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Alberto Beneduce nel 1939 a causa di problemi di salute, dovuti a un [[ictus]] che lo aveva colpito al ritorno da una riunione della [[Banca dei regolamenti internazionali|Banca dei Regolamenti Internazionali]] a [[Basilea]] il 13 luglio 1936, lasciò la presidenza dell'ente a [[Francesco Giordani (chimico)|Francesco Giordani]].
=== Il ruolo nel secondo dopoguerra e nel miracolo economico italiano ===
Nel [[secondo dopoguerra italiano]] la sopravvivenza dell'Istituto non era data per certa, essendo nato più come una soluzione provvisoria che con un orizzonte di lungo termine; di fatto però risultava difficile per lo Stato cedere ai privati aziende che richiedevano grandi investimenti e davano ritorni sul lunghissimo periodo, sicché l'IRI mantenne la struttura che aveva sotto il [[fascismo]].
Solo dopo il 1950 la funzione dell'Istituto fu meglio definita: una nuova spinta propulsiva per l'ente venne da [[Oscar Sinigaglia]], che con il suo piano per aumentare la capacità produttiva della [[siderurgia]] italiana strinse un'alleanza con gli industriali privati; si venne così a creare un nuovo ruolo per l'IRI, cioè quello di sviluppare la grande industria di base e le infrastrutture necessarie al paese, non in "supplenza" dei privati ma in una tacita suddivisione dei compiti. Ne furono esempi lo sviluppo dell'industria siderurgica, quello della rete telefonica e la costruzione dell'[[Autostrada del Sole]], iniziata nel [[1956]].
Negli anni sessanta, mentre l'economia italiana cresceva ad alti ritmi, l'IRI era tra i protagonisti del "[[miracolo economico italiano]]". Altri paesi europei, in particolare i governi laburisti inglesi, guardavano alla "formula IRI" come ad un esempio positivo di intervento dello Stato dell'economia, migliore della semplice "nazionalizzazione" perché permetteva una cooperazione tra capitale pubblico e capitale privato.
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Poiché gli obiettivi dello Stato erano sviluppare l'economia del Mezzogiorno e mantenere la piena occupazione, l'IRI doveva concentrare i propri investimenti nel [[Sud Italia|Sud]] ed incrementare l'occupazione nelle proprie imprese. La posizione di Petrilli rifletteva quelle già diffuse in alcune correnti della DC, che cercavano una "[[terza via]]" tra il [[liberismo]] ed il [[comunismo]]; il sistema misto delle imprese a partecipazione statale dell'IRI sembrava realizzare questo ibrido tra due sistemi agli antipodi.
=== Gli investimenti nel meridione d'Italia e gli
L'IRI effettivamente poneva in essere grandissimi investimenti nel Sud Italia, come la costruzione dell'[[Italsider]] di [[Taranto]] e quella dell'[[Alfasud (azienda)|AlfaSud]] di [[Pomigliano d'Arco]] e di [[Pratola Serra]]; altri furono programmati senza mai essere realizzati, come il centro siderurgico di [[Gioia Tauro]]. Per evitare gravi crisi occupazionali, l'IRI venne spesso chiamato in soccorso di [[imprese]] e [[gruppo societario|gruppi societari]] in difficoltà: ne sono esempi i "salvataggi" della [[Motta (alimentari)|Motta]] e dei Cantieri Navali Rinaldo Piaggio e l'acquisizione di imprese del settore agroalimentare del [[Montedison|gruppo Montedison]]; questo portò ad un incremento progressivo di attività e dipendenti dell'ente.
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Gli oneri finanziari portarono in rosso i conti dell'IRI e delle sue controllate: nel 1976 si verificò che tutte le aziende del settore pubblico chiusero in perdita<ref>V. Castronovo, ''Storia dell'Industria italiana'', Mondadori, 2003</ref>. In particolare, la siderurgia e la cantieristica riportarono perdite fino agli anni ottanta, così come erano pessimi i risultati economici dell'[[Alfa Romeo]]. La gestione anti-economica delle aziende IRI portò gli azionisti privati ad uscire progressivamente dal loro capitale. All'inizio degli anni ottanta i governi iniziarono un ripensamento sulla funzione e sulla gestione delle aziende pubbliche.
=== La presidenza di Romano Prodi e la ristrutturazione degli anni
[[File:Romano Prodi in 1996.jpg|thumb|[[Romano Prodi]]]]
Nel 1982 il governo affidò la presidenza dell'IRI a [[Romano Prodi]]. La nomina di un [[economista]] (seppur sempre politicamente di area democristiana, come il predecessore [[Pietro Sette]]) alla guida dell'IRI costituiva in effetti un segno di discontinuità rispetto al passato. La ristrutturazione dell'IRI durante la presidenza Prodi, per far fronte alla situazione debitoria, portò a:
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