Fusione perfetta del 1847: differenze tra le versioni

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[[File:TannerMapKingdomSardinia1839.jpg|thumb|Mappa degli Stati di Terraferma sabaudi, e dell'isola di Sardegna nel riquadro in alto a destra]]
[[File:Carte des états de terre ferme 37, Mont Iseran . 1858.jpg|thumb|Carta topografica degli Stati di Terraferma sabaudi.]]
La '''fusione perfetta del 1847''' sifu riferiscel'atto alldel 29 novembre [[1847 (numero)|1847]] del re [[Carlo Alberto di Savoia]] che realizzò l'unione politica e amministrativa fra il [[Regno di Sardegna]] e gli [[Stati sardi di terraferma|Stati di terraferma]] posseduti dai [[Casa Savoia|Savoia]], comprendenti il [[Principato di Piemonte|Piemonte]], il [[Ducato di Savoia]], [[Contea di Nizza|Nizza]], il [[Principato di Oneglia]], gli ex [[feudi imperiali]] dell'[[Appennino Ligure]] (che comprendevano il [[Novese]] e l'[[Ovadese]]) e il [[Ducato di Genova]] (l'ex [[Repubblica di Genova]]) con l'isola di [[Capraia Isola|Capraia]], in modo simile a quanto la [[Regno d'Inghilterra|corona inglese]] aveva fatto quasi cinquant'anni prima con il [[Regno d'Irlanda]] per mezzo dell'[[Atto di Unione (1800)|Atto di Unione]] nel [[1800]].
 
Questo atto trasformò i domini di [[Casa Savoia]], ovvero l'isola di Sardegna e il cosiddetto "[[Stato sabaudo]]", fino ad allora [[stato composito|composito]] e avente in comune il fatto di essere retto dal medesimo monarca in [[unione personale]], in uno stato unitario e centralizzato.
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Il 29 ottobre 1847, [[Carlo Alberto di Savoia]] aveva concesso moderne riforme liberali agli "[[Stati sardi di terraferma]]", nelle quali erano comprese misure quali l'alleggerimento della censura e delle limitazioni al potere di polizia<ref name="sot">Sotgiu, Girolamo. ''Storia della Sardegna sabauda'', Nuoro, Il Maestrale, 2018, p. 373</ref>. Saputa la notizia, a novembre furono indetti dei cortei nei principali centri dell'isola, quali [[Cagliari]]<ref>S. Caput, ''Le quattro giornate sarde del novembre 1847'', Stab. tip. Fontana, Torino, 1847</ref>, [[Sassari]], [[Alghero]], [[Oristano]] e [[Nuoro]]<ref>Giovanni Siotto Pintor, uno dei principali sostenitori della Fusione perfetta, nella sua ''Storia civile'' (p. 455 ss.) descrive le due pacifiche manifestazioni tenute per richiedere le riforme. [[Enrico Costa (scrittore)|Enrico Costa]], in ''Sassari'' (p. 528), parla invece delle manifestazioni di giubilo nel capoluogo turritano, per la notizia delle riforme concesse in Piemonte da Carlo Alberto.</ref>, per richiedere l'estensione di quelle riforme anche alla Sardegna<ref name="sot" />. Le riforme erano infatti percepite, nell'isola, come uno strumento attraverso il quale si sarebbe potuta superare, col timbro del progresso, sviluppo e modernità, una crisi causata dai cattivi raccolti succedutisi negli ultimi anni<ref>Sotgiu, Girolamo. ''Storia della Sardegna sabauda'', Nuoro, Il Maestrale, 2018, p. 376</ref>.
 
Purtuttavia, tali moti ebbero quale sbocco un obiettivo verso cui, per [[Girolamo Sotgiu]], l'orientamento popolare era alquanto contrario<ref>{{Cita libro|autore=Girolamo Sotgiu|titolo=Storia della Sardegna sabauda|anno=1984|editore=Editore Laterza|città=Roma - Bari|pp=307-308|citazione=Che gli orientamenti più largamente diffusi fossero diversi è dimostrato da molti fatti. L'ostilità contro i piemontesi era forte come non mai, e le riforme erano viste anche come strumento per alleggerire il peso di un regime di sopraffazione politica che era tanto più odioso in quanto esercitato dai cittadini di un'altra nazione; per ottenere cioè non una fusione ma quanto più possibile di separazione. Il Baudi di Vesme testimonia che "correvano libelli sediziosi, forieri della tempesta, e quasi ad alta voce si minacciava un rinnovamento [[sa die de sa Sardigna|del novantaquattro]]".}}</ref><ref>[[Carlo Baudi di Vesme]] rileva che "un sarto, per nome ''Manneddu'', sollevò il grido di ''Morte ai Piemontesi'' in teatro, nel colmo delle manifestazioni di esultanza per la concessione delle riforme." Di Vesme, Carlo Baudi (1848). ''Considerazioni politiche ed economiche sulla Sardegna'', Stamperia reale, Torino, p.181 (citato anche in Sotgiu, Girolamo. ''Storia della Sardegna sabauda'', Nuoro, Il Maestrale, 2018, p. 384)</ref>: la "perfetta" fusione ''tout court'' con gli stati continentali o "di terraferma" e la conseguente rinuncia alla soggettività nazionale di quel ''Regnum Sardiniae''<ref name="Sotgiu383">Sotgiu, Girolamo. ''Storia della Sardegna sabauda'', Nuoro, Il Maestrale, 2018, p. 383</ref> che casa Savoia, finora, aveva (per quantoalmeno formalmente) rispettato<ref><<Promossi per non tagliare l'isola fuori dal movimento riformatore che si era sviluppato in Piemonte e in altri Stati italiani, si conclusero, come si è detto, con la richiesta, che solo pochi decenni prima sarebbe stata inconcepibile, della ''perfetta fusione con gli Stati di terraferma'', con la rinuncia, cioè, a quella ''indipendenza'' nazionale che aragonesi e spagnoli avevano secolarmente rispettato, che il regno sabaudo non aveva osato mettere in discussione, anche se, come si è visto, aveva operato con successo per svuotare di contenuto reale.>> Sotgiu, Girolamo. ''Storia della Sardegna sabauda'', Nuoro, Il Maestrale, 2018, pp. 380-381</ref>.
 
Nei mesi seguenti ci furono due distinte ambascerie presso la corte di Torino che presentarono la richiesta di estensione delle riforme<ref>Sotgiu racconta che <<sulla Torre dell'elefante, a Cagliari, il giorno della partenza per Torino della delegazione al re, apparve un manifesto con la scritta: "Viva la lega italiana/e le nuove riforme/Morte ai Gesuiti e ai piemontesi/Concittadini: ecco il momento desiato/della sarda rigenerazione".>> Sotgiu, Girolamo. ''Storia della Sardegna sabauda'', Nuoro, Il Maestrale, 2018, p. 384</ref>. Il 3029 novembre 1847, Carlo Alberto approvò d'altro canto la fusione perfetta,<ref name="carlo">[http://www.ufficiostudiangioy.it/news/storia_autonomia.pdf Carlo Alberto, ''Promessa di fusione e Regio Biglietto''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20201020081840/http://www.ufficiostudiangioy.it/news/storia_autonomia.pdf |date=20 ottobre 2020 }}, cit. in Francesco Casula, Gianfranco Contu. ''Storia dell'autonomia in Sardegna, dall'Ottocento allo Statuto Sardo'', Dolianova, Stampa Grafica del Parteolla, 2008, p. 31</ref> annunciata dall'ultimo [[Viceré di Sardegna|viceré]] [[Claudio Gabriele de Launay]] con il seguente pregone: «...il Re Nostro Signore si degnò manifestarci, che il paterno suo cuore fu profondamente commosso pei figliali sentimenti di riconoscenza esternati da questi amati sudditi nel sentirsi chiamati a formare una sola famiglia cogli altri sudditi del Continente»<ref>Sotgiu, Girolamo. ''Storia della Sardegna sabauda'', Nuoro, Il Maestrale, 2018, pp. 385-386</ref><ref>''Pregone viceregio annunciante la promessa della fusione da parte di Carlo Alberto'', citato in Sorgia, Giancarlo. ''La Sardegna nel 1848: la polemica sulla fusione'', p. 31</ref>. La carica vicereale, assieme a tutte le altre istituzioni del Regno isolano, fu infine soppressa il primo ottobre del 1848<ref>Sorgia, Giancarlo (1968). ''La Sardegna nel 1848: la polemica sulla fusione'', Cagliari, Editrice sarda Fossataro, p.17</ref><ref>[http://www.ufficiostudiangioy.it/news/storia_autonomia.pdf Carlo Alberto, ''Pregone viceregio con cui si pubblica il Regio Biglietto del 20 dicembre 1847''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20201020081840/http://www.ufficiostudiangioy.it/news/storia_autonomia.pdf |date=20 ottobre 2020 }}, cit. in Francesco Casula, Gianfranco Contu. ''Storia dell'autonomia in Sardegna, dall'Ottocento allo Statuto Sardo'', Dolianova, Stampa Grafica del Parteolla, 2008, p. 32</ref>.
 
Carlo Alberto ricompensò i sardi per la loro fedeltà al re e promise che, in contropartita della rinuncia alla loro autonomia, avrebbero potuto esportare, senza pagare dogana, olio e vino in Piemonte da quel momento in poi<ref name="carlo" /><ref name="Sotgiu386">Sotgiu, Girolamo. ''Storia della Sardegna sabauda'', Nuoro, Il Maestrale, 2018, p. 386</ref>.
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In Sardegna, l'estensione delle riforme liberali era caldeggiata dal segmento studentesco e, in particolare, dalla borghesia di [[Cagliari]] e [[Sassari]]; attraverso l'inserimento nella ''Lega doganale italiana'', cui avevano aderito il [[Granducato di Toscana]], gli Stati sardi e lo [[Stato pontificio]] nel novembre del 1847<ref>Sorgia, Giancarlo (1968). ''La Sardegna nel 1848: la polemica sulla fusione'', Cagliari, Editrice sarda Fossataro, p.3</ref>, gli imprenditori sardi avrebbero goduto di agevolazioni nella esportazione delle merci agricole e nella importazione dei manufatti dal continente<ref>Gianfranco Contu e Francesco Casula, ''Storia dell'autonomia della Sardegna, dall'Ottocento allo Statuto Sardo'', p. 13</ref>.
 
La più radicale "fusioneFusione perfetta" era, invece, appoggiata dall'aristocrazia ex-feudale, dalla classe impiegatizia e da quella borghesia terriera emersa dalle [[Editto delle chiudende|chiudende]]<ref name="n01">[https://www.limbasardasudsardigna.it/sar/images/Documenti/Didatica_e_Ainas/La_questione_sarda_Leopoldo_Ortu.pdf] Leopoldo Ortu, ''La Questione Sarda tra Ottocento e Novecento. Aspetti e problemi'', CUEC, 2005, pp. 23-24</ref>: dalla conservazione dell'autonomia sarda tali notabili, ormai convertitisi in redditieri senza più alcun peso politico<ref>Sotgiu, Girolamo. ''Storia della Sardegna sabauda'', Nuoro, Il Maestrale, 2018, p. 381</ref>, non traevano alcun vantaggio; attraverso la sua abolizione, invece, la nobiltà si sarebbe potuta inserire nella società piemontese e in più vantaggiose carriere politico-burocratiche che, con la fusione, sarebbero confluite in quelle continentali. Ne ''Sull’unione civile della Sardegna colla Liguria, col Piemonte e colla Savoia'' di [[Pietro Martini]], a proposito, si legge: «Quale finora è stato il colmo degli onori per gli impiegati nazionali? Gli uffizi di presidenti nell'antica [[Reale Udienza di Sardegna|Reale Udienza]] e di reggente di toga nel Supremo Consiglio or ora abolito, per li giuridici; quelli di vice intendente generale di Sassari e di direttore generale del Debito Pubblico per li amministrativi, e nulla più. Colla fusione, però, con rimescolamento dei Sardi cogli impiegati fratelli, i primi colle benemerenze loro potranno giungere alle alte cariche dello Stato»<ref>Martini, Pietro. ''Sull’unione civile della Sardegna colla Liguria, col Piemonte e colla Savoia'', Cagliari, Timon, 1847, pp.20-21</ref><ref><<In tutto ciò non poca responsabilità ebbero la borghesia e la nobiltà che erano state alla testa del movimento fusionista nell'intento di trovare inserimento nella società piemontese e di ottenere ambite e ben rimunerate cariche pubbliche, specie nel continente.>> Sorgia, Giancarlo (1968). ''La Sardegna nel 1848: la polemica sulla fusione'', Cagliari, Editrice sarda Fossataro, p.15</ref><ref><<Si trattò di una richiesta presentata con enfasi al re Carlo Alberto da una parte dell'''establishment'' sardo, quella che aveva interessi commerciali da promuovere o che intendeva garantirsi carriere politiche e burocratiche più robuste.>> Onnis, Omar (2015). ''La Sardegna e i sardi nel tempo'', Arkadia, Cagliari, p.172</ref><ref name="lannou"><<"Follia collettiva", esclama il Siotto Pintor a proposito di questa rinuncia. Collettiva è dire molto. Soltanto la borghesia dominante delle città partecipò a quest'entusiasmo in cui non si può non vedere qualche impulso verso un Risorgimento nazionale.>> Manlio Brigaglia (a cura di), 1982. Maurice Le Lannou, '' Un'idea della Sardegna '', in ''La Sardegna. La geografia, la storia, l'arte e la letteratura'', vol.1, Edizioni della Torre, Cagliari</ref><ref>Sotgiu, Girolamo. ''Storia della Sardegna sabauda'', Nuoro, Il Maestrale, 2018, pp. 380-381</ref>. A detta del medesimo Martini, l'obiettivo del movimento unionista era il «trapiantamento in Sardegna, senza riserve ed ostacoli, della civiltà e cultura continentale, la formazione d’una sola famiglia civile sotto un solo Padre meglio che Re, il Grande Carlo Alberto»<ref>Martini, Pietro. ''Sull’unione civile della Sardegna colla Liguria, col Piemonte e colla Savoia'', Cagliari, Timon, 1847, p. 4</ref>.
 
Tali segmenti sociali avrebbero così egemonizzato un movimento che, sorto per la rivendicazione di più libertà, si sarebbe risolto, per lo storico del [[Risorgimento]] Leopoldo Ortu, in un posizionamento subalterno, tanto della Sardegna quanto loro, rispetto alla élite e classe dirigente subalpina<ref>[https://www.limbasardasudsardigna.it/sar/images/Documenti/Didatica_e_Ainas/La_questione_sarda_Leopoldo_Ortu.pdf] Leopoldo Ortu, ''La Questione Sarda tra Ottocento e Novecento. Aspetti e problemi'', CUEC, 2005, p. 24</ref>.
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Nel generale entusiasmo delle riforme, a prevalere fu infine quest'ultima posizione che, fra l'altro, godeva del favore regio<ref name="Sotgiu383" />; non mancarono in merito voci contrarie, benché in minoranza, a una rinuncia incondizionata all'autonomia<ref>{{Cita libro|autore=Giancarlo Sorgia|titolo=La Sardegna nel 1848: la polemica sulla fusione|anno=1968|editore=Editrice sarda Fossataro|città=Cagliari|p=25|citazione=A nulla erano valsi gli interventi di quanti, non molti purtroppo, avevano visto un vero danno nella rinuncia incondizionata all'autonomia, sostenendo invece la necessità di chiari rapporti con il governo di Torino per il riordinamento delle strutture politico-amministrative isolane, in modo da consentire interventi autonomi e responsabili per la soluzione dei singoli problemi della Sardegna.}}</ref>, quali quella di Federico Fenu<ref>Si legga il suo libro polemico del 1848 ''La Sardegna e la fusione con il sardo continentale'', in cui, rivendicando la soggettività indipendente dell'isola su basi giuridiche, politiche e finanche etniche, criticava aspramente la scelta della borghesia sarda di legarsi a quella piemontese, trascurando essa il fatto che sardi e piemontesi non potevano serenamente convivere fra di loro perché li dividevano «...stirpe, costumi, indole, persino più che gli irlandesi dagli inglesi (cit. in Contu, Gianfranco; Casula, Francesco (2008). [http://www.ufficiostudiangioy.it/news/storia_autonomia.pdf ''Storia dell'autonomia della Sardegna. Dall'Ottocento allo Statuto Sardo''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20201020081840/http://www.ufficiostudiangioy.it/news/storia_autonomia.pdf |date=20 ottobre 2020 }}, p. 14)».</ref> e [[Giovanni Battista Tuveri]], e non tardarono neanche a presentarsi i pentiti di tale opera, fra cui lo stesso propositore [[Giovanni Siotto Pintor]], che parlò in merito di "follia collettiva" ed ebbe a dire, a posteriori, "errammo tutti"<ref><<Errammo tutti [...] accomunando con lo stato economico del paese ''[la Sardegna]'' la politica e volendo, adolescenti ancora, misurarci co’ popoli di civiltà compiuta; e non pensammo che se il regno di Carlo Alberto avevaci abilitati a muovere passi lesti e sicuri, non però potevamo in pochi lustri avere appresa l’arte di volare.>> Siotto-Pintor, Giovanni, ''Storia civile'', Torino, 1877, pp.476-477</ref><ref name="lannou" /><ref><<Non ci volle molto perché ciò fosse chiaro anche ad alcuni dei più fervidi propugnatori di tale soluzione. I vari Giovanni Siotto Pintor, Giambattista Tuveri, [[Giorgio Asproni (politico)|Giorgio Asproni]] e, in termini più radicali, Federico Fenu avviarono una riflessione serrata e spesso alquanto lucida sugli effetti deleteri della fusione, dando il via al primo pensiero autonomista e federalista della Sardegna contemporanea.>> Onnis, Omar (2015). ''La Sardegna e i sardi nel tempo'', Arkadia, Cagliari, p.173</ref><ref>{{ca}}[http://www.tdx.cat/bitstream/handle/10803/129737/tmf2.pdf?sequence=3 Un arxipèlag invisible: la relació impossible de Sardenya i Còrsega sota nacionalismes, segles XVIII-XX] - Marcel Farinelli, Universitat Pompeu Fabra. Institut Universitari d'Història Jaume Vicens i Vives, pp.299-300</ref>. Lo stesso Siotto Pintor ebbe inizialmente difficoltà nell'essere riconosciuto come senatore dal portiere a guardia del [[Parlamento del Regno di Sardegna|parlamento subalpino]], mentre [[Pasquale Tola]] lamentò in aula l'assenza dell'emblema della Sardegna, a fronte della presenza di quelli delle altre suddivisioni del regno.
 
Per Leopoldo Ortu, la Fusione Perfettaperfetta avrebbe determinato, con tredici anni di anticipo alla [[questione meridionale]], quel "compromesso tra la borghesia autoctona e quella settentrionale", a vantaggio di quest'ultima, rispetto a cui si situerebbe in termini politici e socio-economici la questione sarda<ref name="n01" />.
 
== La questione sarda ==
{{citazione|I Sardi dovranno capire che il divenir prosperi, felici, ricchi, non dipende che da loro medesimi, che se non vorranno divenirlo è tutta colpa propria.|Federico Fenu, ''La Sardegna e la fusione del suo regime col sardo continentale'', Cagliari, 1848}}
Per secoli i governanti del Regno di Sardegna si erano riferiti ufficialmente al territorio e al popolo dell'isola come alla "nazione sarda" e in ogni atto pubblico precedente al 1847 l'aggettivo "nazionale" fu sempre e solo riferito a persone o cose appartenenti all'isola di Sardegna (cfr. lo stesso inno del regno, [[S'hymnu sardu nationale]]): essa era infatti inquadrata in uno stato che, per quanto inserito in una monarchia composita (aragonese prima e sabauda poi), non aveva mai smesso di mantenere comunque una propria soggettività giuridica, politica e culturale; Federico Francioni riferisce che il quadro cambiò, anche per questo aspetto, dopo la "fusione"Fusione perfetta, attraverso uno spostamento verso l'accezione di nazione "Italia" e nazionale "italiano"<ref>«In verità fino al 1847 nessuno dubita che la Sardegna sia una nazione: da Carlo Alberto al viceré De Launay agli storici sardi, tutti lo ribadiscono a chiare lettere. Il quadro comincia a cambiare, anche per questo aspetto, dopo quell'anno, cioè dopo la perfetta fusione con gli Stati di terraferma.» Federico Francioni, ''Storia dell'idea di "nazione sarda"'', in {{Cita libro|autore=Manlio Brigaglia|titolo=La Sardegna|volume=2. La cultura popolare, l'economia, l'autonomia|città=Cagliari|editore=Edizioni Della Torre|anno=1982|p=173}}</ref><ref>Sotgiu, Girolamo. ''Storia della Sardegna sabauda'', Nuoro, Il Maestrale, 2018, p. 371</ref>. Tuttavia, per [[Manlio Brigaglia]] l'aggettivo "nazionale", nella sua accezione riferita alla Sardegna, sarebbe però scomparso con l'affermazione dello stato unitario<ref>Manlio Brigaglia, Attilio Mastino, Giangiacomo Ortu, 2006. ''Storia della Sardegna dal Settecento a oggi'', v. 2, Editori Laterza, p. 84</ref>.
 
L'equiparazione fiscale, politica e amministrativa determinò, inoltre, una rinnovata marginalizzazione dell'arcipelago sardo rispetto alla Terraferma, i cui territori sarebbero stati in via di progressiva espansione con le [[guerre d'indipendenza italiane]]<ref name="Sotgiu386" /><ref>«L'effetto paradossale di tali misure fu l'accentuazione della marginalità e del ruolo strumentale dell'isola, dentro un ambito politico più vasto. Ambito che ormai, a prima guerra di indipendenza in corso, era in via di ulteriore estensione.» Onnis, Omar (2015). ''La Sardegna e i sardi nel tempo'', Arkadia, Cagliari, p.172</ref>. La perdita di soggettività statuale della Sardegna, da allora in poi inserita nel contesto di un grande stato unitario, non determinò alcun significativo miglioramento delle condizioni della classe dirigente sarda, la quale dovette fare i conti con agitazioni studentesche<ref>Loddo-Canepa, Francesco (1958). ''Note sulla fusione della Sardegna col Piemonte: (1847-1848)'', Gallizzi, Sassari, p.40</ref> e, per [[Maurice Le Lannou]] una ripresa delle [[Banditismo sardo|attività banditesche]] e delinquenziali contro l'autorità centrale<ref>«L'entrata dell'isola in un grande Stato unificato non ha dato grandi vantaggi ai ceti dirigenti sardi. Anzi, ha provocato una recrudescenza delle attività delittuose e del banditismo, che affermano in maniera clamorosa - più ancora della mafia siciliana, che tutto sommato prospera su dei compromessi con il sistema statale - il rifiuto totale di entrare in dialettica con l'esterno.» Manlio Brigaglia (a cura di), 1982. Maurice Le Lannou, '' Un'idea della Sardegna '', in ''La Sardegna. La geografia, la storia, l'arte e la letteratura'', vol.1, Edizioni della Torre, Cagliari</ref>.
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=== Nascita dello Stato unitario sardo ===
Con la "Fusione Perfetta"perfetta il Regno di Sardegna, divenuto con il passaggio della corona ai [[Casa Savoia|Savoia]] nel 1720 uno Stato "composto" (cioè formato dall'unione di più Stati con sovranità distinte ma temperate dalla Costituzione<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/stato_%28Enciclopedia-Italiana%29/|titolo=Stato in "Enciclopedia Italiana". Distinzione delle forme di stato.|editore=Treccani|anno=1936|autore=Felice Battaglia et al.}}</ref>), divenne "[[Stato unitario|unitario]]" e caratterizzato, nell'intenzione dei regnanti, da «un solo popolo, un solo potere pubblico, un unico territorio»<ref>Francesco Cesare Casula, ''Breve Storia di Sardegna'', p. 244; ''op. cit.''</ref>, non più pluralista come quello precedente, ma [[Centralismo|centralista]] sul modello francese, mantenendo la stessa denominazione.
 
=== Sviluppo dell'industria mineraria sarda ===