Dio: differenze tra le versioni
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Un '''dio''' (o '''divinità''') è un essere supremo oggetto di [[venerazione]] da parte degli uomini<ref>{{Treccani|dio}}</ref><ref>{{Treccani|dio2|v=x}}</ref>, che credono sia dotato di poteri straordinari; nelle diverse culture [[religione|religiose]] viene variamente [[Teonimo|denominato]] e significato.<ref>Cfr. ad es. [[Mario Bendiscioli]]. ''Dio'' in ''Enciclopedia di filosofia''. Milano, Garzanti, 2007, pag.266</ref> Lo studio delle sue differenti rappresentazioni e del loro procedere storico è oggetto della [[scienza delle religioni]] e della [[fenomenologia della religione]] mentre l'esistenza, la natura e l'esperienza del divino sono oggetto di riflessione delle [[teologia|teologie]] e di alcuni ambiti [[filosofia|filosofici]] come la [[metafisica]], ma si riscontra anche in altri ambiti culturali, come la [[letteratura]] o l'[[arte]], non necessariamente collegati con la pratica religiosa.
A seconda del fatto che il credo sia [[Monoteismo|monoteista]] o [[Politeismo|politeista]], il dio oggetto di venerazione può essere uno oppure gli dèi venerati possono essere plurimi.
== I nomi della divinità: i loro significati e le loro origini ==
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I nomi utilizzati per indicare questa entità sono numerosi quanto numerose sono le lingue e le culture.
* Nelle lingue di origine latina come l'italiano (''Dio''), il francese (''Dieu'') e lo spagnolo (''Dios''), il termine deriva dal [[lingua latina|latino]] ''Deus'' (a sua volta collegato ai termini, sempre latini, di ''Divus'', "splendente", e ''Dies'', "giorno") proveniente dal termine [[Lingue indoeuropee|indoeuropeo]] ricostruito ''*Deiwos''. Il termine "Dio" è connesso quindi con la radice indoeuropea: *div/*dev/*diu/*dei, che ha il valore di "luminoso, splendente, brillante, accecante", collegata ad analogo significato con il [[sanscrito]] ''Dyáuh''. Allo stesso modo si confronti il [[lingua greca|greco]] Δῖος e il [[genitivo]] di Ζεύς [Zèus] è Διός [Diòs], il [[lingua sanscrita|sanscrito]] ''deva'', l'aggettivo latino ''divus'', l'[[lingua ittita|ittita]] ''šiu''.
* Nelle lingue di origine germanica come l'inglese (''god''), il tedesco (''Gott''), il danese (''gud''), il norvegese (''gud''), lo svedese (''gud''), sono relazionati all'antico frisone, all'antico sassone e all'olandese medievale ''got''; all'antico e al medievale alto germanico ''got''; al gotico ''gut''; all'antico norvegese ''guth'' e ''goth'' nel probabile significato di "invocato". [[Maurice O'Connell Walshe]]<ref>Maurice O'Connell Walshe, ''A Concise German Etymological Dictionary''. London, Broadway House, 1952.</ref> lo relaziona al sanscrito ''-hūta'' quindi ''*ghūta'' (invocato). Quindi forse da relazionare al gaelico e all'antico irlandese ''guth'' (voce) e all'antico celtico ''*gutus'' (radice ''*gut'').<ref>[[Eric Partridge]]. ''God'' in ''Origins''. Londra e NY, Routledge, 2007</ref>
* Nella lingua greca, antica e moderna, il termine è ''theós'' (θεός; pl. θεοί ''theòi''). L'origine è incerta.<ref>Dopo una disamina sulle possibili connessioni, [[Pierre Chantraine]] nel suo ''Dictionnaire étymologique de la langue grecque'' tomo II, Parigi, Klincksieck, 1968 pag. 430, così conclude {{q|Finalement l'ensemble reste incertain}}</ref> [[Émile Benveniste]], tuttavia, nel suo ''Le Vocabulaire des institutions indo-européennes''<ref>2 voll., [[1969]], Paris, Minuit. Ed. italiana (a cura di Mariantonia Liborio) ''Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee'', Torino, Einaudi, 1981</ref> collega ''theós'' a ''thes-'' (relazionato sempre al divino)<ref>Quindi ''thésphatos'' (stabilito da una decisione divina), ''thespéios'' ('meraviglioso' inerente al canto delle [[sirene (mitologia)|sirene]], "enunciato di origine divina"), ''théskelos'' (più incerto, "prodigioso o divino")</ref> e questo a ''*dhēs'' che si ritrova nel plurale armeno ''dik<sup>c</sup>'' (gli "dèi", ''-k<sup>c</sup>'' è il segno plurale). Quindi per [[Émile Benveniste]]: «è del tutto possibile - ipotesi già avanzata da tempo - che si debba mettere in questa serie ''Theós'' 'Dio' il cui prototipo più verosimile sarebbe proprio ''*thesos''. L'esistenza dell'armeno ''dik<sup>c</sup>'' 'dèi' permetterebbe allora di formare una coppia lessicale greco armena<ref>Crf. Volume II, pag. 385.</ref>».
* In ambito [[lingua semitica|semitico]] il termine più antico è ''ʾ[[El (divinità)|El]]'' (in [[lingua ebraica|ebraico]] אל), corrispondente all'[[lingua accadica|accadico]] ''Ilu(m)'' (cuneiforme accadico {{simbolo|B010ellst.png}}) e al cananaico ''ʾEl'' o ''ʾIl'' ([[lingua fenicia|fenicio]] {{simbolo|El phoenician.jpg}}), la cui etimologia è oscura anche se sembrerebbe collegata alla nozione di "potenza".<ref>{{q|The oldest Semitic term for God is ʾel (corresponding to Akkadian ilu(m), Canaanite ʾel or ʾil, and Arabic ʾel as an element in personal names). The etymology of the word is obscure. It is commonly thought that the term derived from a root ʾyl or ʾwl, meaning “to be powerful” (cf. yesh le-el yadi, “It is in the power of my hand,” Gen. 31:29; cf. Deut. 28:32; Micah 2:1). But the converse may be true; since power is an essential element in the concept of deity, the term for deity may have been used in the transferred sense of “power.”|[[Marvin Fox]]. ''Encyclopaedia Judaica'', vol.7. NY, Gale, 2007 pag.672}}</ref>
* Nell'ambito della letteratura religiosa ebraica i nomi con cui viene indicato Dio sono: il già citato ''ʾEl''; ''ʾEl ʿElyon'' (''ʿelyon'' nel significato di "alto" "più alto"); ''ʾEl ʿOlam'' ("Dio Eterno"); ''ʾEl Shaddai'' (significato oscuro, forse "Dio Onnipotente"); ''ʾEl Roʾi'' (significato oscuro, forse "Dio che mi vede"); ''ʾEl Berit'' ("Dio dell'Alleanza"); ''ʾEloah'', (plurale: ''ʾElohim '', meglio ''ha-ʾElohim'' il "Vero Dio" anche al plurale quindi; ''ha'' per distinguerlo dalle divinità delle altre religioni o anche ''ʾElohim ḥayyim'', con il significato di "Dio vivente"); ''ʾAdonai'' (reso come "Signore"). Il nome che appare più spesso nella Bibbia ebraica è quello composto dalle lettere ebraiche י (''yod'') ה (''heh'') ו (''vav'') ה (''heh'') o [[tetragramma biblico]] (la scrittura ebraica è da destra a sinistra): traslitterato quindi come ''YHWH'', il nome proprio del Dio di Israele.<ref>Per le diverse ipotesi sul suo significato cfr. [[tetragramma biblico]].</ref> Gli ebrei si rifiutano di pronunciare il nome di Dio presente nella Bibbia, cioè ''י*ה*ו*ה'' ([[tetragramma biblico]]) per tradizioni successive al periodo post-esilico e quindi alla stesura della ''[[Torah]]''. L'Ebraismo insegna che questo nome di Dio, pur esistendo in forma scritta, è troppo sacro per essere pronunciato. Tutte le moderne forme di Ebraismo proibiscono il completamento del nome divino, la cui pronuncia era riservata al sommo sacerdote, nel [[Tempio di Gerusalemme]]. Poiché il Tempio è in rovina, il nome non è attualmente mai pronunciato durante riti ebraici contemporanei. Invece di pronunciare il tetragramma durante le preghiere, gli ebrei dicono ''Adonai'', cioè "Signore". Nelle conversazioni quotidiane dicono ''HaShem'' (in ebraico "il nome", come appare nel libro del Levitico XXIV,11) quando si riferiscono a Dio. Per tale ragione un ebreo osservante scriverà il nome in modo modificato, ad esempio come D-o. Gli ebrei oggi durante la lettura del ''[[Tanakh]]'' (Bibbia ebraica) quando trovano il tetragramma (presente circa 6000 volte) non lo pronunciano.
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* Il carattere [[lingua cinese|cinese]] per "dio" è 神 (''shén''). Esso si compone al lato sinistro di 示 ( ''shì'' "altare" oggi nel significato di "mostrare") a sua volta composto da 丁 (altare primitivo) con ai lati 丶 (gocce di sangue o di libagioni). E a destra 申 (''shēn'', giapp. ''shin'' o ''mōsu'') sta per "dire" "esporre" qui meglio come "illuminare", "portare alla luce". Quindi ciò che dall'altare conduce alla chiarezza, alla luce, dio. Rende il sanscrito ''deva'' e da questo deriva sia il lemma [[lingua giapponese|giapponese]] di carattere identico ma pronunciato come ''shin'' sia quello [[lingua coreana|coreano]] 신 (sin) e il termine [[lingua vietnamita|vietnamita]] ''thân''. Anche il [[lingua tibetana|tibetano]] ''lha''. Quindi 天神 (''tiānshén'', giapp. ''tenjin'', ''tennin'', coreano 천신 ''ch'ŏnsin'' vietnamita ''thiên thần'': dio del cielo) dove al già descritto carattere 神 si aggiunge 天 (''tiān'', giapp. ''ten'') col significato di "cielo", "celeste", dove si mostra ciò che è in "alto" è "grande" (大 persona con larghe braccia e grandi gambe ad indicare ciò che è "largo", "grande").
== Fenomenologia della religione ==
Il termine "dio" si applica ad ambiti storicamente e culturalmente diversi e non è quindi facilmente definibile. Nella [[fenomenologia della religione]] viene individuato un'origine condivisa di tali significati, {{Senza fonte|collocabile nella comune esperienza del sacro e della straordinarietà della sua potenza}}. La complessità della definizione, così come la tensione dell'esperienza religiosa verso qualcosa di "[[Totalmente Altro|totalmente altro]]" rispetto a ciò che è ordinariamente percepito, è efficacemente descritta dallo [[fenomenologia della religione|studioso delle religioni]] olandese [[Gerardus van der Leeuw]]<ref>Su van der Leeuw cfr. anche Roberto Cipriani, ''Manuale di Sociologia della Religione'', Borla, 1997, pagg. 140-142.</ref>:
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== Influenza culturale ==
La figura di Dio è il tema centrale di molte opere della letteratura mondiale.
* [[Dante Alighieri]], poeta fiorentino del [[XIII secolo]] e padre della [[lingua italiana]], nel [[Paradiso - Canto trentatreesimo|XXXIII]] canto del [[Paradiso (Divina Commedia)|Paradiso]] della ''[[Divina Commedia]]'' nel verso 145, si riferisce a Dio con queste parole: «L'Amor che move il sole e l'altre stelle».
* [[Kabīr]], poeta e mistico ''[[Induismo|hindu]]'' del [[XV secolo]], nella sua raccolta denominata ''Sākhī''<ref>II, 31; in ''Mistici indiani medievali'' (a cura di [[Laxman Prasad Mishra]]). Torino, Utet, 1971, pag.236</ref> (Testimonianza) così si esprime: «Canta la gloria di Dio, e la tua bocca si colmerà di dolcezza, mentre la Sua benevolenza ti scalderà l'anima. Il nome che pronunci legherà il tuo spirito al Parmātmā<ref>Da intendere come "Anima Suprema", Dio.</ref>».
* [[Søren Kierkegaard]], filosofo cristiano [[Luteranesimo|luterano]] [[Danimarca|danese]], nella sua opera ''[[Postilla conclusiva non scientifica alle briciole di filosofia]]'' parlando delle qualità di Dio e della sua [[esistenza di Dio|esistenza]], dà questa originale definizione: «Dio non pensa, Egli crea. Dio non esiste, Egli è eterno. L'uomo pensa ed esiste e l'esistenza separa pensiero ed essere, li distanzia l'uno dall'altro nella successione».<ref>''[[Postilla conclusiva non scientifica alle briciole di filosofia]]'', 1846 (tr. it. in S. Kierkegaard, ''Le grandi opere filosofiche e teologiche'', Milano, Bompiani, 2013, p. 1211.)</ref>
== Note ==
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