5ee-eb72-11e1-86c1-4eb4011ad571.shtml|titolo=Croce e Gentile amici della scienza|pubblicazione=Corriere della Sera|accesso=10 giugno 2017}}).</ref> La sua filosofia è detta [[attualismo (filosofia)|attualismo]].
 
Di formazione [[liberale]],<ref>[[Ruggero Puletti]], [https://books.google.it/books?newbks=1&newbks_redir=0&hl=it&id=-FpdAAAAMAAJ&dq=Giovanni+%22Gentile%22+%22formazione+liberale%22&focus=searchwithinvolume&q=%22Giovanni+Gentile%22+%22formazione+liberale%22 ''La storia occulta: il pendolo di Foucault di Umberto Eco'', pag. 466], P. Lacaita, 2000.</ref> fu inoltre figura di spicco del [[Storia del fascismo italiano|fascismo italiano]], del quale contribuì a orientare l'ideologia.<ref>{{Treccani|gentile-rinascimento-risorgimento-fascismo_(Croce-e-Gentile)/|Gentile: Rinascimento, Risorgimento, fascismo}}</ref> In seguito alla sua adesione alla [[Repubblica Sociale Italiana]], fu [[Uccisione di Giovanni Gentile|ucciso]] durante la [[seconda guerra mondiale]] da alcuni [[resistenza italiana|partigiani]] dei [[Gruppi di Azione Patriottica|GAP]].
 
== Biografia ==
{{citazione|Era un omone che ispirava grande simpatia; con la pancia incontenibile, i bei capelli brizzolati sopra un faccione rosso acceso, di carnale cordialità. Tutto fuorché un filosofo: così mi apparve, benché fossi pieno di entusiasmo per i suoi ''Discorsi di religione'', freschi di lettura. Bonario, familiare (paternalista), mi fece l'impressione di un vigoroso massaro siciliano, che fonda la sua autorità sull'indiscusso ruolo di patriarca. [...]|[[Geno Pampaloni]], ''Fedele alle amicizie'', 1984<ref>Cit. di Geno Pampaloni tratta da Nicola Abbagnano, ''Ricordi di un filosofo'', a cura di Marcello Staglieno, § III, p. 26, Milano, Rizzoli, 1990.</ref>}}
=== Gli studi e la carriera accademica ===
Ottavo di dieci figli, Gentile nasce nel [[1875]] a [[Castelvetrano]], nel [[provincia di Trapani|Trapanese]], da Giovanni Gentile ''senior'', farmacista, e Teresa Curti, figlia di un notaio. Frequenta il [[liceo Ximenes|ginnasio/liceo "Ximenes"]] a [[Trapani]]. Vince quindi il concorso per quattro posti di interno della [[Scuola normale superiore di Pisa]], dove si iscrive alla [[Facoltà universitaria|Facoltà]] di [[Lettere e Filosofia]]: qui ha come maestri, tra gli altri, [[Alessandro D'Ancona]], professore di letteratura, legato al metodo storico e, al positivismo e di idee liberali, [[Amedeo Crivellucci]], professore di storia, e [[Donato Jaja]], professore di filosofia, hegeliano seguace di [[Bertrando Spaventa|Spaventa]].
 
Dopo la [[laurea]] nel 1897, con massimo dei voti e ottenimento del diritto di pubblicazione della tesi, e un corso di perfezionamento a [[Firenze]], Gentile ottiene una cattedra in filosofia presso il [[convitto nazionale Mario Pagano]] di [[Campobasso]]. Nel 1900 si sposta al liceo Vittorio Emanuele di [[Napoli]]. Nel 1901 sposa Erminia Nudi, conosciuta a [[Campobasso]]: dal loro matrimonio nasceranno Teresa (1902), [[Federico Gentile|Federico]] (1904), i gemelli Gaetano e [[Giovanni Gentile (fisico)|Giovanni junior]] (1906), Benedetto (1908) e Fortunato (1910).
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All'inizio della [[prima guerra mondiale]], tra i dubbi del [[neutralismo]], Gentile si schiera a favore dell'[[Interventismo|intervento in guerra]] come conclusione del [[Risorgimento]] italiano. In quel tempo rivelò a sé stesso la passione politica che gli stava dentro e assunse una dimensione che non era più soltanto quella del professore che parla dalla cattedra, ma quella dell'"intellettuale" militante, che si rivela al grande pubblico attraverso i giornali quotidiani.
 
Nell'immediato dopoguerra partecipa attivamente al dibattito politico e culturale. Nel [[1919]] è, insieme a [[Luigi Einaudi]] e [[Gioacchino Volpe]], tra i firmatari del manifesto del [[Gruppo Nazionale Liberale]] romano, che, insieme ad altri gruppi nazionalisti e di ex combattenti forma l'[[Alleanza Nazionale per le elezioni politiche]], il cui programma politico prevede la rivendicazione di uno «Stato forte», anche se provvisto di larghe autonomie regionali e comunali, capace di combattere la metastasi burocratica, i [[Protezionismo|protezionismi]], le aperture democratiche alla [[Francesco Saverio Nitti|Nitti]], rivelatosi «inetto a tutelare i supremi interessi della Nazione, incapace di cogliere e tanto meno interpretare i sentimenti più schietti e nobili».<ref>Manifesto citCit. dal manifesto in [[Eugenio Di Rienzo]], ''Storia d'Italia e identità nazionale. Dalla Grande Guerra alla Repubblica'', Firenze, Le Lettere, 2006, ppp. 71-72.</ref>
 
Nel [[1920]] fonda il ''[[Giornale critico della filosofia italiana]]''. Sempre nel 1920 diviene consigliere comunale al Municipio di Roma, mentre l'anno successivo viene nominato anche assessore supplente alla X Ripartizione, A.B.A., ovvero alle Antichità e alle belle Arti, sempre del Municipio di [[Roma]]<ref>Cfr. Vito de Luca, ''Un consigliere comunale di nome Giovanni Gentile. Attività amministrativa a Roma e linguaggio politico (1920-1922)'', "Nuova Storia contemporanea", a. XVIII, n. 6, 2014, pagg. 95-120. Dello stesso autore, cfr. "Giovanni Gentile. Al di là di destra e sinistra. Il linguaggio politico del filosofo, dell'assessore e del ministro (1920-19249)", Chieti, Solfanelli, 2017, pp. 464.</ref>. Nel 1922 diviene socio dell'[[Accademia dei Lincei]]. Fino al [[1922]] Gentile non mostra particolare interesse nei confronti del [[fascismo]]. Fu solo allora che prese posizione in merito, dichiarando di vedere in Mussolini un difensore del [[liberalismo]] [[Risorgimento|risorgimentale]] nel quale si riconosceva:
{{citazione|Mi son dovuto persuadere che il [[liberalismo]], com'io l'intendo e come lo intendevano gli uomini della gloriosa [[Destra storica|Destra]] che guidò l'[[Italia]] del [[Risorgimento]], il liberalismo della libertà nella legge e perciò nello Stato forte e nello Stato concepito come una realtà etica, non è oggi rappresentato in Italia dai liberali, che sono più o meno apertamente contro di Lei, ma per l'appunto, da Lei.<ref>{{cita web|url=http://www.lovatti.eu/st/gentile.htm|titolo=Lettera a Mussolini in occasione dell'adesione al partito fascista|data=31 maggio 1923}}</ref>|Da una lettera del 31 maggio [[1923]] rivolta a [[Benito Mussolini]], cit. in G. Gentile, ''La riforma della scuola in Italia'', Firenze, Le Lettere, 1989, pp. 94-95}}
Il 31 ottobre, all'insediamento del regime viene nominato da [[Mussolini]] [[Ministri della pubblica istruzione del Regno d'Italia|ministro della pubblica istruzione]] ([[1922]]-[[1924]], per dimissioni volontarie), attuando nel [[1923]] la [[riforma Gentile]], fortemente innovativa rispetto alla precedente riforma basata sulla [[legge Casati]] di più di sessant'anni prima ([[1859]]). Durante il suo ministero si rende responsabile di vari casi di persecuzione politica di insegnanti o funzionari antifascisti, sotto forma sia di licenziamenti o prepensionamenti di tipo discriminatorio<ref>{{Cita|Boatti 2010|p. 21}}.</ref>, sia di ispezioni ministeriali e provvedimenti disciplinari contro persone politicamente non allineate col governo<ref>{{Cita|Franzinelli 2021|p. 59}}.</ref>. Rancori personali, oltre che motivi politici, sono alla base dell'accanita persecuzione cui Gentile sottopone l'archeologo [[Vittorio Spinazzola (archeologo)|Vittorio Spinazzola]], la cui carriera ne esce distrutta<ref>{{Cita|Franzinelli 2021|pp. 59-67}}.</ref>.