Dawes Act: differenze tra le versioni
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La nuova politica intendeva concentrare i nativi americani in aree lontane dall'invasione dei coloni, ma provocò notevoli sofferenze e molti morti. Durante la fine del [[XIX secolo]], le tribù dei nativi americani resistettero all'imposizione del sistema di riserva e si impegnarono per decenni con l'esercito degli Stati Uniti in quelle che, in Occidente, furono chiamate le [[guerre indiane]]. Alla fine sconfitte dalle forze militari [[Stati Uniti d'America|statunitensi]] e dalle continue ondate di coloni invadenti, le tribù negoziarono accordi per reinsediarsi nelle riserve.<ref>Carlson, Leonard A. ''Indians, Bureaucrats, and Land'', Westport, Connecticut: 1981. p. 6. Print.</ref> I nativi americani rimasero con un totale di oltre 62,7 milioni di ettari di terreno, che andavano da aridi deserti a terre agricole.<ref>Carlson, Leonard A. ''Indians, Bureaucrats, and Land'', Westport, Connecticut: 1981, p. 1.</ref>
Il [[Riserva indiana (Stati Uniti d'America)|sistema della riserva]], sebbene imposto ai nativi americani, assegnò a ciascuna tribù la pretesa sulle loro nuove terre, la protezione sui loro territori e il diritto di autogovernarsi. Con il [[Senato degli Stati Uniti]] coinvolto solo per la negoziazione e la ratifica dei trattati, i nativi americani adattarono i loro modi di vita e cercarono di continuare le loro tradizioni.<ref>Carlson (1981). ''Indians, Bureaucrats, and Land,'' p. 5.</ref> L'organizzazione tribale tradizionale, una caratteristica distintiva dei [[nativi americani]] come unità sociale, divenne evidente alle comunità non native degli Stati Uniti e creò un misto di emozioni. La tribù era vista come un gruppo altamente coeso, guidato da un capo eletto ereditario, che esercitava potere e influenza tra i membri della tribù grazie all'invecchiamento delle tradizioni.<ref>Carlson (1981). ''Indians, Bureaucrats, and Land'', pp. 79–80</ref> L'amministrazione del sistema di prenotazione rivelò corruzione e abusi a molti livelli e spesso i nativi americani rimasero a corto di rifornimenti, rendite e denaro.
Entro la fine degli anni 1880, molti politici statunitensi sembravano aver raggiunto un consenso sul fatto che l'assimilazione dei [[nativi americani]] nella cultura americana fosse la massima priorità e necessaria per la sopravvivenza stessa delle persone. Questa era la convinzione tra le persone che li ammiravano, così come quelle che pensavano di dover lasciare dietro di sé la proprietà terriera tribale, le riserve, le tradizioni e, in definitiva, le loro identità indiane.<ref>Sandweiss, Martha A., Carol A. O’ Connor, and Clyde A. Milner II. ''The Oxford History of The American West''. New York: Oxford University Press, 1994. p. 174</ref> Il senatore Henry Dawes lanciò una campagna per "liberare la nazione dal tribalismo attraverso le virtù della proprietà privata, assegnando appezzamenti di terra ai capifamiglia indiani".
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Nel 1890, lo stesso Dawes osservò l'incidenza dei nativi americani che perdevano le loro assegnazioni di terra a causa dei coloni: "Non ho mai conosciuto un uomo bianco che dopo aver messo piede sulla terra di un indiano lo abbia mai tolto".<ref>{{Cita libro|curatore=Barrows|titolo=Proceedings of the Eighth Annual Meeting of the Lake Mohonk Conference of Friends of the Indian|url=https://books.google.com/books?id=GyYMAQAAMAAJ&pg=PA1|anno=1890|editore=The Lake Mohonk Conference|p=87}}</ref> La quantità di terra nelle mani degli indigeni andò rapidamente esaurita passando da circa {{Converti|150|e6acre|km2}} a {{Converti|78|e6acre|km2}} entro il 1900. Il resto della terra, una volta assegnata ai nativi nominati, venne dichiarata in eccedenza e venduta a coloni non nativi, nonché a ferrovie e altre grandi società; altre sezioni furono convertite in parchi federali e complessi militari.<ref>Churchill, Ward. ''Struggle for Land: Native North American Resistance to Genocide, Ecocide and Colonization''. San Francisco: City Lights Books, 2002. p. 48. Print.</ref> La preoccupazione passò dall'incoraggiare la proprietà terriera nativa privata al soddisfare la domanda dei coloni bianchi di porzioni più ampie di terra.
Date le condizioni nelle [[Grandi Pianure]], la terra concessa alla maggior parte degli assegnatari non era sufficiente per la redditività economica dell'agricoltura. La divisione della terra tra gli eredi alla morte degli assegnatari portò rapidamente al frazionamento. La maggior parte della terra assegnata, che poteva essere venduta dopo un periodo legale di 25 anni, venne infine venduta ad acquirenti non nativi a prezzi stracciati. Inoltre, la terra considerata "surplus", oltre a quella necessaria per l'assegnazione, venne aperta ai coloni bianchi, sebbene i profitti delle vendite di queste terre fossero spesso investiti in programmi destinati ad aiutare i nativi americani. Nel corso dei 47 anni di vita della legge, i nativi americani persero circa 90 milioni di acri (360 000 km <sup>2</sup>) di terra del trattato, ovvero circa due terzi della base del 1887. Circa 90 000 nativi americani rimasero senza terra.<ref name="Case">{{Cita libro|autore=Case DS, Voluck DA|titolo=Alaska Natives and American Laws|ed=2nd|anno=2002|editore=University of Alaska Press|città=Fairbanks, AK|pp=104-105|ISBN=978-1-889963-08-2}}</ref>
=== Cultura e ruoli di genere ===
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